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lunedì 31 marzo 2008

Casa Leopardi
Biografia

L'Infinito
di

Giacomo Leopardi


Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte,
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
5 spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quïete
io nel pensier mi figno, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
10 infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensiero mio:
15 e il naufragar m'è dolce in questo mare.

[dai Canti"piccoli idilli"
Il termine idillio indicava nel mondo classico un componimento breve, talvolta dialogato, di argomento agreste e più tardi di argomento amoroso. Gli idilli leopardiani prendono spunto da motivi paesistici o autobiografici, per poi ripiegarsi in meditazioni, ricordi, sensazioni che Leopardi stesso definì "situazioni,affezioni,avventure storiche " dell'animo.

METRO: Versi sciolti.

Questo breve componimento, scritto nel 1819, è uno dei testi leopardiani a cui la critica ha prestato da sempre maggiore attenzione.
Esso prende spunto da una vicenda reale, come sovente avviene in Leopardi. Il poeta, infatti, era solito recarsi su un colle poco distante dal suo palazzo: il monte Tabor (chiamato oggi Colle dell'infinito).
Una siepe impedisce allo sguardo di abbracciare tutto l'orizzonte, ma proprio questa limitazione fornisce a Leopardi l'occasione per creare, oltre quella siepe, uno spazio immaginario, tutto mentale, che provoca un senso di smarrimento e di vertigine ("ove per poco / il cor non si spaura").
Un improvviso soffio di vento suggerisce spontaneamente al poeta il richiamo del presente, e lo induce a paragonare il senso dell'infinito ("l'eterno, e le morte stagioni") al momento vivo e reale (la stagione "presente e viva, e il suon di lei").
Infine, tutto si placa in un abbandono ("il naufragar m'è dolce") nell'atmosfera infinita e profonda ("questo mare") creata dalla mente.
L'immaginario è dunque superiore alla realtà in quanto, più di questa, può nello stesso tempo illudere e consolare.
indietro

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,

1. quest'ermo colle: secondo la tradizione, il colle solitario (ermo) sarebbe il monte Tabor, un'altura nei pressi di casa Leopardi; ma la determinazione concreta del luogo è assolutamente irrilevante. Quanto ad ermo, va rilevato che «è la prima di tutta una serie di parole indefinite che costituiscono uno degli aspetti più caratteristici del linguaggio del canto» (Fubini-Bigi).


E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.

che sottrae allo sguardo (il guardo esclude) così gran parte dell'estremo (ultimo, latinismo) orizzonte.


Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani

fermandosi a guardare (dando così al verbo sedere il significato generico di "stare"); secondo Citati, invece, Leopardi «stava seduto per terra, ... a ridosso della siepe», poiché il limite era voluto: «mentre pensava (infinito aveva bisogno di avere attorno a sé un limite, una siepe, un muro».
interminati: senza fine, senza termine; «le parole che indicano moltitudine, copia, grandezza, lunghezza, larghezza, altezza, vastità, ec. ec. sia in estensione, o in forza, intensità cc. cc. sono pure poeticissime, e così pure le immagini corrispondenti».
quella: la siepe.


Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento

mi fingo: mi costruisco, mi immagino; «l'anima s'immagina quello che non vede, che quell'albero, quella siepe, quella torre ci nasconde, e va errando in uno spazio immaginario, e si figura cose che non potrebbe, se la sua vista si estendesse da per tutto, perchè il reale escluderebbe l'immaginario».
ove: «usato nel delicato duplice senso di collocazione spaziale e di consecuzione temporale (`dove' e `per cui')» (Solmi).
come: quando.


Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce

tra queste... voce: il gioco dei rimandi tra realtà/immaginazione/realtà è sostenuto dal deittico dimostrativo queste/quello/questa; questa voce: quella del vento che stormisce fra le piante.


Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,

Vo comparando: vado paragonando, confronto.
l'eterno: «dopo l'infinito dello spazio, l'infinito del tempo» (Fubini-Bigi).


E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa

le morte stagioni: tutte le età passate, tutta la storia; cfr. La sera del dì dí festa, w. 33-39: «infinità del passato che mi veniva in mente, ripensando ai Romani così caduti dopo tanto tumore e ai tanti avvenimenti ora passati ch'io paragonava dolorosamente con quella profonda quiete e silenzio della notte, a farmi avvedere del quale giovava il risalto di quella voce o canto villanesco».
e la presente... di lei: e il tempo presente che ancora vive, attraverso il rumore del vento.
immensità: «l'immensità dello spazio che egli si era finta nel pensiero e quella del tempo che ora gli è tornata in mente alla voce del vento» (Flora).


Immensità s'annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo mare.

m'è dolce: mi risulta piacevole: «qualifica la sensazione dell'immergersi in questo mare immaginato, dell'abbandonarsi a un indeterminato fluttuare di sensazioni e di idee» (Puppo).


La situazione. Il poeta è seduto dinanzi a una siepe che gli impedisce di vedere il profilo dell'orizzonte e gli oggetti reali che entro quello si collocano; egli coscientemente si finge, immagina al di là della siepe «interminati / spazi», «sovrumani / silenzi» e «profondissima quiete», finché, richiamato al presente da una sensazione uditiva, lo stormire delle fronde, estende il suo fantasticare dalla dimensione spaziale a quella temporale, evocando le «morte stagioni» e «l'eterno», in un contrasto analogo a quello spaziale precedente (limite della siepe / infinità; presente / eterno), e conclude sottolineando la dolcezza di questa immaginazione («naufragar m'è dolce»).

Un'esperienza dell'immaginazione. È fondamentale rilevare come la situazione del "naufragare" nell'infinito e nell'eterno sia, non già, come in altri poeti romantici, una pura e semplice fuga nell'irrazionale e nel sogno, bensì un processo immaginativo e consolatorio sottoposto a un preciso controllo razionale o, per usare ad altro fine una formula nota, un sogno fatto in presenza della ragione: il soggetto che vive l'esperienza costruisce consapevolmente la situazione di contrasto tra limitato e illimitato (ricerca nella siepe il limite spaziale che consenta l'attività immaginativa) e poi paragona il presente al passato é all'eterno.
La poetica dell’indefinito e del vago

Tra il 1820 e il 1821, Leopardi elabora questa poetica i cui elementi di base sono essenzialmente:

' >L’ignoto è più attraente del noto. Questo perché l’ignoto si presenta come lontano e tutti i beni “paiono bellissimi e sommi da lontano”

' L’anima poetica preferisce ciò che è infinito. Infatti l’anima è attirata da ciò che non può “abbracciare”, dal “bello aereo” cioè dalla bellezza vaga, indefinita, impalpabile.

' L’anima cerca il piacere in ogni cosa, ma non può mai essere soddisfatta da ciò in cui temporaneamente prova piacere.

Il Leopardi basandosi su questi concetti determina che all’uomo moderno non è concessa una poesia di immaginazione, ma solo una poesia sentimentale e filosofica, non fondata sulle illusioni, ma sulla caduta delle illusioni e sulla scoperta della verità. La vera poesia d’immaginazione appartiene solo agli antichi che credevano alle illusioni e non conoscevano il pensiero filosofico. Per questo motivo gli autori moderni possono solo imitare ciò che gli antichi hanno a loro volta imitato dalla natura quindi sono “imitatori degli imitatori”.

Nel componimento “L’infinito”, si presentano 3 aspetti fondamentali di questa poetica:

' LE SENSAZIONI VISIVE INFINITE: ultimo orizzonte, interminati spazi, sovrumani silenzi, profondissima quiete

' LE SENSAZIONI UDITIVE INFINITE: odo stormir tra queste piante.

Il poeta mentre immagina tutto ciò che non vede, è interrotto dalla sensazione uditiva dello stormire delle fronde, così estende la sua immaginazione da una dimensione spaziale ad una temporale evocando un contrasto momenti passati – presenti - futuri analogo a quello spaziale limite della siepe - infinità e conclude sottolineando la dolcezza di questa immaginazione (“naufragar m’è dolce in questo mare”)

' LE PAROLE POETICHE DELL’INDEFINITO E DEL VAGO: ultimo, interminati, sovrumani, profondissima, infinito, eterno, morte, immensità, naufragar, dolce.

Ugo Foscolo
Alla sera

(Sonetti)
Forse perché della fatal quiete
tu sei l'immago a me sì cara vieni
o sera! E quando ti corteggian liete
4 le nubi estive e i zefiri sereni,
e quando dal nevoso aere inquiete
tenebre e lunghe all'universo meni
sempre scendi invocata, e le secrete
8 vie del mio cor soavemente tieni.
Vagar mi fai co' miei pensier su l'orme
che vanno al nulla eterno; e intanto fugge
11 questo reo tempo, e van con lui le torme
delle cure onde meco egli si strugge;
e mentre io guardo la tua pace, dorme
14 quello spirto guerrier ch'entro mi rugge.

L'infinito di Leopardi presenta dei punti di contatto con il sonetto Alla Sera di Foscolo.Mettete a confronto i due testi e individuate somiglianze e differenze.

CONCETTA RUSSO

L’infinito di Giacomo Leopardi è stato scritto nel 1819 e fa parte dei Piccoli Idilli. Il tema dominante del componimento è la tensione verso l’infinito, questo tema era molto sentito anche da altri autori romantici del tempo sia italiani che europei. Leopardi dal monte Tabor cercava di vedere fino all’estremo orizzonte, però questo non era possibile perché vi era una siepe che glielo impediva. Questo ostacolo, impedimento alla vista, fa subentrare l’immaginazione del poeta che si ritrovò mentalmente nell’immensità dell’infinito. Nel secondo momento lo stormire del vento tra le piante, sensazione uditiva, lo riporta alla realtà e dopo si immerge di nuovo nel mare dell’infinito e prova come un senso di sgomento.In questo componimento l’ autore fa uso di deittici (questo, quello) per descrivere la vicinanza e la lontananza e attraverso questi coinvolge il lettore in un cammino oscillante tra finito e infinito.
Nel sonetto "Alla sera" Foscolo fa una placata riflessione sulla morte, il cui pensiero gli viene suggerito dalla sera,dall'imbrunire procurandogli un senso di dolcezza nelle zone più segrete del suo cuore.La sera è cara al poeta in qualunque modo si manifesta sul mondo,serena o tenebrosa e inquieta, sempre apportatrice di pace.Il poeta infatti è portato a riflettere sulla morte che ha per lui efficacia liberatoria perchè con essa finiranno tutti i dolori e i dispiaceri che ci sono nella vita terrena. Però, a questo pensiero, si contrappone quello del tempo reo che tormenta l’uomo con affanni e dispiaceri e distrugge ogni cosa.

GIADA GIUFFRIDA
Tra il sonetto Alla sera di Ugo Foscolo e l’idillio L’infinito di Giacomo Leopardi vi sono molteplici punti di contatto. Entrambi i poeti, partendo da un dato paesaggistico, giungono a una riflessione esistenziale e meditano sul rapporto tra il tempo e l’eterno, tra l’uomo e l’infinito. Il Foscolo inizia commentando l’immagine della sera da lui tanto aspettata poiché simile alla morte, Leopardi, invece, si sofferma sul monte Tabor, solitario e molto amato dal nostro poeta,ma la siepe gli impedisce di scorgere il mondo esterno e a questo punto scatta ,l'immaginazione del poeta...... Da questa situazione parte la riflessione del poeta che si ritrova a meditare e a fantasticare sullo spazio immenso dell'infinito che la siepe esclude alla vista dei suoi occhi. Ambedue gli autori utilizzano l’aggettivo caro per definire la sera e l’ermo colle. Il Foscolo, infatti, reputa tale la sera poiché la paragona alla morte che per lui rappresenta l’annullamento della vita e di tutti i patimenti terreni, Leopardi, invece, considera caro il colle in quanto è proprio in quel luogo solitario che lui si soffermava a immaginare l’infinito e il mondo che lo circondava ma che non poteva scorgere. La lirica dell'Infinito è tutta incentrata sul contrasto tra limitato ed illimitato, tra vicino e lontano, tra realtà ed immaginazione. Tale contrasto viene sottolineato anche linguisticamente attraverso l'uso degli aggettivi dimostrativi questo (che indica vicinanza) e quello (che indica lontananza). E' la dimensione del “non-essere”, che nella poetica leopardiana ha come conseguenza estrema il nulla e la morte. “Le parole lontano, antico e simili sono poeticissime e piacevoli perché destano idee vaste e indefinite e non determinabili e confuse”.
RICCARDO SPADARO
riccardo ha lasciato un nuovo commento sul tuo post " Casa Leopardi Biografia L'Infinit...":

Salve,
ecco qui le mie risposte:
L’infinito di Giacomo Leopardi è stato scritto nel 1819 e fa parte dei Piccoli idilli. Il tema dominante del componimento è la tensione verso l’infinito. Leopardi dal monte Tabor ,detto anche colle dell'infinito, cercava di vedere fino all’estremo orizzonte, però questo non era possibile perché vi era una siepe che glielo impediva. Questo ostacolo fa scattare l’immaginazione del Leopardi che si ritrova mentalmente nell’immensità dell’infinito, ma ecco che una sensazione uditiva ,un soffio di vento lo immerge in un infinito temporale ("l'eterno"), in contrasto con le epoche passate e ormai svanite.In questo componimento l’ autore fa uso di deittici (questo, quello) per descrivere la vicinanza e la lontananza e attraverso questi coinvolge il lettore in un cammino oscillante tra finito e infinito mentre il sonetto “Alla sera” di Foscolo in cui il poeta fa una pacata riflessione sulla morte è stato scritto nel 1803, la riflessione viene suggerito al poeta dalla sera invece che dalla siepe. La sera in qualunque modo si manifesta sul mondo,serena o tenebrosa e inquieta, è sempre apportatrice di pace e conduce il poeta a pensare alla morte e all'annullamento di tutti i dolori e i dispiaceri che nella vita terrena lo hanno deluso come uomo e come artista. Però , mentre il poeta si abbandona all'idea della morte si presenta l'immagine del tempo reo che lo tormenta, ma la sera porta pace al suo "spirto guerrier"
Cordiali saluti
YVONNE SGROI
buona sera prof..ecco riportata di seguito l'analisi dei due testi..

“L’infinito” del Leopardi, scritto intorno al 1819-1821, fa parte dei "piccoli idilli". Il tema del componimento è la tensione verso l’infinito, molto sentita dagli scrittori romantici italiani ed europei.
La poesia si articola in due momenti:
- Nella prima è descritta la situazione iniziale: il poeta si trova in un luogo determinato e familiare (quest’ermo colle), chiuso da una frontiera (questa siepe) che limita la sua vista, ciò fa sì che il poeta immagini l’infinito spaziale,senza limiti.
Le caratteristiche sono: l’assenza di limiti (indeterminati/spazi), il silenzio (sovrumani/silenzi), la quiete (profondissima quϊete).
- Nella seconda il poeta è riportato al presente dalla voce del vento (e come il vento/odo stormir tra queste piante) e comincia a paragonare il finito con l’infinito. Il finito s’identifica con il fluire del tempo (le morte stagioni) e con la vita pulsante di suoni e movimento (la presente/e viva, e il suon di lei); l’infinito con la quiete dell’eterno.
- Tra i due momenti il poeta vi è un passaggio pscicologico : l'io lirico s’immerge totalmente nell'infinito spaziale fino a sprofondarvi, provando così la sensazione di una sconfinata dolcezza.

Nel componimento, l’autore fa uso di deittici (questo, quello) per descriverci la vicinanza o distanza, e grazie a questi spinge il lettore in un viaggio tra l’infinito e il finito.

Nel sonetto “Alla sera”, Foscolo fa una riflessione sulla morte, il cui pensiero gli è suggerito dall’immagine della sera. Come la sera può scendere ora dolce e serena ora tenebrosa e inquieta, allo stesso modo l’idea della morte gli suggerisce da una parte il pensiero dell’annullamento dell’eterno, dall'altra quello del porto di quiete ove si placano gli affanni della vita. All’immagine della sera-morte si contrappone quella del reo tempo, che distrugge ogni cosa e tormenta l’uomo con avversità, affanni e delusioni.
MARY PAFUMI

Salve Prof, sono Mery Pafumi...


Tra i sonetti “ Alla sera” di Foscolo e “L’infinito” di Giacomo Leopardi, vi sono molteplici punti di contatto. Entrambi i poeti cominciano la propria riflessione sul tempo e sull’infinito partendo da elementi naturalistici. Il Foscolo da inizio ai suoi versi commentando l’immagine della sera da lui tanto aspettata poiché così simile alla morte. Leopardi, invece, si sofferma sul monte Tabor, solitario e molto amato dal nostro poeta,ma la siepe gli impedisce di scorgere il mondo esterno . Da queste immagini parte la riflessione del poeta che si ritrova a meditare e a fantasticare sullo spazio immenso che la siepe esclude alla vista dei suoi occhi. Ambedue gli autori utilizzano l’aggettivo caro per definire la sera e l’ermo colle.
Il Foscolo, infatti, reputa la sera simile alla morte che per lui rappresenta l’annullamento della vita e di tutti i patimenti terreni, Leopardi, invece, considera caro il colle ,in quanto è proprio quel luogo solitario dove si soffermava a far scattare in lui l'immaginazione e quell'infinito spaziale che il mondo reale con i suoi limiti gli vietava.

A domani prof...:)

CHARLIE GRIOLI

Scritto nel 1819, l’infinito è uno degli idilli che compongono la raccolta dei “Canti”.Leopardi nella prima parte descrive un paesaggio familiare che illustra delle immagini a lui care come il colle “solitario” e la siepe. La siepe è per lui un ostacolo che però diventa anche un incentivo che gli permette di attivare la sua immaginazione verso spazi sterminati, sovrumani silenzi e profondissima quiete che rappresentano per lui uno spazio infinito. Leopardi poi è riportato alla realtà dal rumore del vento che muove le piante , e questo rumore gli ricorda le voci dell’epoca in cui vive. L’infinito e l’eterno sono per Leopardi i due elementi che costituiscono l’immensità dove il pensiero dell’autore va a picco, poiché non c’è la fa a racchiudere in sé questa grandezza, ma nonostante tutto, il perdersi in questa immensità, in queste riflessioni, è piacevole e gradevole.
Ugo Foscolo compone “Alla sera” nel 1803. Quest’opera inizia con la descrizione della sera identificata come un momento di pace assoluta. La bella esclamazione con cui l’autore descrive la sera ( a me si cara vieni, o sera) conferisce alla prima parte della poesia un tono piacevole e sereno che sottolinea come la sera abbia conquistato il cuore del poeta. Ma questa serenità è destinata a scomparire perché la sera è paragonata alla morte. Essa, secondo il poeta, è infatti il simbolo del “nulla eterno” dove gli individui, la storia, il tempo e l’animo sono destinati a scomparire per sempre. La sera infonde nel poeta sia un senso di calma e serenità, ma anche un senso di tormento e terrore. Infatti nella parte finale del sonetto all’immagine della sera viene contrapposta quella del “reo tempo” che distrugge tutto.

GIOVANNI SCIUTO
L'infinito di Giacomo Leopardi è stato scritto nel 1819 il titolo "L'infinito" non è causale ma vuole alludere la novità della poesia leopardiana che tende a creare un'atmosfera vaga.Nella poesia greca l'idillo era un breve componimentodi argomento pastorale e a caratter dialogico. Infatti Leopardi attinge da questo tipo di argomento, però lo rinnova.La sua poesia non è "poesia d'imaginazione" ma è invece poesia sentimentale dove lui dà voce ai suoi sentimenti.Dal punto di vista metrico, Leopardi, nei Piccoli idilli, adotta l' endecasillabo sciolto e non rispetta le sue forme tradizionali metriche.Invece nei Grandi idilli ha una soluzione metrica nuova. Leopardi dal monte Tabor cercava di vedere fino all’estremo orizzonte, però questo non era possibile a causa dell'ostacolo - siepe da quì scatta l’immaginazione del poeta che si ritrova mentalmente nell’immensità dell’infinito.Nel secondo momento,un soffio di vento lo riporta alla realtà, gli viene così in mente l'infinito temporale ("l'eterno") in contrasto con le epoche passate e ormai svanite. n questo componimento l’ autore fa uso di deittici (questo, quello) per descrivere la vicinanza e la lontananza e attraverso questi coinvolge il lettore in un cammino oscillante tra finito e infinito.
ANTONELLA SALVA'

Sera prof....

L'infinito di Leopardi presenta dei punti di contatto con il sonetto Alla Sera di Foscolo.
Alla Sera di Ugo Foscolo si basa sul tema della sera, vista come immagine della morte, la «fatal quiete», cioè una dimensione cosmica atemporale, ma anche la pace dell'anima. Per questo motivo è molto cara al poeta. Ma affine a questo, emerge dalla poesia anche un altro tema fondamentale: il sofferto rapporto tra il desiderio di pace del poeta e il senso angoscioso della vita che lo travaglia. La sera è descritta quindi dal Foscolo sia portatrice di bei tramonti estivi, accompagnata da venti leggeri, sia foriera di atmosfere invernali, tenebrose e nevose, ma in entrambi i casi la sera è sempre desiderata, perché essa ispira i più intimi pensieri, le più segrete aspirazioni.
Infatti l'infinito di Leopardi è un infinito "negativo", nel senso che è un infinito creato dall'immaginazione e dal desiderio, un puro prodotto della mente umana. È chiaro che il suo modo di porsi di fronte al "problema infinito" è di tipo metafisico, è la ricerca del rapporto tra infinito come spazio assoluto e tempo assoluto e la nostra cognizione del tempo e dello spazio empirici. Ma nella sua riflessione inserisce il suo particolare modo di interpretare l'infinito, o meglio l'indefinito, come fluttuare di sensazioni.
Per Leopardi, questa tensione può spegnersi solo nel momento della morte perché è uno slancio connaturato alla vita stessa, "l'anima, amando sostanzialmente il piacere, abbraccia tutta l'estensione immaginabile di questo sentimento, senza poterla neppure concepire, perché non si può formare idea chiara di una cosa che ella desidera illimitatamente".
BUCALO CARMELO
L'Infinito, di Giacomo Leopardi, è stato scritto tra il 1819-1821. L'opera è uno degli idilli che compongono la raccolta dei "Canti". L'idillo in origine era un componimento breve, molte volte dialogato, con argomenti di carattere agreste e successivamente amoroso.
Entrambi i poeti presentano nelle loro rispettive opere dei punti di contatto; il Leopardi e il Foscolo infatti, metidano sull'esistenza e riflettono su alcuni aspetti in particolare il tempo e l'eterno, l'uomo e l'infinito, partendo da un quadro paesaggistico. Nell'infinito, il poeta è seduto sul monte Tabor, a lui molto caro, ma una siepe gli impedisce di vedere l'orizzonte. E qui allora, chein Leopardi scatta la molla dell'immaginazione a tal punto da naufragare nell'infinito, fino a essere richiamato da una sensazione uditiva che lo porta a fantasticare dalla dimensione spaziale a quella temporale, viaggiando nell'eterno. Questi due elementi, "l'eterno" e "l'infinito" permettono a Leopardi di entrare in un ottica piacevole e gradevole.
Foscolo, autore del sonetto "Alla sera" composto nel 1803, inizia descrivendo la sera come un momento di pace assoluta, immagine simile alla morte,ma la sera tanto inquietaquanto tenebrosa conduce il poeta ad annullare i suoi dolori.La sera infonde al poeta calma e serenità, ma anche un senso di tormento e terrore. Infatti nel momento in cui Foscolo viaggia nel "Nulla eterno", viene richiamato come Leopardi dal soffio del vento nel "reo tempo" che lo ha deluso nel corso della sua vita.
MARY LEOTTA
Salve proffy:

Da un punto di vista letterario Foscolo e Leopardi sono figli della stessa cultura: la differenza è che mentre Leopardi si muove all'interno dell'alveolo del classicismo stilistico formale, Foscolo vi approderà solo nella sua produzione matura, il Foscolo delle "Grazie", per capirci.
Appunto Leopardi si concentra su tematiche più esistenzialiste, Foscolo spazia anche in ambiti diversi, come il patriottismo. Ovviamente, questi temi riflettono le diverse esperienze di vita dei due poeti.
Sul piano dello stile quindi Foscolo è più vario. passa dai tono nervosi e straripanti di un opera "tutto cuore" come le Ultime Lettere (anche se si tratta di un'opera letteraria complessa, non priva di importanti rimandi, desunti dalla letteratura contemporanea tedesca e inglese...) ad una ricerca di stile più armonioso ed equilibrato.
Diverse furono anche le tematiche, le poetiche e l'esperienze esistenziali che, certo condizionarono la produzione letteraria di entrambi. Come vedi gli ambiti di riflessione sono praticamente infiniti. Stiamo confrontando due pilastri della letteratura italiana e potremmo parlarne fino a domani...!

saluti e baci! Mary Leotta

11 commenti:

Anonimo ha detto...

L’infinito di Giacomo Leopardi è stato scritto nel 1819 e fa parte dei Piccoli idilli. Il tema dominante del componimento è la tensione verso l’infinito, questo tema era molto sentito anche da altri autori romantici del tempo sia italiani che europei. Leopardi dal monte Tabor cercava di vedere fino all’estremo orizzonte però questo non era possibile perché vi era una siepe che glielo impediva. Questo ostacolo però scaturì l’immaginazione del poeta che si ritrovò mentalmente nell’immensità dell’infinito, però dopo un po’ un soffio di vento lo riporta alla realtà e dopo si immerge di nuovo con un brivido di piacere nel mare dell’infinito.In questo componimento l’ autore fa uso di deittici (questo, quello) per descrivere la vicinanza e la lontananza e attraverso questi coinvolge il lettore in un cammino oscillante tra finito e infinito.
Il sonetto “Alla sera” di Foscolo è stato scritto nel 1803. In questa poesia il poeta fa una placata riflessione sulla morte, il cui pensiero gli viene suggerito dalla sera. Essa in qualunque modo si manifesta sul mondo,serena o tenebrosa e inquieta, è sempre apportatrice di pace e conduce il poeta a pensare alla morte nella quale finiranno tutti i dolori e i dispiaceri che ci sono nella vita terrena. Però a questo pensiero si contrappone quello del tempo reo che tormenta l’uomo con affanni e dispiaceri e distrugge ogni cosa.


Concetta Russo

Anonimo ha detto...

Scritto nel 1819, l’infinito è uno degli idilli che compongono la raccolta dei “Canti”.Leopardi nella prima parte descrive un paesaggio familiare che illustra delle immagini a lui care come il colle “solitario” e la siepe. La siepe è per lui un ostacolo che però diventa anche un incentivo che gli permette di attivare la sua immaginazione verso spazi sterminati, sovrumani silenzi e profondissima quiete che rappresentano per lui uno spazio infinito. Leopardi poi è riportato alla realtà dal rumore del vento che muove le piante , e questo rumore gli ricorda le voci dell’epoca in cui vive. L’infinito e l’eterno sono per Leopardi i due elementi che costituiscono l’immensità dove il pensiero dell’autore va a picco, poiché non c’è la fa a racchiudere in sé questa grandezza, ma nonostante tutto, questo perdersi in questa immensità, in queste riflessioni è piacevole e gradevole.
Ugo Foscolo compone “Alla sera” nel 1803. Quest’opera inizia con la descrizione della sera identificata come un momento di pace assoluta. La bella esclamazione con cui l’autore descrive la sera ( a me si cara vieni, o sera) conferisce alla prima parte della poesia un tono piacevole e sereno che sottolinea come la sera abbia conquistato il cuore del poeta. Ma questa serenità è destinata a scomparire perché la sera è paragonata alla morte. La sera secondo il poeta è infatti il simbolo del “nulla eterno” dove gli individui, la storia, il tempo e l’animo sono destinati a scomparire per sempre. La sera infonde nel poeta sia un senso di calma e serenità ma anche un senso di tormento e terrore. Infatti nella parte finale dell’opera all’immagine della sera viene contrapposta quella del “reo tempo” che distrugge tutto.

GRIOLI CHARLIE II E

Anonimo ha detto...

Salve Prof, sono Mery Pafumi...


Tra i sonetti “ Alla sera” di Foscolo e “L’infinito” di Giacomo Leopardi, vi sono molteplici punti di contatto. Entrambi i poeti cominciano la propria riflessione sul tempo e sull’infinito partendo da elementi naturalistici. Il Foscolo da inizio ai suoi versi commentando l’immagine della sera da lui tanto aspettata poiché così somigliante alla morte. Leopardi, invece, si sofferma a contemplare il monte Tabor, solitario e molto amato dal nostro poeta, e la siepe che da lì gli impedisce di scorgere il mondo esterno con il quale lui identifica l’infinito. Da queste immagini parte la riflessione del poeta che si ritrova a meditare e a fantasticare sullo spazio immenso che la siepe esclude alla vista dei suoi occhi. Ambedue gli autori utilizzano l’aggettivo caro per definire la sera e l’ermo colle.
Il Foscolo, infatti, reputa tale la sera poiché la paragona alla morte che per lui rappresenta l’annullamento della vita e di tutti i patimenti terreni, Leopardi, invece, considera caro il colle in quanto è proprio in quel luogo solitario che lui si soffermava a immaginare l’infinito e il mondo che lo circondava ma che non poteva scorgere.

A domani prof...:)

Anonimo ha detto...

buona sera prof..ecco riportata di seguito l'analisi dei due testi..

“L’infinito” del Leopardi, scritto intorno al 1819-1821, fa parte dei "piccoli idilli". Il tema del componimento è la tensione verso l’infinito, molto sentita dagli scrittori romantici italiani ed europei.
La poesia si articola in quattro sezioni.
- Nella prima è descritta la situazione iniziale: il poeta si trova in un luogo determinato e familiare (quest’ermo colle), chiuso da una frontiera (questa siepe) che limita la sua vista, ciò fa sì che il poeta immagini ciò che ci possa essere oltre la siepe, questo lo porta ad immergersi nell’infinito.
- Nella seconda vi è descritta l’immaginazione del Leopardi, che supera il limite e immagina l’infinito. Le caratteristiche sono: l’assenza di limiti (indeterminati/spazi), il silenzio (sovrumani/silenzi), la quiete (profondissima quϊete).
- Nella terza il poeta è riportato al presente dalla voce del vento (e come il vento/odo stormir tra queste piante) e comincia a paragonare il finito con l’infinito. Il finito s’identifica con il fluire del tempo (le morte stagioni) e con la vita pulsante di suoni e movimento (la presente/e viva, e il suon di lei); l’infinito con la quiete dell’eterno.
- Nell’ultima sezione il poeta ritorna nuovamente nell’infinito. Questa volta egli s’immerge totalmente in esso fino a sprofondarvi, provando così la sensazione di una sconfinata dolcezza.

Nel componimento, l’autore fa uso di deittici (questo, quello) per descriverci la vicinanza o distanza, e grazie a questi spinge il lettore in un viaggio tra l’infinito e il finito.

Nel sonetto “Alla sera”, Foscolo fa una riflessione sulla morte, il cui pensiero gli è suggerito dall’immagine della sera. Come la sera può scendere ora dolce e serena ora tenebrosa e inquieta, allo stesso modo l’idea della morte gli suggerisce per un verso il pensiero dell’annullamento dell’eterno, per l’altro quello del porto di quiete ove si placano gli affanni della vita. All’immagine della sera-morte si contrappone quella del reo tempo, che distrugge ogni cosa e tormenta l’uomo con avversità, affanni e delusioni.


Yvonne Sgroi, 2°E

riccardo ha detto...

Salve,
ecco qui le mie risposte:
L’infinito di Giacomo Leopardi è stato scritto nel 1819 e fa parte dei Piccoli idilli. Il tema dominante del componimento è la tensione verso l’infinito. Leopardi dal monte Tabor detto anche colle dell'infinito cercava di vedere fino all’estremo orizzonte però questo non era possibile perché vi era una siepe che glielo impediva. Questo ostacolo però scaturì l’immaginazione del Leopardi che non potendo quindi vedervi oltre si ritrova mentalmente nell’immensità dell’infinito, però in seguito un soffio di vento lo riporta alla realtà ma subito dopo si immerge di nuovo con un brivido di piacere nel mare dell’infinito.In questo componimento l’ autore fa uso di deittici (questo, quello) per descrivere la vicinanza e la lontananza e attraverso questi coinvolge il lettore in un cammino oscillante tra finito e infinito mentre
il sonetto “Alla sera” di Foscolo è stato scritto nel 1803 e in questa poesia il poeta fa una placata riflessione sulla morte, il cui pensiero gli viene suggerito dalla sera invece che dalla siepe. Il poeta riflette che la sera in qualunque modo si manifesta sul mondo,serena o tenebrosa e inquieta, è sempre apportatrice di pace e conduce il poeta a pensare alla morte nella quale finiranno tutti i dolori e i dispiaceri che ci sono nella vita terrena Però a tutto ciò si contrappone quello del tempo reo che tormenta l’uomo con affanni e dispiaceri.
Cordiali saluti
Spadaro Riccardo
II E

GIADA GIUFFRIDA ha detto...

Tra il sonetto Alla sera di Ugo Foscolo e l’idillio L’infinito di Giacomo Leopardi vi sono molteplici punti di contatto. Entrambi i poeti, partendo da un dato paesaggistico, giungono a una riflessione esistenziale e meditano sul rapporto tra il tempo e l’eterno, tra l’uomo e l’infinito. Il Foscolo da inizio ai suoi versi commentando l’immagine della sera da lui tanto aspettata poiché così somigliante alla morte. Leopardi, invece, si sofferma a contemplare il monte Tabor, solitario e molto amato dal nostro poeta, e la siepe che da lì gli impedisce di scorgere il mondo esterno con il quale lui identifica l’infinito. Da queste immagini parte la riflessione del poeta che si ritrova a meditare e a fantasticare sullo spazio immenso che la siepe esclude alla vista dei suoi occhi. Ambedue gli autori utilizzano l’aggettivo caro per definire la sera e l’ermo colle. Il Foscolo, infatti, reputa tale la sera poiché la paragona alla morte che per lui rappresenta l’annullamento della vita e di tutti i patimenti terreni, Leopardi, invece, considera caro il colle in quanto è proprio in quel luogo solitario che lui si soffermava a immaginare l’infinito e il mondo che lo circondava ma che non poteva scorgere. La lirica dell'Infinito è tutta incentrata sul contrasto tra limitato ed illimitato, tra vicino e lontano, tra realtà ed immaginazione. Tale contrasto viene sottolineato anche linguisticamente attraverso l'uso degli aggettivi dimostrativi questo (che indica vicinanza) e quello (che indica lontananza). E' la dimensione del “non-essere”, che nella poetica leopardiana ha come conseguenza estrema verso il nulla e la morte. “Le parole lontano, antico e simili sono poeticissime e piacevoli perché destano idee vaste e indefinite e non determinabili e confuse”.

Anonimo ha detto...

L'infinito di Giacomo Leopardi è stato scritto nel 1819 il titolo "L'infinito" non è causale ma vuole alludere la novità della poesia leopardiana che tente a creare una'atmosfera vaga.Nella lingua greca l'idilloera un breve componimento con argomento pastorale e a caratter dialogico.Infatti Leopardi prende questo tipo di argomento però lo rinnova.La sua poesia non è "poesia d'imagginazione" ma è invace poesi sentimentale dove lui de voce ai suoi sentimenti.Dal punto di vista metrico Leopardi nei Piccoli idilli in cui adotta un endecasillabo sciolto dove nelle sue poesie non rispetta le sue forme tradizionali metriche.Invece nie Grandi idilli ha una soluzione metrica nuova.La lingua Leopardiana degli idilli e formata con delle parole di purezza e armonia. Leopardi dal monte Tabor cercava di vedere fino all’estremo orizzonte però questo non era possibile perché vi era una siepe che glielo impediva. Questo ostacolo però scaturì l’immaginazione del poeta che si ritrovò mentalmente nell’immensità dell’infinito, però dopo un po’ un soffio di vento lo riporta alla realtà e dopo si immerge di nuovo con un brivido di piacere nel mare dell’infinito.In questo componimento l’ autore fa uso di deittici (questo, quello) per descrivere la vicinanza e la lontananza e attraverso questi coinvolge il lettore in un cammino oscillante tra finito e infinito.

Anonimo ha detto...

cordiali saluti da Giovanni mi sono dimenticato di scrivere il nome in questo che ho iviato ora kmq ci vediamo domani buona serata...

Anonimo ha detto...

Sera prof....

L'infinito di Leopardi presenta dei punti di contatto con il sonetto Alla Sera di Foscolo.
Alla Sera di Ugo Foscolo di basa sul tema della sera, vista come immagine della morte, la «fatal quiete», cioè una dimensione cosmica atemporale, ma anche la pace dell'anima. Per questo motivo è molto cara al poeta. Ma affine a questo, emerge dalla poesia anche un altro tema fondamentale: il sofferto rapporto tra il desiderio di pace del poeta e il senso angoscioso della vita che lo travaglia. La sera è descritta quindi dal Foscolo sia portatrice di bei tramonti estivi, accompagnata da venti leggeri, sia foriera di atmosfere invernali, tenebrose e nevose, ma in entrambi i casi la sera è sempre desiderata, perché essa ispira i più intimi pensieri, le più segrete aspirazioni.
Infatti l'infinito di Leopardi è un infinito "negativo", nel senso che è un infinito creato dall'immaginazione e dal desiderio, un puro prodotto della mente umana. È chiaro che il suo modo di porsi di fronte al "problema infinito" è di tipo metafisico, è la ricerca del rapporto tra infinito come spazio assoluto e tempo assoluto e la nostra cognizione del tempo e dello spazio empirici. Ma nella sua riflessione inserisce il suo particolare modo di interpretare l'infinito, o meglio l'indefinito, come fluttuare di sensazioni.
Per Leopardi, questa tensione può spegnersi solo nel momento della morte perché è uno slancio connaturato alla vita stessa, "l'anima, amando sostanzialmente il piacere, abbraccia tutta l'estensione immaginabile di questo sentimento, senza poterla neppure concepire, perché non si può formare idea chiara di una cosa che ella desidera illimitatamente".

Antonella Salvà

Anonimo ha detto...

Salve proffy:

Da un punto di vista letterario Foscolo e Leopardi sono figli della stessa cultura: la differenza è che mentre Leopardi si muove all'interno dell'alveolo del classicismo stilistico formale, Foscolo vi approderà solo nella sua produzione matura, il Foscolo delle "Grazie", per capirci.
Appunto Leopardi si concentra su tematiche più esistenzialiste, Foscolo spazia anche in ambiti diversi, come il patriottismo. Ovviamente, questi temi riflettono le diverse esperienze di vita dei due poeti.
Sul piano dello stile quindi Foscolo è più vario. passa dai tono nervosi e straripanti di un opera "tutto cuore" come le Ultime Lettere (anche se si tratta di un'opera letteraria complessa, non priva di importanti rimandi, desunti dalla letteratura contemporanea tedesca e inglese...) ad una ricerca di stile più armonioso ed equilibrato.
Diverse furono anche le tematiche, le poetiche e l'esperienze esistenziali che, certo condizionarono la produzione letteraria di entrambi. Come vedi gli ambiti di riflessione sono praticamente infiniti. Stai confrontando due pilastri della letteratura italiana e potremmo parlarne fino a domani...!

saluti e baci! Mary Leotta

Anonimo ha detto...

L'Infinito, di Giacomo Leopardi, è stato scritto tra il 1819-1821. L'opera è uno degli idilli che compongono la raccolta dei "Canti". L'idillo è un componimento breve, molte volte dialogato, con argomenti di carattere agreste e successivamente amoroso.
Entrambi i poeti presentano nelle loro rispettive opere dei punti di contatto; il Leopardi e il Foscolo infatti, metidano sull'esistenza e riflettono su alcuni aspetti in particolare il tempo e l'eterno, l'uomo e l'infinito, partendo da un quadro paesaggistico. Nell'infinito, il poeta è seduto dinanzi una siepe, sul monte Tabor, a lui molto caro, che gli impedisce di vedere l'orizzonte. E qui allora, che Leopardi immagina, e immagina a tal punto da naufragare nell'infinito, fino a essere richiamato da una sensazione udutiva che lo porta a fantasticare dalla dimensione spaziale a quella temporale, viaggiando nell'eterno. Questi due elementi, "l'eterno" e "l'infinito" permettono a Leopardi di entrare in un ottica piacevole e gradevole.
Foscolo, autore di "Alla sera" composta nel 1803, inizia il sonetto descrivendo la sera come un momento di pace assoluta, e immagine simile alla morte, che serena inquieta e tenebrosa conduce il poeta ad annullare i suoi dolori. Per lui la sera infonde calma e senerità ma anche un senso di tormento e terrore. Infatti nel momento in cui Foscolo viaggia nel "Nulla eterno", viene richiamato come Leopardi, nel "reo tempo" che lo ha deluso nel corso della sua vita.

Bucalo Carmelo II e