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mercoledì 28 gennaio 2009

CANTO I INFERNO

La trama in sequenze
VV.1-12
Dante nella selva oscura...
vv.13-60
vv.61-90
vv.91-111
vv.112-136

FIGURE RETORICHE SALIENTI

ES.Figura etimologica selva selvaggia (V.5)( Continuate)



GRIOLI CHARLIE


LA TRAMA IN SEQUENZE
La selva – vv. 1-12

Nel primo verso della “Divina Commedia” Dante spiega come la sua sia un'esperienza DRAMMATICA che riguarda tutta l'umanità, usando l'aggettivo "nostra" invece di "mia"; per lui la metà della vita di un individuo sono i 35 anni, poiché riteneva l'età media di un uomo essere di 70 anni ed essendo egli nato nel 1265 si può già capire che ci troviamo nel 1300. Il poeta pellegrino proteso alla difficile conquista della beatitudine si è perso in una selva oscura che rappresenta un momento difficile della vita del poeta. La diritta via invece rappresenta la via del bene mordellabeatiale e spirituale. Per il Dante-narratore è un vero dolore ricordare la durezza della selva selvaggia, intricata e difficile. Questa selva (ovvero il peccato) è così amara che la morte è una cosa appena peggiore (intesa come la dannazione). Dante non ricorda bene come ha fatto a smarrirsi, a causa di un torpore dei sensi che gli fece perdere la verace via.
Il colle illuminato dal sole – vv. 13-30
A un certo punto Dante arriva ai piedi di un colle, dove termina la selva, dietro il quale sta sorgendo il sole che calma un po' la sua inquietudine. La luce del sole simboleggia la Grazia divina, che illumina il cammino umano, quindi il colle simboleggia una via di salvezza. Dante si riposa un attimo e comincia la salita.
Le tre fiere – vv. 31-60
La salita è appena iniziata quando appare una lonza (lince) leggera e molto veloce coperta da una pelliccia maculata che intralcia la strada a Dante poiché lo ricaccia indietro. La lonza rappresenta la lussuria (indica Firenze). Dante non dice se questa lonza si avvicini o scappi e tronca questo discorso. E il tempo del mattino nel quale il sole saliva con quelle stelle che erano con lui al momento della Creazione: la prima costellazione è quella dell’Ariete, quindi era tempo dell’equinozio di primavera, momento che fa sperare a Dante di poter evitare la lonza, la fiera dalla pelle maculata. Ma la speranza è subito cancellata dall'apparizione di un leone, che pare andare incontro a Dante con la testa alta e affamato. Il leone viene indicato come simbolo di superbia(indica l’impero). Subito dopo appare una lupa. Essa avrebbe secondo Dante reso infelice la vita di molta gente e gli si avvicina con aspetto talmente spaventoso che Dante perde la speranza di raggiungere il colle. La lupa rappresenta l’avidità (la Chiesa). Dante si sente triste e sconfortato dalla bestia. La lupa si avvicina e respinge Dante nella selva del peccato.
Apparizione di Virgilio – vv. 61-99
Tornato nella selva a Dante appare davanti agli occhi una figura che impaurisce il poeta che gli chiede misericordia. Subito la figura gli risponde dicendo:“Non sono un uomo, ma uomo fui” e per presentarsi dice che i suoi genitori erano lombardi, che nacque al tempo di Cesare e visse sotto Augusto al tempo del paganesimo. Inoltre afferma :” Poeta fui e cantai del valente figlio di Anchise che venne da Troia dopo che quest’ultima venne incendiata”. Poi fa una domanda direttamente a Dante: “ Ma tu perché ritorni a tanta noia? Perché non sali il dilettoso monte ch’è principio e cagion di tutta gioia?. Dante ha riconosciuto il suo maestro e lo chiama per nome, vergognandosi un po' per la sua importanza: "Sei tu quel Virgilio e quella la fonte di tanto parlare come un fiume? Tu che sei l'onore e il lume degli altri poeti, fa' che mi valga il grande studio e amore che ho avuto per la tua opera: tu sei il mio maestro e il mio autore, sei l'unico dal quale presi quel bello stile che mi ha reso onore." Dopo Dante gli chiede se lo può aiutare con quella bestia che lo ha fatto tornare indietro. Virgilio allora indica a Dante che la lupa non fa passare nessuno a causa della sua natura malvagia.
Profezia del veltro – vv. 100-111
Il veltro indica il cane da caccia. Dante spiega che un cane da caccia farà morire la lupa cacciandola di città in città finché non l’avrà rimessa nell’inferno da dove Lucifero, l’angelo ribelle, la fece uscire.
Il viaggio nell’oltretomba – vv. 112-136
Virgilio consiglia a Dante di seguirlo in un viaggio nelle’oltretomba, dove tutto è eterno, a differenza del mondo dei vivi. Dante accetta di compiere il viaggio nel mondo dei dannati per sfuggire al male dell’oscura selva. Cosi i due si incamminano.


GIADA GIUFFRIDA

LA TRAMA IN SEQUENZE

Vv. 1-12 Dante è il protagonista del viaggio ma è il simbolo di tutta l’umanità del suo tempo.
All’età di 35 anni (punto di mezzo della vita umana) si smarrisce in una selva oscura, la selva rappresenta allegoricamente il peccato, ed è oscura perché non ha accolto la chiamata di Dio alla salvezza. Questa selva è così oscura e difficile da percorrere che Dante ripensandoci ha paura. Inoltre Dante non sa spiegare come vi è giunto, tanto era offuscato dal sonno, cioè dal peccato, quando ha abbandonato la via del bene.
Vv. 13-60 Quando Dante all’uscita della selva scorge un colle ( simbolo della faticosa ascesa verso il bene, dell’espiazione, della purificazione ) illuminato dal sole, comincia a sentirsi sicuro, come un naufrago sfuggito alla tempesta e approdato, ancora incredulo della propria salvezza, a riva.
Quando sta per raggiungere il colle, viene ostacolato da tre fiere: prima da una lonza ( che simboleggia la lussuria ), poi da un leone ( la superbia ) ed infine da una lonza ( l'avarizia ). Spaventato, indietreggia, e perdendo la speranza di poter arrivare alla vetta, decide di tornare verso la selva, verso la valle della perdizione.
Vv. 61-90 Ma improvvisamente appare un’ombra: è l’anima del poeta latino Virgilio ( simbolo della ragione ) che Dante ha sempre ammirato come proprio maestro e di cui ora invoca aiuto.
Vv. 91-111 Virgilio gli consiglia che, se vorrà raggiungere la salvezza eterna, dovrà seguire un altro percorso. Inoltre gli spiega che per vincere la lupa occorrerà un veltro ( cioè un cane da caccia che simboleggia la speranza ).
Vv. 112-136 Ora Virgilio condurrà Dante attraverso l’Inferno e il Purgatorio, per affidarlo poi a un’anima beata che lo guiderà in Paradiso: solo conoscendo il mondo ultraterreno egli potrà purificarsi e salvarsi. I due poeti iniziano così il loro viaggio.

FIGURE RETORICHE:
-paranomasia: vv. 5-35-93.
-metafora: vv. 20-60.
-similitudine: vv. 22-55.
-latinismi: vv. 65-67.
-perifrasi: v. 124.

RICCARDO SPADARO

La trama in sequenze:

Vv.1-2 La commedia si apre con un monologo del protagonista stesso ovvero Dante che all'età di 35 anni(punto di mezzo della vita umana di quell'epoca)si smarrisce in una selva oscura che rapprenta allegoricamente il simbolo del peccato che gli procura la perdita della coscienza e dei valori morali soprattutto a causa della morte della sua amata Beatrice.Inoltre questa selva gli appare così oscura che non riesce a percorrerla avendo smarrito la via del bene ed essendo anche assonnato spiritualmente.
Vv.13-60 All'uscita dalla selva oscura Dante scorge un colle in cui scorge i raggi del Sole simbolo di salvezza.Così incomincia la sua ascesa verso la cima nel quale cammino prova un senso di sicurezza come a un naufrago che sfuggito alla tempesta ancora e approdato ancora incredulo a riva;ma durante la sua salita incontra tre fiere che gli impediscono di salire:la lonza(che simboleggia la lussuria),il leone(che rappresenta la superbia) ed indine da una lonza(l'avarizia).Così spaventato da queste fiere indietreggia perdendo la speranza di poter arrivare alla vetta e ricade quindi nella selva oscura, simbolo del peccato.
Vv 61-90 Così disceso di nuovo nella selva oscura intravvede all'improvviso un'ombra che rappresenta l'anima del poeta Virgilio(simbolo della ragione) che è stato per Dante sempre un modello per le sue opere e così dopo averlo riconosciuto chiede il suo aiuto per salire il colle e proteggerlo dalle fiere.
Vv 91-111 Virgilio gli consiglia che se vorrà riuscere a intraprendere la retta via dovrà prendere un'altra strada fin quando non arriverà il veltro(un cane da caccia che simboleggia la speranza)che non farà altro che proteggerlo e ricacciarà la lupa nell'inferno.
Vv 112-136.Virgilio decide di accompagnare Dante nel nuovo viaggio che comprenderà l'inferno e il Purgatorio dove lo lascerà con un'anima più nobile della sua, essendo lui pagano e respinto dal Paradiso.Così i due cominciano il loro viaggio.

STEFANO CONTI NIBALI

LA TRAMA IN SEQUENZE

VV 1-12 DanteA trentacinque anni, si ritrova in una selva oscura, simbolo del peccato, avendo smarrito la diritta via. Questa selva è difficile da attraversare e il poeta prova molta paura al solo ricordo. Inoltre Dante non sa spiegare come vi è giunto, egli vuole evidenziare il fatto che è molto facile cadere nel peccato a causa del sonno della ragione, e molto spesso ciò avviene senza consapevolezza.
VV 13-60 Dante crede di potersi salvare salendo sul colle illuminato dal sole ( questo rappresenta la virtù e la Grazia divina) la vista di questo suscita in Dante una sensazione di sollievo che si contrappone all’angoscia provata durante la notte. Mentre il poeta inizia a salire sul colle, tre fiere lo ostacolano. Le tre fiere sono la lonza, il leone e la lupa che rappresentano la lussuria, la superbia e l’avarizia. Perduta la speranza di raggiungere la vetta, il poeta è risospinto nella valle della perdizione.
VV 61-90 Mentre Dante sta per ripiombare nel peccato, interviene Virgilio, simbolo della ragione al quale chiede aiuto per evitare la lupa.
VV 91-111 Virgilio spiega a Dante che non può salire il colle e lo invita al viaggio verso l’oltretomba e solo con l’aiuto del veltro la lupa sarà sconfitta.
VV 112-136 Virgilio precisa il suo ruolo di guida: egli potrà accompagnare il pellegrino attraverso l’inferno e il purgatorio, ma non potrà accedere al paradiso in quanto non è battezzato. Beatrice, che simboleggia la teologia, sarà la guida di Dante fin dal paradiso terrestre.

CONCETTA RUSSO

Nei primi versi della Divina Commedia (vv.1-12) CHE FUNGE DA PROLOGO ALL'INTERO POEMA ,Dante si ritrova in una selva oscura (che rappresenta il peccato) all’età di 35 anni e usa l’aggettivo nostra perché è il simbolo di tutta l’umanità. Dante avendo perso la via del bene, quella che porta a Dio, ha paura di questa selva da affrontare e gli sembra ancor più scura e difficile da affrontare.
Nei versi 13-60 Dante arriva ai piedi di un colle e pensa di salvarsi salendo sul colle, ma mentre inizia a scalare il monte è ostacolato da tre fiere che rappresentano tre peccati: la lonza rappresenta la lussuria, il leone la superbia,e , la lupa l’avarizia. Esse provocano molta paura in Dante che precipitò nuovamente nella selva del peccato.
Nei versi 61-90 Dante vede un’ombra che è l’anima di Virgilio e gli chiede aiuto per poter evitare le tre fiere.
Nei versi 91-111 c’è un dialogo tra Dante e Virgilio che gli dice di intraprendere un viaggio diverso da quello del colle, ovvero un viaggio nell’oltretomba e grazie al veltro potrà sconfiggere la lupa.
Nei versi 112-136 Virgilio decide di accompagnare Dante nell’inferno e nel purgatorio, e in paradiso sarà affidato a Beatrice, perché lui non può accedere al paradiso dato che non è stato battezzato.
Le figure retoriche salienti sono: paronomasia (vv 5-35-93); metafora (vv 20-60); similitudine (vv 22-55); latinismi (vv 65-67); perifrasi (v 124).

SANDRO DELPOPOLO

Salve prof
le riporto le mie risposte:

1)Le sequenze sono 5:

Vv 1-12:Dante,a metà della sua vita,si ritrovò a vagare nel buio essendosi perso e non ricorda come si è smarrito.

Vv 13-60:Egli uscito dalla selva si ritrova su un colle dove sta per sorgere il sole,e ciò lo rassicura. Successivamente viene però ostacolato da una lonza(che rappresenta la lussuria),da un leone(rappresenta la superbia per la sua forza) e da una lupa(rappresentante l'avidità).Proprio quest'ultima respinge Dante nuovamente nella selva oscura.

oVv 61-90:In questa selva Dante incontra Virgilio,maestro di stile e guida del viaggio, oltre che simbolon della ragione umana il quale spiegache l'ostacolo della lupa potrà essere sconfitta solo col "veltro".

Vv 91-111:Virgilio spiega inoltre a Dante che dovrà percorrere un'altra strada per giungere in paradiso.

Vv 112 a 136:Annuncio e inizio dell'itinerario oltremondano..

2)Come figure retoriche,in questo primo canto troviamo:
La figura etimologica selva selvaggia v.5
La similitudine naufrago/Dante vv.22-27
La similitudine avaro/Dante vv.55-60
La sinestesia 'l sol tace v.60
Il chiasmo Non omo,omo già fui
tre paronomasia nei versi 5-35-93
due metafore nei versi 19 e 60
una perifrasi nel verso 125.




martedì 27 gennaio 2009

Divina Commedia Inferno Canto I



PER ASCOLTARE QUI





domenica 18 gennaio 2009

LA DIVINA COMMEDIA




La datazione dell'opera è problematica. Probabilmente fu iniziata negli stessi anni in cui vennero interrotti i trattati dottrinali del Convivio e del De vulgari eloquentia, ossia tra il 1305 e il 1307, anche se il Boccaccio sostiene che i primi sette canti dell' Inferno siano stati scritti prima dell'esilio (1302). L'Inferno non contiene notizie posteriori al 1309 (la prima menzione di copie manoscritte è del 1313). Il Purgatorio non contiene riferimenti a fatti posteriori al 1313 e fu divulgato separatamente nei due anni seguenti. Il Paradiso fu forse iniziato nel 1316 e terminato negli ultimi anni di vita del poeta, mentre i singoli canti venivano divulgati man mano che erano compiuti.Dopo la morte del poeta cominciarono ad apparire commenti alle singole parti. Nell'epistola XIII, Dante spiega a Cangrande il titolo "comedia" (l'aggettivo "divina", usato da Boccaccio nella sua biografia dantesca Trattatello in laude di Dante fu introdotto in un'edizione a stampa del 1555).La ragione del titolo è retorica e connessa al tema ed al livello linguistico: l'opera inizia con una situazione spaventosa e termina felicemente (la tragedia invece ha inizio piacevole e fine tremenda), e il livello linguistico è dimesso e umile per facilitare la comunicazione (la parlata volgare).

Struttura: La Commedia racconta un viaggio nei tre regni dell'aldilà (in cui si proietta il male e il bene del mondo terreno) compiuto da Dante ("simbolo" dell'umanità), che si affida alla guida di Virgilio (ragione) e poi di Beatrice (fede). Si tratta di un poema didascalico strutturato in terzine di endecasillabi(ABA\BCB), composto da 100 canti suddivisi in tre cantiche di 33 canti ciascuna, più un canto introduttivo posto all'inizio dell'Inferno. L'intera opera consta di 14.233 versi totali: superiore dunque in lunghezza sia all'Eneide virgiliana (9.896 esametri), sia all'Odissea omerica (12.100 esametri).I numeri hanno una valenza simbolica, <1+33+33+33 10 =" perfezione" 3 =" Trinità.">.La Commedia è anche una drammatizzazione della teologia cristiana medievale, arricchita da una straordinaria creatività immaginativa.Occorre distinguere tra: struttura cosmologica struttura dottrinale struttura formale Struttura cosmologica: La struttura testuale della Commedia coincide esattamente con la rappresentazione cosmologica dell'immaginario medievale. Il viaggio all'Inferno e sul monte del Purgatorio rappresentano infatti l'attraversamento dell'intero pianeta, dalle sue profondità alle regioni più elevate; mentre il Paradiso è una rappresentazione simbolico-visuale del cosmo tolemaico.L'Inferno era rappresentato all'epoca di Dante come una cavità di forma conica interna alla Terra, allora concepita come divisa in due emisferi, uno di terre e l'altro di acque. La caverna infernale era nata dal ritrarsi delle terre inorridite al contatto con il corpo maledetto di Lucifero e delle sue schiere, cadute dal cielo dopo la ribellione a Dio. La voragine infernale aveva il suo ingresso esattamente sotto Gerusalemme, collocata a 90° rispetto al semicerchio di 180° formato dalle terre emerse.La metà marina della Terra si estendeva invece su tutta la semisfera opposta al continente euroasiatico. Agli antipodi di Gerusalemme, e quindi al 90° della semisfera acquea, si ergeva l'isola montagnosa del Purgatorio, composta appunto dalle terre fuoriuscite dal cuore del mondo all'epoca della ribellione degli angeli. In cima al Purgatorio, che peraltro era una creazione recente dell'immaginario cristiano legata alla necessità di giustificare la dottrina delle indulgenze, Dante collocel racconto biblico, il luogo terrestre più vicino al cielo.
Il Paradiso è strutturato secondo la rappresentazione cosmologica nata all'epoca ellenista con gli scritti di Tolemeo, e risistemata dai teologici cristiani secondo le esigenze della nuova religione. Nel suo rapimento celeste dietro l'anima di Beatrice, Dante attraversa dunque i nove cieli del cosmo astronomico-teologico, al di sopra dei quali si distende il Pleroma infinito - Empireo - in cui ha sede la Rosa dei Beati, posti a diretto contatto con la visione di Dio.Ai nove cieli corrispondono nell'Empireo i nove cori angelici che, col loro movimento circolare intorno all'immagine di Dio, provocano il relativo movimento rotatorio del cielo a cui ciascuno di essi è preposto - questo secondo la dottrina dell'Atto Puro o Primo Mobile desunta dalla Metafisica di Aristotele.La struttura cosmologica della Commedia è strettamente connessa alla struttura dottrinale del poema, per cui la collocazione dei tre regni, e, al loro interno, l'ordine delle anime - ovvero delle pene e delle grazie-, corrisponde a precisi intendimenti di ordine morale e teologico.


In particolare, la topografia dell'Inferno comprende i seguenti luoghi:un ampio vestibolo o Antiferno, dove vengono puniti coloro che nessuno vuole, né Dio né il demonio: gli ignavi.Il fiume Acheronte, che separa il vestibolo dall'inferno vero e proprio.Una prima sezione costituita dal Limbo,immerso in una tenebra perenne. Una serie di cerchi meno scoscesi in cui patiscono i peccatori continenti.La città infuocata di Dite, le cui mura circondano la voragine finale.Il cerchio dei violenti in cui scorre il fiume sanguigno del Flegetonte.Un burrone scosceso, che dà all'ottavo cerchio, chiamato Malebolge: il cerchio dei fraudolenti.Il pozzo dei Giganti.Il lago ghiacciato di Cocito, dove sono immersi i traditori.

martedì 13 gennaio 2009

De Monarchia

Il De Monarchia è un trattato latino suddiviso in tre libri. Qui Dante interviene nella polemica politico-giuridica sul rapporto tra impero e papato. L'autore osserva la degenerazione della vita contemporanea dovuta al coinvolgimento del Pontefice nella politica; a Firenze infatti Dante aveva lottato per difendere l’autonomia politica contro Bonifacio VIII. Dante difende convintamente l’autorità dell’impero.
Lo stile del trattato oscilla tra la ripresa di tecniche proprie delle dispute istituzionali e momenti di accesa passione politica e religiosa.
Il discorso prende l’avvio da principi generali per giungere poi a verità particolari: procedimento logico fondamentale è il sillogismo, di cui Dante si serve per dimostrare la fallacia degli oppositori dell’Impero. La filosofia aristotelica è un riferimento costante in tutto il trattato, anche se l'uso che Dante fa delle tesi aristoteliche non coincide con la posizione di Tommaso D’aquino. Si rileva l'influsso dell’averroismo come nel Convivio. Essenziale è poi il rimando alle Sacre Scritture e alla cultura latina classica.
Dante potrebbe aver lavorato all'opera dopo il Convivio (1308) oppure nel 1313 dopo l’ascesa di Arrigo VII in Italia.
Quanto ai contenuti, da principio Dante fa leva sulla necessità della monarchia universale: con la pace universale e con un governo unitario e coerente l’uomo può sviluppare tutte le possibilità dell’intelletto.
Successivamente si tratta dell’origine divina dell’impero romano. L'unificazione dell’impero nel segno di roma fu voluto da Dio, in modo che la parola di Cristo si diffondesse in un regime universale (citazioni da Virgilio, poeta della giustizia).
S'indaga poi il rapporto tra il papato e l’Impero. Per Dante il potere temporale (imperiale) non è subordinato a quello spirituale (papale): l'autore contesta alcune interpretazione allegoriche della Bibbia e afferma che l’autorità imperiale deriva direttamente da Dio.
Dante distingue poi due fini umani: la felicità della vita terrena e quella della vita eterna; alla prima si giunge con la filosofia, alla seconda con la fede. L'Imperatore è la guida alla felicità terrena, il Papa alla vita eterna.

Spunti er la riflessione

1 Quali sono i temi trattati nell'opera?
2 Quali ipotesi si sono fatte sulla datazione?
3 Qual'è stata per Dante la funzione storica dell'impero romano?
4 Il potere papale e imperiale sono fra di loro
a. uniti
b. opposti
c. separati
d. interdipendenti
5 In che misura la soluzione proposta da Dante si rivelò utopica?

domenica 11 gennaio 2009

De Vulgari Eloquentia


Nel corso del XIII secolo l'esempio dei poeti "siciliani" fu seguito da molti altri artisti italiani, e culminò nell'esperienza del più grande scrittore che l'Italia abbia mai avuto: Dante Alighieri (1265-1321). Fu lui il primo che pose il problema di una lingua nazionale "volgare", cioè non "latina", e che elaborò un tentativo, non riuscito, per risolverlo.

Il De vulgari Eloquentia [L'eloquenza in lingua volgare] fu, probabilmente, composto da Dante tra il 1303 e il 1304, contemporaneamente al Convivio.
Tema dell'opera è la definizione di una lingua volgare illustre, capace di affiancare il latino con pari diritti espressivi; nonchè una rassegna delle forme retoriche (metrica, stile) nelle quali impiegare la nuova lingua d'Italia. Il De vulgari eloquentia è, come il Convivio, incompiuto. Alcune allusioni contenute nella parte effettivamente scritta portano a pensare che l'opera completa avrebbe dovuto essere composta da almeno quattro libri. Il primo libro (suddiviso in diciannove capitoli) dimostra la nobiltà del volgare illustre, superiore persino al latino, cosiderato da Dante una lingua artificiale. Infatti il volgare è una lingua naturale che viene appresa fin dalla nascita e senza studio.Dante, a sostegno della sua tesi ricostruisce una storia universale delle lingue. (Dio ha infuso nei primi uomini una lingua sacra, conservata solamente nell'ebraico dopo che con la costruzione della torre di Babele era nata la confusione delle lingue. I popoli che parlavano i tre linguaggi fondamentali, si distribuirono in aree geografiche differenti, dando origine a ulteriori diversità di idiomi. Nell'Europa meridionale si stabilirono popoli parlanti tre lingue diverse ma imparentate: la lingua d'oil, d'oc a del si. Nacque così la necessità di lingue comuni "artificiali" ed il latino è una di queste.
A questo punto Dante analizza le caratteristiche di questi tre volgari. Non ritrovando il volgare illustre in nessuno dei volgari da lui analizzati Dante cerca di definirlo nei suoi caratteri ideali; esso deve essere "illustre, cardinale", regale" e curiale". "Illustre" perchè luminoso in se e capace di dare lustro a chi ne fa uso nei suoi scritti; "cardinale" perchè costituisce il cardine a cui fanno riferimento gli altri volgari; "regale" perchè se in Italia esistesse una reggia esso vi troverebbe la sua collocazione più ovvia; "curiale" perchè risponde alle norme stabilite dagli Italiani più prestigiosi.Il secondo libro comincia a definire i possibili usi del volgare illustre, e si caratterizza pertanto come un'originale trattato di retorica. Solamente i poeti di cultura e ingegno elevati sono degni di fare uso del volgare illustre, e solamente nella trattazione di temi elevati: politici, amorosi e morali. La forma più degna per il volgare illustre è quella di maggior nobiltà, cioè la canzone e anche il lessico deve evitare cadute verso il registro umile e restare a livello sublime. Dopo alcune osservazioni sugli elementi costitutivo della canzone il libro si interrompe bruscamente.

ANALISI DEI BRANI CAP.I, 16-19 pagg.204,205,206

Spunti per la riflessione

1 Quali differenze stanno tra il piano intenzionale dell'opera e la sua effettiva realizzazione?
2 Perchè Dante ha scelto il volgare per il Convivio?
3 Chiarisci la differenza tra l'allegoria dei poeti e dei teologi
4 Quali sono i livelli di lettura per un'opera poetica?
5 Quale modello di intellettuale emerge dal brano?
6 Quali differenze emergono tra La Vita Nova e Il Convivio?
7 Definisci la tipologia del pubblico letterario del Convivio

martedì 6 gennaio 2009

Riprendiamo il nostro lavoro, dopo le vacanze natalizie. Bentornati a scuola! la prof.


Il Convivio è un'opera composta da Dante durante l'esilio, tra il 1304 e il 1307. Il termine "convivio" deriva dal latino "convivium" e significa "banchetto".
Lo scopo di questo trattato era di offrire un "banchetto di sapienza" a tutti coloro che non conoscevano il latino nei tempi di Dante, doveva infatti contenere tutto lo scibile umano. Di fatto trattava argomenti politici, filosofici o d'amore affrontati in latino.


Il CONVIVIO (1304-1307 ca.)
  • E' un'opera in volgare di divulgazione dottrinale destinata al ceto politico e sociale emergente nei comuni del tempo, scritta per la formazione di una classe dirigente adeguata ai propri compiti. Il Convivio doveva essere composto di 15 trattati (uno introduttivo e gli altri quattordici a commento ad altrettante canzoni) ma furono portati a termine solo i primi quattro, che avviarono la prosa filosofica in volgare.

La scelta del volgare per un trattato era cosa nuova e funzionale alle finalità e ai destinatari dell'opera, infatti per la prima volta era affermata l'idoneità del volgare a sostituire il latino come lingua della cultura; inoltre Dante, per esporre la complessa materia dottrinale, dovette ricorrere ad una prosa ben diversa da quella poetica della Vita Nuova È la prima delle opere di Dante scritta subito dopo il forzato allontanamento di Firenze. È un prosimetro che tratta dell’amore e del cuor gentile e più generalmente del sapere. È scritta in volgare per essere appunto capita da chi non ha avuto la possibilità in precedenza di conoscere la scienza. L’incipit del Convivio fa capire chiaramente che l’autore è un grande conoscitore e seguace di Aristotele; questi, infatti, viene citato con il termine “Lo Filosofo”. L’incipit in questo caso spiega a chi è rivolta quest’opera e a chi non è rivolta. Coloro che non hanno potuto conoscere la scienza sono stati impediti da due tipi di ragioni:

  • Interne: Malformazioni fisiche, vizi e malizia
  • Esterne: Cura familiare, civile e difetto di luogo di nascita

Dante ritiene beati i pochi che possono partecipare alla mensa della scienza, dove si mangia il “pane degli angeli”, e miseri coloro che si accontentano di mangiare il cibo delle pecore. Dante non siede alla mensa, ma è fuggito da coloro che mangiano il pastume e ha raccolto quello che cade dalla mensa degli eletti per crearne un altro banchetto. A questo convivio saranno invitati solo coloro che sono stati impediti da ragioni esterne, perché gli altri non avrebbero la capacità di capire. L’autore allestirà un banchetto e servirà una vivanda (i componimenti in versi) accompagnata dal pane (la prosa) necessario per assimilarne l’essenza. Saranno invitati a sedersi solo coloro che erano stati impediti da cura familiare e civile, mentre i pigri sarebbero stati ai loro piedi per raccogliere le briciole.


SPUNTI PER LA RIFLESSIONE


1 Quali differenze stanno tra il piano intenzionale dell'opera e la sua effettiva realizzazione?

2 Perchè Dante ha scelto il volgare per il Convivio?

3 Chiarisci la differenza tra l'allegoria dei poeti e dei teologi

4 Quali sono i livelli di lettura per un'opera poetica?

5 Quale modello di inttelettuale emerge dal brano?

6 Quali differenze emergono tra La Vita Nova e il Convivio?

7 Definisci la tipologia del pubblico letterario del Convivio.