Siamo su Dienneti

venerdì 29 febbraio 2008

La mimesi della parlata popolare (Cap.XIV)


"Lo dicevo io,- riprese Renzo:-già le storie si raccontano anche da noi. E poi la cosa parla da sè.Mettiamo, per esempio, che qualcheduno di costoro che voglio dir io stia un pò in campagna, un pò in Milano: se è un diavolo là, non vorrà essere un angiolo qui; mi pare."
Qualunque sia il modo adottato per riportare i pensieri e le parole dei personaggi, al narratore resta ancora una scelta da fare: rispettare la cultura del parlante o filtrare le parole e i pensieri con la propria.
A Renzo non viene risparmiato nulla, nemmeno di presentarsi per il montanaro, per il giovine di campagna che effettivamente è: per come pensa, insomma agisce, beve, parla e sproloquia.Un esempio lo abbiamo nella cura con cui il Manzoni riferisce la sua arringa per la strada, dopo l'assalto alla casa del vicario e l'intervento di Ferrer.Di tale arringa egli riporta tutto, con perfetto stile mimetico( imitativo), strafalcioni compresi.I discorsi di Renzo dunque costituiscono l'aspetto più interessante del capitolo, costruito con la tecnica della scena ed è la giustizia la fonte ispiratrice della sua eloquenza appassionata.
Alla luce del discorso tenuto in strada, Renzo vi sembra un rivoluzionario impegnato ad abbattere il potere costituito oppure un riformatore che aspira a una maggiore democrazia e a una maggiore equità sociale, pur nel rispetto del sistema politico dell'epoca? Spiegate le ragioni della vostra scelta.

GIADA GIUFFRIDA
Renzo con un linguaggio semplice, ricco di termini che, appartengono al registro basso della lingua si fa portavoce della verità. La sua ingenuità, lo spinge a commettere molti errori, di cui egli però non riesce a cogliere la portata, essendo appunto inesperto, il montanaro che si trova per la prima volta in città, e per giunta in una situazione molto particolare e strana. E' proprio in virtù di questa ingenuità che Renzo può rivelarsi assetato di giustizia, portando avanti il suo ideale fondato sul sogno di una società capace di realizzare, attraverso graduali riforme, i principi di libertà per tutti e, quindi, anche per lui.
Resta anche confermato quanto si diceva in precedenza a proposito del rapporto del narratore con Renzo: da un lato una forte spinta di identificazione, grazie a cui Renzo è il portavoce popolaresco dell'ideale di giustizia manzoniano; ma dall'altra la necessità di seguire l'iter di maturazione e di quasi iniziazione del suo personaggio, il quale, proprio per avere ingenuamente detto la verità, dovrà pagare per questo e mettere in campo tutte le sue arti per sottrarsi ad una fine tanto terribile quanto immeritata.
SANDRO DEL POPOLO
salve prof ecco la mia risposta al suo post

Renzo come ci descrive Manzoni è molto ingenuo e purtroppo per lui questa ingenuità lo porta a commettere degli errori che saranno solo fonti di guai. Infatti facendosi portavoce del popolo diviene un uomo desideroso di giustizia, nonostante egli inzialmente avesse deciso di tenersi fuori da questi problemi.
E' da sottolineare che Renzo è particolarmente coinvolto anche a causa delle ingiustizie che ha subito in precedenza da parte di Don Rodrigo ,questo spiega perchè Renzo quando si improvvisa oratore in mezzo alla folla fa sempre riferimento alle sue vicende personali e alle ingiustizie che ha subito.

lunedì 25 febbraio 2008

La poesia è una trascrizione imperitura di fugaci sensazioni. Ed è proprio perché una poesia è “per sempre”, che abbiamo pensato di dedicare una rubrica apposita al “sommo poetare”.
Ugo Foscolo



Né più mai toccherò le sacre sponde
Ove il mio corpo fanciulletto giacque,
Zacinto mia, che te specchi nell’onde
Del greco mar, da cui vergine nacque

Venere, e fea quell’isole feconde
Col suo primo sorriso, onde non tacque
Le tue limpide nubi e le tue fronde
L’inclito verso di colui che l’acque

Cantò fatali ed il diverso esiglio,
Per cui, bello di fama e di sventura,
Baciò la sua petrosa Itaca Ulisse.

Tu non altro che il canto avrai del figlio,
O materna mia terra; a noi prescrisse
Il fato illacrimata sepoltura
Ugo Foscolo

A Zacinto
Metro: sonetto (ABAB, ABAB, CDE, CED). Da notare come le parole-rima delle quartine, tra l'altro di suggestiva congruenza semantica, si ripercuotano variamente in rime interne e assonanze nei primi undici versi.
Scritto tra il 1802 e il 1803 e in quell'anno pubblicato. Il primo sentimento di questo sonetto è il dolore causato dall'esilio e dal rimpianto della propria terra insieme alla coscienza di non potervi più fare ritorno; il dolore scaturisce da una condizione di solitudine che è diventata ormai esistenziale per la mancanza di affetti duraturi che possano permettere la creazione di un focolare domestico. L'esilio apre e chiude il sonetto e la chiusura contiene quel concetto di tomba che diventerà essenziale nei Sepolcri. Zacinto è la patria ideale, che incarna le grandi illusioni dell'uomo: la bellezza, raffigurata da Venere che rese feconde le acque che la bagnano, la poesia raffigurata dal sommo poeta Omero, insieme all'esilio, cui lo stesso poeta è destinato, raffigurato da Ulisse, che però ha il privilegio di ritornare alla sua petrosa Itaca, mentre il poeta sarà sepolto fra genti straniere in una illacrimata sepoltura.
Seguendo la critica idealistica si può affermare che nel sonetto sono presenti in nuce i miti fondamentali della poesia foscoliana (mito inteso come immagini significative, sintesi della vita, degli affetti e delle meditazioni del poeta). E cioè:

- il mito dell'esilio - esilio come rifiuto del poeta di accettare i valori della società in cui viveva, e quindi esilio come rivolta morale contro la società. Ma esilio anche come momento di meditazione.

- il mito del sepolcro- come centro di affetti familiari, simbolo di una corrispondenza d'amore che lega gli uomini attraverso il tempo; illusione della vittoria della vita sulla morte, sopravvivenza delle tradizioni civili di un popolo nella storia.

- il mito della bellezza serenatrice - come bellezza eterna e incorruttibile che per i mortali è alternativa all'angoscia di vivere e dà la possibilità di raggiungere un superiore equilibrio.

- il mito della poesia - come mezzo per tramandare alla generazioni successive i più grandi valori della civiltà umana. Poesia eternatrice quindi dei valori più alti, che oltre a sfidare la morte, sfida anche il tempo.

Ritmo

Il ritmo del sonetto è dato dal sovrapporsi di più piani:
- le rime
- la struttura metrica degli endecasillabi
- la non coincidenza tra enunciati e versi (enjambement, punteggiatura a metà del verso etc.)
- la particolare struttura sintattica che vede sei proposizioni relative concatenate che collegano tra loro, come in un continuum inesauribile, le immagini scaturite dal ricordo infantile del poeta.
v. 3. che tu specchi...
v.4 da cui vergine...
v. 5 e fea quelle isole... (la cui vergine etc.)
v. 6 onde (per cui) non tacque...
v 8 colui che l'acqua...
v. 10 per cui bello...

Figure retoriche

perifrasi: greco mar (Jonio); di colui che l'acque cantò fatali (Omero)
litote - non tacque

Lessico e sintassi

Linguaggio e sintassi della tradizione aulica, complesso nella costruzione (inversioni etc.) e ricco di latinismi e termini letterari.
Esempi - latinismi: vergine (giovane), diverso (che vaga di qua e di là).
Letterari: onde, illacrimata inclito, ove etc.

Individuate il ruolo del poeta espresso nella terzina finale del sonetto
Rintracciate tutte le figure simboliche (ad esempio l'isola, l'acque) presenti nel testo e spiegate il significato.
Individuate le analogie e le differenze che esistono tra l'io lirico(= colui che nel sonetto parla), l'autore reale(=Foscolo) e Omero (="colui che l'acque cantò fatali"), e quelle tra l'io lirico ed Ulisse.
Eseguite gli esercizi pagg.125-126

SAVERIO FERRARA

Cara prof. eccole il mio commento spero che vada bene:

1)Nella terzina finale il poeta parla di se stesso, parla con la sua terra natia dicendole che non tornerà dal suo esilio, che morirà in una terra straniera e sarà sepolto in una tomba su cui nessuno piangerà, lui attribuisce questa sua sorte al Fato che già ha prescritto quello che succederà.

2)Le figure simboliche sono: L’isola, che rappresenta la patria verso cui sia Ulisse che Foscolo cercano di tornare.Vi è una segreta relaziuone tra Zacinto e Venere, sottolineata dalla collocazione dei due nomi all'inizio di verso, dall'enjambement e dal fatto che sia l'isola sia la dea emergono dalle stesse acque." L’acque", rappresenta il mare di cui sia Omero che Foscolo hanno parlato. Petrosa Itaca, serve a far capire che Itaca non era una terra ricca e feconda me lo stesso era importantissima per Ulisse perché era la sua patria.

3)Nella poesia si vengono a creare delle relazioni tra il poeta e le figure di Ulisse e Omero. Foscolo coglie una somiglianza tra il suo esilio e quello di Ulisse ma nota anche che la sua condizione è diversa da quella di Ulisse perché lui è in esilio per propria volontà mentre Ulisse è stato costretto all’esilio dalla sua sorte e da una serie di sfortunati eventi. Allo stesso tempo, Foscolo, si sente come Omero perché entrambi hanno descritto la bellezza di Zacinto e l’esilio di Ulisse.

CONCETTA RUSSO

A Zacinto di Ugo Foscolo
1) Nella terzina finale del sonetto l’esilio di Ulisse, antico eroe greco, richiama quello di Foscolo,al quale però, a differenza del primo, non gli sarà concesso di ritornare nella sua terra natale e si conclude con l’illacrimata sepoltura, che sarà ancora più tragica perché, essendo in terra straniera, non ci sarà per il poeta l’affetto dei propri cari.
2) Le figure simboliche presenti nel testo sono:
_ sacre sponde: l'autore si riferisce alle rive di Zacinto che sono considerate sacre perché vi nacque la dea Venere.
_ fea quell’isole feconde: si riferisce a Venere che rendeva felici le terr con il sorriso.
_inclito verso: si riferisce all’illustre verso di Omero, autore dell’Odissea.
_diverso esiglio: si riferisce all’esilio di Ulisse, che va in tanta direzioni , bello di fama e di sventura: si riferisce ad Ulisse che è nobilitato dalla fama dei suoi viaggi, ma anche dalle sventure che gli sono accadute.
_petrosa: si riferisce a Itaca, terra di Ulisse, che è montuosa.
_mia terra: si riferisce a Zacinto.
_illacrimata sepoltura: è la sepoltura in terra straniera di Foscolo, lontano dai suoi familiari.

3) Le differenze tra Ulisse e Foscolo sono: Ulisse riuscì a ritornare ad Itaca (“baciò la sua petrosa Itaca”) ed era nobilitato dalla fama delle sue imprese e dei suoi viaggi, ma anche dalle sventure sofferte (“bello di fama e di sventure”); mentre Foscolo non tornerà mai a Zacinto (“né mai più toccherò le sacre sponde”) e sarà sepolto lontano dai suoi parenti (“illacrimata sepoltura”).
Il poeta però trova una somiglianza con Omero perché anche lui ha cantato la bellezza di Zacinto e l’esilio di Ulisse.

MANUELA CASELLA

Buona sera prof….sono Manuela…per la prima volta anche io invio il commento… spero che sia corretto tutto quello che ho scritto.

Le figure simboliche presenti nel sonetto “a Zacinto” di Foscolo sono:
-sacre sponde: le coste di Zacinto sono sacre perché vi nacque Venere.
-onde del greco mar: si tratta del mar Jonio.
-Venere: dea della bellezza, dell’amore e della vita.
-isole feconde: le isole del mar Jonio erano rese fertili e belle da Venere.
-limpide nubi: le nuvole candide che riflettono più luminose i raggi del sole.
-le tue fronde: i rami degli alberi.
-colui: cioè Omero, il poeta dell’odissea.
-le acque fatali: le lunghe peregrinazioni sul mar greco volute dal destino
-il diverso esiglio: l’esilio in terre differenti e straniere
-bello di fama e di sventura: Ulisse è glorioso e famoso per le sventure sopportate.
-la petrosa Itaca di Ulisse: arida e pietrosa ma pur sempre cara perché è la sua patria.
-mia terra:l’amata terra del poeta.
-il fato: il destino stabilito dalla morte.
Il tema dominante in questo sonetto è quello dell’esilio forzato dalla sua terra di cui il poeta è costretto.
Zacinto per Foscolo come Itaca per Ulisse: sono delle isole, il luogo dove essi sono nati e hanno trascorso l’infanzia. Il loro esilio però è diverso, Ulisse anche se ha sofferto, è riuscito a ritornare a Itaca dopo 20 anni e quindi conclude il suo errare con un esito positivo, mentre Foscolo, seppur con un doloroso errare, prevede di non poter mai più rivedere la sua amata patria. Nonostante il suo vivere in terra straniera e lontano dagli affetti familiari egli riesce ad accettare in modo composto il suo dolore e il suo destino.

STEFANO CONTI

1) Nelle terzine il poeta parla di se stesso.
L’esilio di Ulisse richiama quella del poeta al quale non sarà concesso di rivedere Zacinto ( la sua terra natale), la lirica si conclude con l’immagine di una morte senza i propri cari, rendendo più tragico e sofferto, il motivo dell’impossibilità del ritorno.

2) Le figure simboliche presenti nel testo sono:
-sacre sponde: perché vi nacque la Dea Venere.
-Fea quell’isole feconde: si riferisce a Venere che rendeva felici le acque con il sorriso e perchè è vista come la natura creatrice che dà la vita.
-inclito verso: è una parola di origine latina che vuol dire “illustre” si riferisce al verso di Omero.
-Petrosa: è riferito ad Itaca perché è una terra montuosa ma cara ad Ulisse perché è la sua patria.
-mia terra: si riferisce alla patria del poeta.
-illacrimata sepoltura: è riferito al poeta che non sarà confortato dalle lacrime delle persone care dopo la morte perché il fato ha stabilito una sepoltura in terra straniera e non confortata dal pianto dei parenti.

3)Le differenze tra Ulisse e Foscolo sono si possono rintracciare nel fatto che Ulisse riuscì a ritornare ad Itaca pur dovendo affrontare pericoli , inoltre era "bello di fama" grazie alle sue imprese e ai suoi viaggi, ma anche alle sue sventure, mentre il poeta non tornerà mai a Zacinto e sarà sepolto lontano dai suoi parenti perché questa è la decisione del fato.Sono invece simili in quanto sia Omero che Foscolo entrambi poeti hanno cantato nei loro versi il rimpianto per la terra natìa.

Buonasera professoressa...siamo LUCIA LA GUZZA e ANTONELLA SALVA', scusi il ritardo...Ecco le nostre risposte:

1) Nella terzina finale del sonetto il poeta parla di sè e rivolgendosi alla sua terra d'origine dice che non tornerà, che i suoi giorni finiranno in una terra straniera e sarà seppellito in una tomba su cui mai nessuno verserà una lacrima, lui assegna questa sua sorte al "destino" che già ha stabilito quello che succederà.

3)Le figure simboliche sono:
-"sacre sponde":perché qui vi nacque la dea Venere.
-"quell’isole feconde": si riferisce a Venere che rendeva fertili quelle terre.
-"inclito verso": si riferisce al verso di Omero.
"petrosa": si riferisce alla terra di Ulisse che è montuosa.
"mia terra": si riferisce alla sua terra natia cioè Zante
-"illacrimata sepoltura": si riferisce alla sorte del poeta , che muorirà lontano dai suoi famigliari e mai nessuno piangerà sulla sua tomba.

3)Nel sonetto si riscontrano relazioni tra Foscolo e Ulisse, le differenze che si rilevano tra i due poeti sono: Ulisse ,nonostante tanti pericoli, alla fine riuscì a ritornare nella sua terra ad Itaca, mentre Foscolo non tornerà mai più a Zacinto e sarà seppellito lontano dai suoi famigliari e attribuisce questa sua sorte al "Fato". Nonostante tutto, il poetaaccetta con dolore questo suo destino.

Tanti saluti, a domani! baci...

MARY PAFUMI
Salve prof sn Mery Pafumi...

Il poeta nella terzina finale si rivolge a Zante, la sua terra natale, dicendo che, di lui resterà solo la poesia, perché lui non tornerà dal suo esilio, ma morirà in una terra straniera dove nessuno piangerà sulla sua tomba.

Le figure simboliche sono:
• Sacre sponde, riferendosi alle rive di Zacinto, considerate sacre perché vi nacque la dea Venere.
• L’isola che rappresenta la patria verso cui Foscolo, ma anche Ulisse, cercano di tornare.
• Diverso esiglio, si riferisce all’esilio di Ulisse, che vaga in tante direzioni.
• Petrosa, cioè Itaca, terra di Ulisse.
• Mia terra, cioè Zacinto.
• Illacrimata sepoltura, cioè la sepoltura che lui dovrà affrontare in terra straniera lontano dai suoi.

Le differenze sono: Ulisse riesce a tornare a Itaca, mentre Foscolo no, Ulisse sarà ricordato per le sue imprese e per i suoi viaggi, ma anche per le sventure, mentre Foscolo sarà sepolto lontano dai suoi parenti.
Il poeta trova una somiglianza tra lui e Omero perché entrambi poeti hanno cantato la bellezza di Zacinto e l'esilio di Ulisse coronato dal ritorno in patria. così egli canta la sua isola , ma non il suo ritorno in patria .

A domani prof...:)
GRIOLI CHARLIE

)Nell'ultima terzina sono riportate le amare riflessioni del poeta sul suo sfortunato destino. Foscolo è condannato ad una illacrimata sepoltura in terra straniera.

2)Nella poesia ricorrono alcuni temi e immagini particolari: in primo luogo l'immagine di Zacinto, la patria del poeta, alla quale questi riferisce espressioni come le "sacre sponde", "le limpide nubi", le "fronde", il vocativo "o materna mia terra" e il verbo specchiarsi, poi viene presentata l'immagine di Venere alla quale il poeta attribuisce termini come "vergine","sorriso" e il verbo "nascere". Ad essa si collega una terza immagine, quella del mito di Ulisse , la petrosa Itaca, patria dell'eroe greco. Infine vi sono le acque che rappresentano il luogo dell'esilio e della sciagura.

3)Nella poesia vi sono delle relazioni tra Ulisse e Foscolo. Tra i temi trattati troviamo anche il tema dell'esilio e dell'amore per la patria, comuni sia al poeta che all'eroe greco che però hanno esiti differenti: a differenza di Ulisse, Foscolo è destinato a non tornare più nella terra natia e di questo viene apprezzato l'orgoglio con cui accetta il suo crudele destino. Un altra relazione poi è quella tra Omero e Foscolo, infatti entrambi hanno cantato la bellezza di Zacinto e l'esilio e successivamente il ritorno in patria di Ulisse.
RICCARDO SPADARO
Salve prof,eccole il mio commento:

1)Il ruolo del poeta nella terzina finale è quella dell'esiliato che, nonostante sia nobilitato dalla fama delle sue imprese e dei suoi viaggi ma anche dalle sventure sofferte come Ulisse a cui lui si paragona, decide di andare in esilio e di morire in terra straniera,dove nessuno della sua terra natìa lo rimpiangerà come d'altronde prevede il suo destino.

2)I luoghi e le figure simboliche principali presenti nella poesia sono le sacre sponde,ovvero Zacinto,l'isola natia dell'autore, Ulisse in esilio dalla sua terra natia Itaca alla quale il poeta Foscolo paragona la sua Zacinto e infine le acque rese feconde dalla dea Venere ill mare a cui fanno riferimento sia Omero che Foscolo.

3)Nella poesia si vengono a creare delle relazioni tra il poeta e le figure di Ulisse e Omero. Foscolo coglie una somiglianza tra il suo esilio e quello di Ulisse ma nota anche che la sua condizione è diversa da quella di Ulisse perché lui è in esilio per propria volontà mentre Ulisse è stato costretto all’esilio dalla sua sorte e da una serie di sfortunati eventi. Allo stesso tempo, Foscolo, si sente come Omero perché entrambi hanno descritto la bellezza di Zacinto e l’esilio di Ulisse.

Spero che le mie risposte siano giuste.Arrivederci,a domani.

MARY LEOTTA

Salve proff=) le lascio il mio commento.
1) Il poeta nella terzina finale del sonetto parla di sè e rivolgendosi alla sua terra d'origine dice che non tornerà dal suo esilio, che i suoi giorni finiranno in una terra straniera e sarà seppellito in una tomba su cui mai nessuno verserà una lacrima. Assegna tutto al "destino" che già ha stabilito quello che succederà.
-----------------------------------
2)Nel sonetto “a Zacinto” di Foscolo le figure simboliche presenti sono:
-sacre sponde: le coste di Zacinto sono sacre perché vi nacque la dea Venere.
-onde del greco mar: si tratta del mar Jonio.
-Venere: dea della bellezza, dell’amore e della vita.
-isole feconde: le isole del mar Jonio erano rese fertili e belle da Venere.
-limpide nubi: le nuvole candide che riflettono più luminose i raggi del sole.
-le tue fronde: i rami degli alberi.
-colui: cioè Omero, il poeta dell’odissea.
-le acque fatali: le lunghe peregrinazioni sul mar greco volute dal destino
-il diverso esiglio: l’esilio in terre differenti e straniere
-bello di fama e di sventura: Ulisse è glorioso e famoso per le sventure sopportate.
-la petrosa Itaca di Ulisse: arida e pietrosa ma pur sempre cara perché è la sua patria.
-mia terra:l’amata terra del poeta.
-il fato: il destino stabilito dalla morte.
In questo sonetto il tema dominante in questo sonetto è quello dell’esilio forzato dalla sua terra di cui il poeta è costretto.
Zacinto per Foscolo come Itaca per Ulisse: sono delle isole, il luogo dove essi sono nati e hanno trascorso l’infanzia. Il loro esilio però è diverso, Ulisse anche se ha sofferto, è riuscito a ritornare a Itaca dopo 20 anni e quindi conclude il suo errare con un esito positivo, mentre Foscolo, seppur con un doloroso errare, prevede di non poter mai più rivedere la sua amata patria. Nonostante il suo vivere in terra straniera e lontano dagli affetti familiari egli riesce ad accettare in modo composto il suo dolore e il suo destino.

----------------------------------
3) Tra Ulisse e Foscolo ci sono molte differenze: Ulisse riuscì a ritornare ad Itaca (“baciò la sua petrosa Itaca”) ed era nobilitato dalla fama delle sue imprese e dei suoi viaggi, ma anche dalle sventure sofferte (“bello di fama e di sventure”); mentre Foscolo non tornerà mai a Zacinto (“né mai più toccherò le sacre sponde”) e sarà sepolto lontano dai suoi parenti (“illacrimata sepoltura”).
Il poeta però trova una somiglianza con Omero perché anche lui ha cantato la bellezza di Zacinto e l’esilio di Ulisse.

Saluti e Baci a domani,Buona serata...
CARMELO BUCALO
1)Foscolo, nella terzina finale, ha un ruolo da protagonista, parla del suo esilio ma in particolare con la sua Terra natia; cita diverse espressioni, l'"illacrimata sepoltura" la più importante, dovuta dal fato che ha stabilito per lui una sepoltura in terra straniera e che non sarà confortata dalle persone da lui care. Ed è proprio la sua Terra che avrà da lui solo il suo canto.

2)Le figure simboliche presenti nel testo sono:
- l'acque. in cui sono incluse le parole "sponde" e "giacque", e sta ad indicare il mare che rispecchia l'isola, e dove nacque Venere;
-"féa quell'isole", riferendosi a Venere che le rendeva vive con il suo sorriso;
-"diverso esilio", paragonato con quello di Ulisse, a differenza del fatto che Ulisse riesce nell'impresa o meglio dire nel rientro in patria mentre Foscolo no;
-"petrosa", Itaca, l'isola di Ulisse detta così essendo roccioso, montuosa;
-"illacrimata sepolura",la sepoltura in terra straniera di Foscolo, illacrimata perchè non sarà confortata dalle lacrime delle persone care.

3)Nel sonetto si vengono a creare dei rapporti tra il poeta e Ulisse e tra il poeta stesso e Omero. Ma per quanto riguarda il primo ci sono alcune differenze da sottolineare: intanto Foscolo accomuna il suo esilio e quello dell'eroe greco, soltanto che la condizione è contraria rispetto a quella di Ulisse (ritorno- non ritorno). Con Omero questo rapporto si basa sul fatto che entrambi hanno cantato la bellezza di Zacinto e parlano dell'esilio, Omero di Ulisse e il suo ritorno, Foscolo del suo e del suo non ritorno.

MANILA TROVATO
Salve prof sono Manila….scusi per il ritardo ma l’importante è: meglio tardi che mai….comunque ecco le mie risposte:

1)il poeta nell’ultima terzina parla di se stesso. Rivolgendosi alla sua terra d’origine, dic che lui non tornerà più dal suo esilio, morirà in una terra straniera e verrà sepolto in una tomba su cui nessuno piangerà. Il poeta attribuisce tutto al Fato che ha già stabilito quello che succederà
2) le figure simboliche che troviamo in questo sonetto sono:
-sacre sponde:le coste di Zacinto, sacre perché vi nacque la dea Venere ;
-fea dell’isole feconde: si riferisce a Venere che con il suo sorriso rendeva le terre felici;
-inclito verso: si riferisce al verso illustre di Omero
-le tue fronde: i rami degli alberi;
-diverso esiglio: si riferisce all’esilio in diverse direzioni di Ulisse diverso è latinismo;
-petrosa: si riferisce alla terra di Ulisse, Itaca;
- mia terra: si riferisce alla sua terra di origine, Zacinto;
-illacrimata sepoltura: è la sepoltura in una terra straniera, lontano dai suoi cari;
-fato: cioè il destino già stabilito.

3)le differenze tra Ulisse e Foscolo consistono in queste riflessioni: Ulisse, dopo aver affrontato molti pericoli, riuscì a tornare nella sua terra, invece Foscolo non ci riuscì e quindi verrà sepolto in una terra straniera lontano dai suoi familiari. Omero e Foscolo entrambi poeti nei loro versi hanno cantato la terra natia e sono accomunati dal tema dell'esilio, Omero con Ulisse , Foscolo l'ha sofferto in prima persona

A domani…
GIADA GIUFFRIDA

“A Zacinto” è un sonetto (ABAB,ABAB,CDE,CED), scritto tra il 1802 e il 1803 e pubblicato lo stesso anno.
Nell’ultima terzina Foscolo parlando di se stesso, si rivolge alla sua terra natia dicendole che non potrà far più ritorno e che il Fato gli prescrisse un’illacrimata sepoltura, cioè una sepoltura senza le lacrime dei suoi cari.
Nel 13° verso con l’espressione “a noi” PLURALIS MAIESTATIS il poeta allarga il discorso a tutta l’umanità, ponendo in risalto la figura del POETA VATE il cui compito si configura come guida civile verso il bene della patria (come Dante).
Foscolo i inizia il sonetto con una negazione: “Ne più mai…”come se il discorso poetico fosse la prosecuzionedi un discorso precedente,formulato tra sè e rimasto in sospeso,Leopardi ama queste sensazioni vaghe e indefinite..
Le altre figure simboliche sono:
-sacre sponde: le coste di Zacinto sono sacre perché vi nacque Venere. Si rifà al mito neoclassico.
-giacque : ritorna alla sua infanzia.
-féa: è un latinismo che significa rendeva.
-l’inclito verso: è una perifrasi usata per indicare Omero.
-rocciosa: la Itaca rocciosa di Ulisse.
-illacrimata sepoltura: tomba senza lacrime.
La tematica, che apre e chiude il sonetto, è l’esilio e la consapevolezza di non tornare più a Zante.
Nella poesia infatti si crea una condizione capovolta rispetto a quella di Ulisse che riuscirà a tornare a Itaca.
YVONNE SGROI
salve prof scusi il ritardo…

1)Nella terzina finale il poeta parla di sè, parla con la sua terra nativa dicendo che non tornerà dall’esilio, che morirà in una terra straniera e sarà sepolto in una tomba su cui nessuno piangerà, egli dice che tutto ciò è stato scelto dal fato(il destino).

2)Le figure simboliche sono: L’isola, che rappresenta la patria. C’ è una relazione tra Zacinto e Venere, che si nota dalla collocazione dei due nomi all'inizio di verso, dall'enjambement e dal fatto che sia l'isola sia la dea emergono dalle stesse acque." L’acque": rappresenta il mare di cui sia Omero che Foscolo hanno parlato. Petrosa Itaca: serve a far capire che Itaca non era una terra ricca e feconda me lo stesso era importantissima per Ulisse perché era la sua patria.

3)Nella poesia si vengono a creare delle relazioni tra il poeta e le figure di Ulisse e Omero. FOSCOLO con ULISSE: ESILIO. Con solo una differenza: Ulisse ritorna in patria, mentre Foscolo non. tornerà mai e ne è consapevole. Allo stesso tempo, Foscolo, si sente come Omero perché entrambi hanno descritto la bellezza di Zacinto e l’esilio.
SANDRO DEL POPOLO

buona sera prof
ecco le mie risposte e mi scuso per il ritardo

1.il poeta,assume il ruolo di una persona infelice, perchè costretta per vari motivi ad esiliare e ad abbandonare la propria terra a cui è affezionato

2.le figure simboliche presenti nel testo sono:
-isola ovvero patria di Foscolo e Ulisse;
-sacre sponde, rive sacre perchè luogo natio della dea Venere
-onde del greco ma = mar Ionio
-il diverso esilio: esilio differente da quello di Ulisse per la nuova destinazione
-bello di fama e di sventura:Ulisse è famoso ma anche sfortunato per le sue peripezie
-petrosa:Itaca città rocciosa di Ulisse
-il fato: il destino superiore
-illacrimata sepoltura: sepoltura che avverrà lontano dalla sua patria e senza l'affetto dei propri cari

3Nell'io lirico, Ugo Foscolo si mette a confronto con le figure e la condizione di vita di Ulisse, cogliendo le somiglianze fra il proprio esilio e quello di Ulisse dalle proprie terre,
nell'autore reale, invece, Foscolo parla di sé accostandosi al poeta greco Omero. Questo accostamento consiste nell'esaltare le loro lodi verso le proprie terre

lunedì 18 febbraio 2008

Donna che si pettina




Donna che si pettina DI GIAMBATTISTA MARINO

Onde dorate, e l’onde eran capelli,
navicella d’avorio un dì fendea;
una man pur d’avorio la reggea
per questi errori preziosi e quelli;

e, mentre i flutti tremolanti e belli
con drittissimo solco dividea,
l’òr delle rotte fila Amor cogliea,
per formarne catene a’ suoi rubelli.

Per l’aureo mar, che rincrespando apria
il procelloso suo biondo tesoro,
agitato il mio core a morte gìa.

Ricco naufragio, in cui sommerso io moro,
poich’almen fur, ne la tempesta mia,
di diamante lo scoglio e ‘l golfo d’oro!

Una serrata trama di metafore forma la struttura del sonetto; si ha la simbologia della navigazione pericolosa e del naufragio d’amore. L'eccesso calcolato delle metafore risulta funzionale a una coerente scelta di stile, esente da quell’accostamento violento fra il piano dei significanti e quello dei significati, in cui tante volte si traduce la ricerca secentesca della “meraviglia”. La principale metafora è quella delle onde dorate che rappresentano i lunghi capelli ondulati e da questa ne discendono moltissime altre. La piccola nave d'avorio rappresenta il pettine e il colore della pelle della mano della donna risplende del candore di questo materiale prezioso.

L’oro dei capelli spezzati dal pettine viene colto da Amore allo scopo di farne catene per rendere schiavi quanti intendono ribellarsi al suo potere. Attraverso quel mare prezioso, che increspandosi apre la sua bionda e ricca materia, causa di tempeste amorose, il cuore del poeta, nella sua navigazione tempestosa, va incontro alla morte. Naufragio ricco e fortunato quello in cui annega, dal momento che, nella sua tempesta, lo scoglio è di diamante, e il golfo è d’oro.


GIADA GIUFFRIDA
La poetica barocca non rispetta più le regole del mondo classico. Anzi, intende consapevolmente violarle in modo da suscitare maggiore meraviglia, giocando sull’effetto di imprevisto. Occorre rompere le regole per venire incontro ai gusti mutati del pubblico. La poetica del Barocco vuole:
- adeguarsi al pubblico e alle mode, adattandosi di volta in volta alle attese dei lettori, al bisogno di novità, alla volubilità del gusto;
- suscitare effetti di stupore e di meraviglia (“E’ del poeta il fin la meraviglia/chi non sa far stupir, vada alla striglia”) sul pubblico.
Insomma, bisogna che il poeta sia in grado di provocare il piacere nel lettore, e la strada per ottenere tale effetto viene vista nella meraviglia che possono produrre le metafore e i concetti. Mentre la metafora istituisce analogie tra campi diversi e lontani, solitamente considerati inconciliabili, il “concetto” (da cui deriva la pratica del concettismo) spiega tali ardite connessioni attraverso una trovata arguta che dà loro un senso. La capacità dell’arguzia deriva dall’ingegno: è dunque squisitamente intellettuale o, addirittura, cerebrale.
Si può dire dunque che il poeta barocco cerca di stimolare nel lettore un piacere eminentemente intellettuale: mira a non fargli sentire particolari sentimenti, ma a farlo pensare a cose nuove, a indurlo a collegamenti strani e bizzarri, provocandogli un piccolo shock, un sobbalzo di stupore o di meraviglia. Se da un alto tale procedimento può peccare di artificiosità, dall’altro può dunque contenere anche una particolare carica conoscitiva. Artificio, concettismo, culto della meraviglia: questi alcuni degli elementi fondamentali della poetica barocca
A conferma di questo, possiamo pensare al principale rappresentante della poetica delle meraviglie: Giambattista Marino. Nella lirica d’amore “Donna che si pettina”, sonetto tratto da Lira ricorre spesso alle metafore e ai giochi di parole. Infatti descrive i capelli della donna paragonandoli a onde dorate e il pettine a una navicella d’avorio. È molto evidente la differenza tra il contenuto e la forma. CONTENUTO : donna nell’atto di pettinarsi. FORMA: esagerata, barocca. Quindi si ha un’esuberanza formale: è presente più la forma che il contenuto.
Questo sonetto è un esempio di poesia barocca!

ANTONELLA SALVA'
Sera prof!!!!!!!!!!!!!!!!

1)Il poeta nel descrivere la donna utilizza immagini che si riferiscono al mare ("navicella d'avorio un di fendea" [...] "e mentre i flutti tremolanti [...])

2)Completando la tabella...
°Capelli:forma-colore-preziosità,"onde dorate";
°Pettine:movimento paragonato ad una navicella, "navicella d'avorio";
°Capelli:movimento-preziosità, "flutti tremolanti e belli";
°Fronte della donna:allude alla fronte pallida della donna, "scogli di diamante"
°Capelli:si riferisce alla grande massa di capelli, "golfo d'oro"

3)Il poeta nel sonetto ricorre alla personificazione:
"Ricco naufragio[...],[...]è 'l golfo d'oro!"

4)Lo schema metrico del sonetto è:
ABBA,ABBA (per le quartine)
CDC,DCD (per le terzine)
5) La poesia "Onde dorate" è stata scritta da GiovaMbattista Marino (1569-1625) ed è contenuta nella raccolta "Lira". Marino è un esponente della lirica barocca, in cui l'elemento centrale è la tecnica. Quest'aspetto emerge nella poesia, dove l'intero componimento si basa sull'accostamento di due situazioni diverse: l'azione di pettinarsi e quella della navigazione. Infatti un'azione che può sembrare ovvia e priva di particolarità, è descritta con figure retoriche e immagini spesso pesanti e ripetitive Con questo Marino dimostra la preparazione tecnica, che quindi lo autorizza a trasgredirle in modo consapevole. Un'altra figura retorica è l'insistita presenza del suono "ORO" in molti vocaboli (amor…error…moro…tesor). L'autore cita molto spesso materiali preziosi, affiancando lo splendore di questi a quello della donna, la cui bellezza viene sottolineata quasi come quella di un gioiello.
Riccardo Spadaro II E

Salve prof ecco qui le mie risposte:
1)Il poeta nel descrivere la donna che si pettina utilizza una serie di immagini che si riferscono al mare: "Onde dorate, e l'onde eran capelli[...]e "i flutti tremolanti"..

2)Completare la tabella:
.°Capelli:forma-colore-preziosità,"onde dorate";
°Pettine:movimento paragonato ad una navicella, "navicella d'avorio";
°Capelli:movimento-preziosità, "flutti tremolanti e belli";
°Fronte della donna:allude alla fronte pallida della donna, "scogli di diamante"
°Capelli:si riferisce alla grande massa di capelli, "golfo d'oro".



3)Il poeta nel sonetto ricorre alla personificazione:
"Ricco naufragio[...],[...]è 'l golfo d'oro!"

4)Schema metrico del sonetto:
ABBA ABBA (per le quartine)
CDC DCD (per le terzine)

5)Io penso che la poesia "Donna che si pettina"sia un'iperbole dall punto di vista delle metafore. Infatti da oggetti comuni l'autore, Giambattista Marino passa a oggetti più complicati,inoltre la poesia stessa risale alla produzione artistico-letteraria del XVII secolo ovvero al periodo del Barocco,in cui appare la poetica della meraviglia, in cui si passa dal gusto dello "strano" alla consapevolezza della fugacità della vita.Inoltre il movimento letterario del Barocco non si sviluppò solo in Italia,ma anche in tutta Europa e questo periodo è caratterizzato anche dalla lirica dell'amore che si popola di una vasta gamma di tipi femminili in cui l'autore fa risaltare le singole parti del corpo femminile e degli oggetti , inoltre viene adottato anche un arrichimento del linguaggio,non tanto a livello lessicale,quanto per quel che riguarda le relazioni inconsuete che il poeta,mediante la metafora,riesce a creare tra i diversi aspetti della realtà . Ad esempio i capelli biondi e ondulati della donna vengono definiti onde dorate,il poeta così facendo trasforma la chioma femminile in un vero proprio mare al quale dà movimento e concretezza visiva fino a desiderare di naufragare in esso.
spero che stavolta le mie risposte siano giuste e mi scuso per gli errori della volta scorsa.

salve prof scusi il ritardo..

1. Marino per descrivere la donna da lui amata fa uso di alcune immagini del mare..

2.
-capelli__forma, colore, preziosità, "onde dorate";
-pettine__movimentoli paragonato ad una navicella, "navicella d'avorio";
-capelli__movimento,preziosità, "flutti tremolanti e belli";
-Fronte della donna:allude alla fronte pallida della donna, "scogli di diamante"
-Capelli:si riferisce alla grande massa di capelli, "golfo d'oro".
3.Lo schema metrico del sonetto è:
ABBA,ABBA (per le quartine)
CDC,DCD (per le terzine)

Yvonne Sgroi II E
Questa è la prima poesia che facciamo dello stile barocco e mi ha suscitato stupore per le metafore che l'autore usa.
Le più evidenti sono:il pettine che viene definito "navicella" e i capelli che sono definiti "onde".

Ill barocco è un movimento culturale-artistico diffuso in Europa tra il Medioevo e l'età moderna (tra la metà del XV e la metà del XVI secolo). In questo periodo si studiano più approfonditamente i classici greci e latini ritrovati nell'impero bizantino. Giambattista marino è il fondatore del movimento "marinismo" che ha teorizzato la poetica della meraviglia nella poesia barocca.Si nota che le metafore a volte sono iperboliche perchè spesso il desiderio di trovare le metafore più bizzarre trasforma la poesia in un gioco intellettualistico freddo e artificioso che sfiora il cattivo gusto.

Mary Leotta II E
buona sera!!
SALVE PROFF......inizio:
1)Il poeta Giambattista Marino usa dei termini come ="Onde dorate, e l'onde eran capelli[...]e "i flutti tremolanti"..per descrive la donna che si pettina protagonista del suo sonetto riferendosi al mare alle sue onde,alle tempeste e ai naufragi!


2)Completare la tabella:
.-Capelli:forma-colore-preziosità,"onde dorate";
-Pettine:movimento paragonato ad una navicella, "navicella d'avorio";
-Capelli:movimento-preziosità, "flutti tremolanti e belli";
-Fronte della donna:allude alla fronte pallida della donna, "scogli di diamante"
-Capelli:si riferisce alla grande massa di capelli, "golfo d'oro".

3)Lo schema metrico del sonetto è:
ABBA,ABBA (per le quartine)
CDC,DCD (per le terzine)

4)La produzione artistica-letteraria del XVII secolo è quasi completamente dominata dal fenomeno del barocco.L'origine della parola è incerta;Barocco sia nel campo letterario,poetico e artistico viene usato in senso dispregiativo:secondo alcuni indicava un tipo di ragionamento artificioso,strano,esagerato e molte volte bizzarro.Io penso che sia così anche nel sonetto di Giambattista Marino "Donna che si pettina" perchè usa delle metafore ingegnose molto esagerate riportando delle cose banali in cose molto esagerate ,addirittura fa il confronto dei capelli sinuosi della donna mettendoli a paragone con le onde del mare.Appunto Marino utilizza un nuovo modo di interpretare la poesia chiamata:poetica delle meraviglie.

Tanti saluti e baci.....spero si sia ripresa dopo il malessere di oggi....

Salve prof. sono Mery Pafumi...

1) Nel sonetto, il poeta Giambattista Marino descrive la donna facendo riferimento al mare(navicella d'avorio un di fondea)


2)Completando la tabella:
.-Capelli:forma-colore-preziosità,"onde dorate";
-Pettine:movimento paragonato ad una navicella, "navicella d'avorio";
-Capelli:movimento-preziosità, "flutti tremolanti e belli";
-Fronte della donna:allude alla fronte pallida della donna, "scogli di diamante"
-Capelli:si riferisce alla grande massa di capelli, "golfo d'oro".



3)Lo schema metrico del sonetto è:
ABBA,ABBA (per le quartine)
CDC,DCD (per le terzine)

4)Il Barocco è un movimento cultarale-artistico diffuso in Europa tra il medioevo e l'età moderna (tra la metà del XV e la metà del XVI secolo). Secondo alcuni, indicava un tipo di ragionamento strano, secondo altri, una grossa e preziosa perla dalla forma irregolare. Un poeta che spicca in questo periodo è Giambattista Marino che si propone soprattutto di stupire il pubblico, ricorrendo a innovazioni tematiche e formali, e per suscitare la meraviglia del lettore descrive con un misto di serietà e di divertimento, aspetti della realtà fino ad allora trascurati dalla poesia. Inoltre per parecchio tempo la cultura barocca è stata giudicata in modo negativo dalla critica per la mancanza di serietà e profondità. Un punto fondamentale resta il fatto del tema dell'amore, ormai consueto in quasi tutte le poesie, arricchito da un linguaggio metaforico. La lirica d’amore si popola di vaste figure femminili: donne bionde, brune, rosse, vecchie, nane, negre ecc. ma si concentra anche sulle parti del corpo femminile e sugli oggetti che esse usano. Alla novità dei contenuti corrisponde un arricchimento del linguaggio per quanto riguarda le relazioni che il poeta, mediante la metafora, riesce a creare tra i diversi aspetti della realtà. Per esempio se i capelli biondi vengono definiti onde dorate, il poeta trasforma la chioma femminile in un vero mare al quale da movimento e concretezza visiva fino a desiderare di naufragare in esso.

A domani
Salve professoressa...ecco le mie risposte...
Lucia La Guzza II E

1)Il poeta nel descrivere la donna si serve di immagini che riguardano il mare.

2)Capelli: forma-colore-preziosità,"onde dorate".
Pettine: materiale-movimento, "navicella d'avorio".
Capelli: movimento-preziosità, "flutti tremolanti".
Fronte della donna: pura-pallida "scogli di diamante".
Capelli: "Golfo d'oro".

3)Lo schema metrico è:
ABBA, ABBA;
CDC, DCD.

4)Leggendo questo sonetto, ho notato bizzaro l'eccessiva esagerazione delle metafore; infatti da semplici oggetti comuni si passa a confronti complicati, questa esagerazione sarà anche dovuta al periodo, poichè si andava affermando il Barocco.
Il Barocco si sviluppò nel XVII secolo, l'origine della parola è incerto: secondo alcuni indicava un ragionamento artificioso e strano; invece secondo altri una preziosa perla di forma irregolare.
Sul piano della letteratura nasce un nuovo modo di intendere la poesia.
Il poeta si propone soprattutto di stupire il pubblico e, per farlo, ricorre a delle innovazioni tematiche e formali.
Si deve appunto a "Giamnbattista Marino" la teorizzazione della poetica della meraviglia. Lui per suscitare la meraviglia del lettore descrive, con un misto di serietà e di divertimento, aspetti della realtà fino ad allora trascurati dalla poesia.
Per parecchio tempo la cultura barocca è stata giudicata negativamente dalla critica che ne ha sottolineato la mancanza di serietà e di profondità, tanto che il termine barocco nel linguaggio comune indica oggetti di cattivo gusto.
Oggigiorno questo periodo della nostra cultura è stato ampiamente rivalutato e nell'ambito artistico-letterario il termine barocco è usato in senso non più valutativo ma neutro, per definire i tratti caratteristici di una civiltà e delle sue manifestazioni culturali.

PS:Spero che questa volta siano giuste, mi scusi tanto per l'errore molto importante della scorsa volta...a domani! Baci..

giovedì 14 febbraio 2008

Fuga del tempo e invito alla gioia.

RIFLESSIONI DI MARCO SIRACUSANO II E
L'invito alla gioia e al godimento della vita è la conseguenza della rapidità dello scorrere tempo.
Questo tema ha affascinato autori di ogni tempo.
Una delle testimonianze più antiche appartiene a Mimnermo(VI secolo a.C.), che paragona la lunga vita dell'uomo al breve ciclo delle foglie .
Gaio Valerio Catullo(84-54 a.C.) dedica parte del componimento a Lesbia, la donna da lui amata, e le ricorda che la vita dell'uomo è destinata a finire; è per questo che bisogna moltiplicare i baci e sfuggire alla fugacità del tempo.
Quinto Orazio Flacco (65-8 a.C.)si rivolge a Leuconoe, una fanciulla che interroga sovente gli oroscopi per sapere qualcosa riguardo il futuro; il poeta la sollecita a vivere con serenità il presente, perchè la vita è una sola e fugge velocemente.

Tra le poesie studiate da noi quest'anno, ad asserire il tema di fuga del tempo e invito alla gioia, è il ''Trionfo di Bacco e Arianna'' di Lorenzo dè Medici.
Lo si può notare infatti dalla ripetizione della frase ''Chi vuol essere lieto sia: di doman non c'è certezza.

martedì 12 febbraio 2008

Percorso poetico: Fuga del tempo e invito alla gioia



Spazio per i vostri lavori


Charlie Grioli II E


Se pensiamo come il tempo ha modificato l'uomo e il suo pensiero attraverso eventi storici e culturali, non riusciamo quasi a credere come certe passioni ed emozioni possano essere immortali e possano essere riportate da autori di diversi periodi uniti dalla stessa sensibilità. Lorenzo De Medici con " Il trionfo di Bacco e Arianna ", Catullo con i versi dedicati a Lesbia e Orazio con i versi rivolti a Leuconoe, affrontano i temi dell'amore , della brevità della vita e dell'avanzare della morte. Due dei tre autori concordano su alcuni aspetti dei temi trattati, infatti sia nella lirica di De Medici che nei versi di Catullo si dice che ogni attimo della vita bisogna viverlo con intensità e con molto godimento. Orazio invece affronta l'argomento con un atteggiamento più riflessivo, infatti nel suo componimento, egli rivolgendosi a Leuconoe dice che la vita si deve vivere giorno per giorno senza pensare che questa possa finire.

buona sera prof! Yvonne Sgroi II E

la fugacità del tempo è un "argomento"che affascinò e continua ad affascinare i poeti di tutti i tempi.
A partire da Catullo (84-54 a.C.), il quale scrisse il "Carme 5". Egli in questa poesia dà peso alla brevità e alla fragilità della vita come la gioventù passi velocemente e alla fugacità dei piaceri amorosi. Catullo dedica la poesia a Lesbia, la donna che ama e che sarà per lui anche motivo di tormento per i tradimenti continui.
U n altro autore latino Orazio (65-68 a.C.), scrisse il "Carpe diem" (che appunto significa "cogli il tempo che sfugge"). In questa poesia ritroviamo il tema del tempo, che scorre veloce e l'invito a cogliere tutto ciò che il presente ci dà. Orazio dedicò la sua poesia a Leuconoe, una donna che si affanna a cercare il proprio destino nell'oroscopo babilonese. Il poeta la invita a vivere serenemente il presente, affidandosi il meno possibile al futuro.Lo ribadirà anche Lorenzo De' Medici,nella sua poesia "Trionfo di Bacco e Arianna", "del domani non c'è certezza". Anch'egli, in questa poesia propone come tematica fondamentale la fugacità della vita ma ricorre al mito per ribadirlo in modo nuovo e originalissimo.E' interessante notare come le tematiche degli autori del passato possano costituire una fonte di ispirazione per gli autori successivi e talvolta possano superare i modelli stessi.

Rossana Zagami II E
La fugacità del tempo è un tema attraversato da molti poeti e la gioia di vivere è l'esortazione a non pensare nè al passato nè al futuro, ma di concentrarsi solo al presente, per potersi godere ogni attimo della vita in ogni sua sfaccettatura, cogliendo ogni attimo, senza farsene scappare alcuno.
Questa tematica viene posta al centro di molte composizioni, forse per lo stato d'animo che riesce a suscitare nell'animo dello scrittore.
Prendiamo in considerazione tre famosissime composizioni di diversi autori: la lirica dello scrittore Lorenzo Dè Medici "Bacco ed Arianna",la poesia di Gaio Valerio Catullo verso l'amata Lesbia e il famoso "Carpe Diem" di Quinto Orazio Flacco.
La prima composizione si rifà al mito, si deduce dalle quattro figure mitologiche: Bacco (Dio del vino), Arianna (figlia di minosse), Sileno (il capo dei satiri)e Mida (il Re della Frigia, che qualunque cosa toccasse si tramutava in oro).
Questi personaggi rappresentano tre temi molto cari alla cultura del '400 temi che risalgono ai modelli della tradizione classica: il tema della giovinezza, il tema della fugacità del tempo e il "carpe diem".
Così Catullo ricorda alla sua amata Lesbia di vivere intensamente ogni attimo della sua vita , con queste testuali parole : "I giorni possono tramontare e risorgere: ma non appena muore la breve luce della nostra vita, una continua, eterna notte ci attende".Bisogna quindi darsi migliaia di baci fronteggiando alla fugacità del tempo.
Anche l'autore Orazio, con il suo Carpe Diem (cogli l'attimo che fugge),si rivolge a Leucanoe, esortandola a vivere con serenità il presente senza domandare agli oroscopi il proprio futuro perchè la vita dell'uomo è breve ed irripetibile, quindi è doveroso viverla intensamente.

P.S.: Spero che sia di suo gradimento. Buona giornata

Bucalo Carmelo II E

Nel corso del tempo, certi sentimenti, stati d'animo, temi e immagini sembrano accomunare diversi poeti appartenenti anche a epoche totalmente differenti. Uno dei motivi che sembra aver particolarmente affascinato autori di tutti i tempi è quello della fugacità del tempo e di conseguenza l'invito alla gioia e al godimento. Lo ritroviamo a distanza di tempo nei poeti latini (Catullo e Orazio), fino a giungere ai poeti della nostra letteratura in particolare Lorenzo il Magnifico.
Catullo prende spunto da questo tema per esortare Lesbia, la donna amata, ad abbandonarsi all'amore e a viverlo intensamente, e reagisce a questa precarietà con il godimento. Pochi decenni dopo, un'altro poeta latino, Orazio, in una sua famosa ode ritorna su questo motivo, ma a differenza di Catullo è più calmo e riflessivo. Egli afferma che ci si può liberare dall'angoscia del futuro cogliendo e gustando il piacere dell'ora presente "carpe diem", vivendo intensamente ogni attimo come se fosse l'ultimo. Lui rivolge questa ode a Leuconoe, una fanciulla che interroga gli oroscopi babilonesi per sapere qualcosa del futuro, e la incita a vivere con serenità il presente senza affidarsi all'incertezza del domani. Questi motivi ripercorrono la ballata di Lorenzo il Magnifico, poeta del fine 400, il quale fonde il tema Oraziano della fugacità e dell'incertezza del futuro con quello Catulliano a gustare intensamente le gioie della giovinezza.

lunedì 11 febbraio 2008

Percorso poetico: Fuga del tempo e invito alla gioia


QUESTA E'
UN'UNITA' in cui, senza fare un insegnamento specifico della letteratura, si incomincia ad introdurla. Per motivare gli studenti, si parte da un testo molto bello che è stato messo in musica da Branduardi. La prima ora
è dedicata alla motivazione ed all'approccio globale del testo. Mediante l'esplicitazione si introducono agli studenti alcune parole senza le quali non è possibile la comprensione del testo: Bacco, Arianna, ninfe, satiretti, Mida.

1. Guarda queste immagini. Insieme ai tuoi compagni prova a descriverle e immaginare una storia.

Dopo aver anticipato la storia di Bacco e Arianna ed aver esplicitato i termini chiave, si prende contatto con il testo.
Caravaggio,
Bacco adolescente,
particolare, Uffizi,
Firenze, 1590-1593
Giulio Carpioni,
Bacco e Arianna,
particolare, Treviso, 2. Ascolta questa canzone, cantata da Angelo Branduardi, e scrivi le parole mancanti. Dopo averla ascoltata una prima volta, prova a rileggere il testo: ti puoi aiutare confrontandolo con la parafrasi.

Michelangelo,
La Sibilla Delfica,
particolare, Palazzi Vaticani,
Volta della cappella Sistina
Roma, 1508-1512. IL TRIONFO DI BACCO E ARIANNA

Quest'è Bacco e Arianna
belli e l'un dell'altro _________:
perché il tempo fugge e inganna,
sempre insieme stan _________.
Queste ninfe ed altre genti
sono allegre _________.
Chi vuol esser lieto sia:
di doman non c'è certezza.

Questi lieti _________
delle ninfe innamorati,
per caverne e per _________
han lor posto cento agguati;
or, da Bacco riscaldati,
ballan, _________ tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Queste ninfe anche _________
da lor esser ingannate;
non può fare _________
se non gente rozze e ingrate;
ora, insieme mescolate,
suonan cantan tuttavia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di _________ non c'è certezza.

Mida vien dietro a costoro:
ciò che tocca _________ diventa.
E, che giova aver tesoro,
s'altri poi _________?
Che dolcezza vuoi che senta
chi ha sete tuttavia?
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Donne e giovinetti amanti,
viva Bacco e viva Amore!
_________ suoni, balli e canti!
Arda di dolcezza il core!
Non fatica! Non dolore!
Ciò __________, convien sia.
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.

Quant'è bella giovinezza
che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
di doman non c'è certezza.
Lorenzo de' Medici detto Il Magnifico

Questi sono Bacco e Arianna belli ed infiammati d'amore l'uno dell'altro: dal momento che il tempo scappa ed inganna, stanno sempre insieme e felici. Queste ninfe ed altre genti sono tuttavia allegre. Chi vuole essere lieto, lo sia: non c'è alcuna certezza del domani.

Questi allegri piccoli satiri innamorati delle ninfe, hanno teso loro cento agguati nelle caverne e nei boschetti; ora, scaldati dal vino di Bacco, tuttavia ballano e saltano. Chi vuole essere lieto, lo sia: non c'è alcuna certezza del domani.

Queste ninfe amano essere ingannate dai satiri; non può rifiutare l'amore se non la gente rozza ed ingrata; ora, mescolate a loro, tuttavia suonano e cantano. Chi vuole essere lieto, lo sia: non c'è alcuna certezza del domani.

Re Mida li segue: tutto ciò che tocca diventa oro. Ma a che serve avere un tesoro, se non si fa la felicità degli altri ? Tuttavia che piacere della riocchezza vuoi che senta uno come Mida, che ha sete perché non può bere: l'acqua si trasforma in oro? Chi vuole essere lieto, lo sia: non c'è alcuna certezza del domani..

Donne e giovani amanti, viva Bacco e viva Amore! Ognuno suoni, balli e canti! Il cuore si infiammi di dolcezza! Nessuna fatica! Nessun dolore! Ciò che deve accadere è bene che accada. Chi vuole essere lieto, lo sia: non c'è alcuna certezza del domani.

Come è bella la giovinezza che comunque se ne va! Chi vuole essere lieto, lo sia: non c'è alcuna certezza del domani.
La lezione continua cliccando in.IT
A questo punto potrete cimentarvi con il percorso...
Carm., I, 11 di Orazio

Tu ne quaesieris (scire nefas) quem mihi, quem tibi
finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios
temptaris numeros. Ut melius quidquid erit pati,
seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,
quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare
Tyrrhenum: sapias, vina liques et spatio brevi
spem longam reseces. Dum loquimur, fugerit invida
aetas: carpe diem, quam minimum credula postero.

Odi, I, 11

Tu non chiedere mai, che non si può, qual destino gli dèi
abbian pronto per me, per te, Leucònoe, né ti curar di oroscopi
babilonesi. Meglio, quel che verrà, prender così com'è.
Se molti inverni dio ci darà, o sarà questo l'ultimo
che spumeggiante scaglia il Tirreno contro le rupi a infrangersi:
metti giudizio, mescimi vino, le tue speranze regola
giorno per giorno. Mentre parliamo, l'ora è già scorsa rapida.
Cogli il tuo tempo; meno che puoi fìdati del domani.


E' questa l'ode in cui forse meglio si armonizzano e si ricompongono in un equilibrio magico diversi temi: il pensiero ricorrente della morte, la presenza di un simposio invernale, il vino e la conversazione con la donna "finchè parleremo avremo l'illusione di fermare il tempo che in realtà nel momento in cui lo viviamo sta già fuggendo". Orazio non dà precetti morali ma in tono colloquiale e sommesso fa una riflessione sull'esistenza: è inutile porsi tante domande, ciò che conta nella vita sono le gioie piccole, i momenti preziosi da cogliere e assaporare nella quotidianità. Il carpe diem appare connesso con il divieto: "non pensare al domani". E' il pensiero della morte, inscindibile da quello del tempo che fugge, che egli cerca di rimuovere.
Passione



-L'ardore della sua passione viene manifestato nel Carme 5 di Catullo attraverso la frase "Dammi mille baci , e ancora cento , dammene altri mille e ancora cento..."

"Vivamus mea Lesbia,atque amemus,

Rumoresque senum severiorum

Omnes unius aestimemus assis.

Soles occidere et redire possunt;

Nobis cum semel occidit brevis lux,

Nox est perpetua una dormienda.

Da mi basia mille, deide centum,

Dein mille altera, dein seconda centum,

Deinde usque altera mille, deinde centum.

Dein, cum milia multa fecerimus,

Conturbabimus illa, ne sciamus,

Aut ne quis malus invidere possit,

Cum tantum sciat esse basiorum."

"Dobbiamo mia Lesbia vivere, amare,

le proteste dei vecchi tanto austeri

tutte, dobbiamo valutarle nulla.

Il sole può calare e ritornare,

per noi quando la breve luce cade

resta una eterna notte da dormire.

Baciami mille volte e ancora cento

poi nuovamente mille e ancora cento,

e dopo ancora mille e ancora cento,

e poi confonderemo le migliaia

tutte insieme per non saperle mai,

perché nessun maligno porti male

sapendo quanti sono i nostri baci".


Il componimento è immaginato in un colloquio a due. Il nome di Lesbia è associato ad un momento di felicità e di abbandono.E un' immagine di quella straordinaria stagione che corrisponde alla pienezza dell'amore. In particolare nella coppia di verbi "vivamus atque amemus" sta l'affermazione di valore di un sentimento che assume un significato importante, tanto più in una società che aveva confinato il sentimento fra i passatempi minori.

Il poeta afferma di non voler tenere in considerazione le dicerie dei moralisti, ma di voler pensare soltanto ai piaceri e all'amore, alle passioni che la vita gli offre. Egli si rivolge direttamente alla sua donna e la invita a non dare ascolto " ai vecchi troppo severi".
clicca qui CATULLO

Eccovi uno schema del lavoro che dovrete svolgere a casa

SCHEMA DEL PERCORSO DIDATTICO


Presentazione del contesto storico-culturale
Lettura e analisi metrica del carme 5 di Catullo
Lettura e analisi metrica dell'ode I,11 di Orazio
Analisi morfo-sintattica e stilistica
Lavoro in gruppi: ipotesi di traduzione
Lavoro in gruppi e approdo a un testo unico
Il tema della fugacità del tempo in Lorenzo il Magnifico,
in Catullo e in Orazio.
Verifica 2 h.

venerdì 8 febbraio 2008

Gli eventi di San Martino (Cap.XIII)


In questo capitolo gli elementi della fabula presentano una struttura semplice:il tempo è il giorno della ricorrenza della fatidica festa di San Martino(11 novembre 1628); lo spazio è la strada della città di Milano in rivolta, ove è situata la casa del vicario di provvisione; la causa della vicenda narrativa è la crisi del pane, ma in suo soccorso giunge come "aiutante" il gran cancelliere spagnolo Antonio Ferrer.
Complessa è invece la struttura significativa dell'intreccio, il cui valore di senso può essere individuato mediante un approccio diretto con il sistema dei personaggi.
Nel capitolo, infatti, entrano in rapporto la folla, il vicario, Renzo e Ferrer:i primi piani sono però riservati a personaggi minori: il vecchio mal vissuto, il cocchiere di Ferrer,l'ufficiale dei micheletti, i quali per un motivo o per un altro entrano nel gioco gestito dai personaggi maggiori.Il narratore affida la sua critica in nome della ragione morale alla lessicalizzazione del discorso, alle varianti terminologiche, alla gradazione semantica delle parole.Si avverte allora il passaggio da vocaboli neutri o avalutativi a vocaboli di significato negativo:da popolo, folla, moltitudine, gente si passa a turba, calca,e massa e poi ancora a masnada, accozzaglia, marmaglia.Nei tempi in cui l'autore scrive o riscrive il suo romanzo un pensatore solitario Soren Kierkegaard (1813-1855), attraverso un percorso intellettuale diverso giunge a conclusioni collimanti.Egli osserva che, una volta, soltanto "il sovrano, l'eletto aveva un'opinione, mentre gli altri non avevano esitazioni nè dubbi sul fatto che non potevano nè dovevano opinioni; adesso ognuno può avere un'opinione, ma a patto di sommarsi numericamente agli altri."

Ora tocca a voi: La frase con cui il narratore commenta l'intervento di Ferrer a difesa del vicario di provvisione (veniva a spender bene una popolarità mal acquistata)implica un giudizio in parte negativo e in parte positivo sul personaggio.
1 Spiegate voi

2 Tracciate un ritratto di Antonio Ferrer, intitolando così il tuo scritto: Antonio Ferrer, un grande attore.

3 Il vecchio malvissuto: analizzate la presentazione di questo personaggio che si pone in antitesi rispetto a Renzo.Perchè?

Come vedete, la folla è vista da Manzoni con sospetto e diffidenza perchè si lascia guidare da istinti irrazionali.Il giudizio di Manzoni offre molti spunti di riflessione sulla attualità , basti pensare a certe manifestazioni collettive, siano esse di tipo politico o sociale o, più semplicemente, legate alle forme del divertimento e del tempo libero.
Esponete in un breve scritto di tipo argomentativo le cause che, a vostro giudizio,
favoriscono l'esplodere dell'aggressività delle masse.

Antonella Salvà II E

Il cardinale Ferrer è un personaggio caratterizzato dalla doppiezza.Il suo ruolo politico è di sostituire don Gonzalo Fernandez de Cordova in sua assenza in veste di Gran Cancelliere, ma in effetti si comporta soprattutto da abile demagogo. Non sembra avere una spiccata abilità politica economicamente valida, in quanto il provvedimento che prende per placare l'irosità del popolo, quello di abbassare il prezzo del pane, viene descritto da Manzoni come il gesto di 'una donna stata giovine che pensasse di ringiovinire alterando la sua fede di battesimo'. È anche vero, tuttavia, che Manzoni lo definisce un 'uomo di carattere' e non cerca di comprendere il ragionamento che sta alla base delle sue decisioni, infatti commenta: 'chi può ora entrare nel cervello di Antonio Ferrer?
La doppiezza di questo personaggio si rispecchia anche sulla folla, le cui grida più frequenti sono 'viva' e 'muoia'. L'azione di demagogo favorevole al popolo appare chiara nella frase 'l'uomo era gradito alla moltitudine, per quella tariffa di sua invenzione così favorevole' al popolo..'gli animi già propensi erano ora ancor più innamorati dalla fiducia animosa del vecchio che, senza guardie, senza apparato, veniva a condurre in prigione il vicario...ora, con quella promessa di soddisfazione, con quell'osso in bocca, s'acquietava un poco.' Non indifferente è la metafora che paragona la folla ad un cane ammansito con un osso, perché rimanda ai tanti valori già attribuiti al termine, che in questo contesto potrebbe facilmente indicare la molteplicità della personalità di Ferrer, che avanza con 'un viso tutto umile, tutto ridente, tutto amoroso.
S'aiutava coi gesti, ora mettendo la punta delle mani sulle labbra, a prendere un bacio che le mani, separandosi subito, distribuivano a destra e a sinistra...' Nell'atteggiarsi tuttavia a tal modo, sussurra in spagnolo 'per la mia vita, quanta gente!'. Come per don Abbondio e l'Azzeccagarbugli, dunque, possiamo individuare anche in Ferrer un uomo che effettua la mistificazione della lingua, che riprenderà anche nelle intimazioni fatte nei confronti del vicario.
Ferrer, dunque, attraversata la folla, che gli parve l'impresa più ardua mai tentata, arriva alle porte dell'abitazione del vicario, e con solennità si lascia acclamare dal popolo, per poi raggiungere l'amico in difficoltà rincuorandolo, in quanto si sarebbe occupato lui della faccenda. Qui è infine palese l'ambivalenza dell'atteggiamento di Ferrer: un politico che fa il gioco dei colleghi, ma che deve tenere a bada il popolo. Unica certezza è che tutte le sue azioni, direttamente o indirettamente, sono al servizio della corona, infatti conclude il capitolo con la dichiarazione 'usted farà quello che sarà più conveniente por el servicio de su magestad'.

sera prof.........

Rossana Zagami II E

Descrizione del cardinal Ferrer:

Ferrer è colui che si propizia il favore del popolo con promesse difficilmente realizzabili; è un testardo eroe severamente condannato per lo scopo che si era prefissato: la salvezza di una vita umana.
Egli è un abile doppiogiochista capace di trasformare una tragedia in farsa, recitando la parte del giudiziere che porta in prigione il "cattivo", salvandolo dalla vendetta del popolo.
Il Manzoni non si espone molto su una figura così equivoca cialtrone o eroe?; il narratore lo descrive con alcuni cenni fisici (è vecchio,ha la testa pelata,indossa la toga..) egli presenta il personaggio in azione, ci mostra l'uomo per quello che è attraverso la gestualità (..un viso tutto umile,tutto ridente,tutto amoroso;...s'aiutava dunque cò gesti,ora mettendo la punta delle mani sulle labbra, a prendere un bacio che le mani,separandosi subito, distribuivano a destra e a sinistra in ringraziamento alla pubblica benevolenza; ora stendendole e movendole lentamente fuori d'uno sportello, per chiedere un pò di luogo; ora abbassandole garbatamente, per chiedere un pò di silenzio...)ma soprattutto attraverso le parole.
Elemento denotativo è ovviamente il bilinguismo: l'italiano con il popolo e lo spagnolo con Pedro, con se stesso e con il vicario.

P.S: Spero che questa descrizione le vada bene!!..buona giornata

Giada Giuffrida II E
Nel XII e XIII cap. ci viene presentato il gran cancelliere Antonio Ferrer (personaggio politico realmente vissuto) reggente del potere a Milano in assenza del governatore, il quale propone di dimezzare per legge il prezzo del pane e di venderlo al prezzo giusto, provvedendo anche ad arrestare il vicario di provvisione. Indubbiamente queste mosse sono dettate maggiormente dal tentativo di ottenere consenso dalla popolazione più che dal tentativo di risolvere il problema: impensabile sperare che funzioni una legge del genere, dove i fornai sono costretti a comprare il grano e a produrre il pane senza un guadagno adeguato. Inoltre, questo personaggio, è presentato da Manzoni in modo ambiguo; ciò è testimoniato dalla sua doppia parlata: l'italiano diventa la lingua del falso Ferrer,quella amico del popolo e difensore della giustizia.La lingua spagnola,riservata ai monologhi, è, invece ,quella che esprime i suoi pensieri volti a sfruttare la popolazione e i suoi timori. Infatti usando la sua doppiezza, è in grado di ingannare persone ingenue ed oneste come Renzo (il quale addirittura arriva a considerarlo suo amico!). Ma Ferrer non si rende conto di aver procurato lui stesso, con la sua irresponsabile demagogia, i tumulti di Milano.
Viene così smascherato il vero volto del potere, la sua ignoranza politica ed economica, la presunzione di poter ingannare il popolo con false promesse, l’assenza di moralità.

La folla,vera protagonista dei due capitoli, lasciata a se stessa, agisce con comportamenti irrazionali, che spesso sfociano nella violenza. Manzoni vede di buon occhio i movimenti popolari, ma secondo lui questi andrebbero guidati dalla borghesia, una borghesia che ne interpreti le esigenze e che indirizzi i movimenti popolari verso gli obiettivi giusti: la borghesia dovrebbe allearsi con i ceti più poveri per rivendicare dei diritti dai ceti più alti, come la nobiltà e il clero,classi sociali ingiustamente privilegiati nel sistema fiscale e non solo.

LUCIA La Guzza II E

venerdì 8 febbraio 2008
Gli eventi di San Martino (Cap.XIII)


In questo capitolo gli elementi della fabula presentano una struttura semplice:il tempo è il giorno della ricorrenza della fatidica festa di San Martino(11 novembre 1628); lo spazio è la strada della città di Milano in rivolta, ove è situata la casa del vicario di provvisione; la causa della vicenda narrativa è la crisi del pane, ma in suo soccorso giunge come "aiutante" il gran cancelliere spagnolo Antonio Ferrer.
Complessa è invece la struttura significativa dell'intreccio, il cui valore di senso può essere individuato mediante un approccio diretto con il sistema dei personaggi.
Nel capitolo, infatti, entrano in rapporto la folla, il vicario, Renzo e Ferrer:i primi piani sono però riservati a personaggi minori: il vecchio mal vissuto, il cocchiere di Ferrer,l'ufficiale dei micheletti, i quali per un motivo o per un altro entrano nel gioco gestito dai personaggi maggiori.Il narratore affida la sua critica in nome della ragione morale alla lessicalizzazione del discorso, alle varianti terminologiche, alla gradazione semantica delle parole.Si avverte allora il passaggio da vocaboli neutri o avalutativi a vocaboli di significato negativo:da popolo, folla, moltitudine, gente si passa a turba, calca,e massa e poi ancora a masnada, accozzaglia, marmaglia.Nei tempi in cui l'autore scrive o riscrive il suo romanzo un pensatore solitario Soren Kierkegaard (1813-1855), attraverso un percorso intellettuale diverso giunge a conclusioni collimanti.Egli osserva che, una volta, soltanto "il sovrano, l'eletto aveva un'opinione, mentre gli altri non avevano esitazioni nè dubbi sul fatto che non potevano nè dovevano opinioni; adesso ognuno può avere un'opinione, ma a patto di sommarsi numericamente agli altri."

Ora tocca a voi: La frase con cui il narratore commenta l'intervento di Ferrer a difesa del vicario di provvisione (veniva a spender bene una popolarità mal acquistata)implica un giudizio in parte negativo e in parte positivo sul personaggio.
1 Spiegate voi

2 Tracciate un ritratto di Antonio Ferrer, intitolando così il tuo scritto: Antonio Ferrer, un grande attore.

3 Il vecchio malvissuto: analizzate la presentazione di questo personaggio che si pone in antitesi rispetto a Renzo.Perchè?

Come vedete, la folla è vista da Manzoni con sospetto e diffidenza perchè si lascia guidare da istinti irrazionali.Il giudizio di Manzoni offre molti spunti di riflessione sulla attualità , basti pensare a certe manifestazioni collettive, siano esse di tipo politico o sociale o, più semplicemente, legate alle forme del divertimento e del tempo libero.
Esponete in un breve scritto di tipo argomentativo le cause che, a vostro giudizio,
favoriscono l'esplodere dell'aggressività delle masse.

Antonella Salvà II E

Il cardinale Ferrer è un personaggio caratterizzato dalla doppiezza.Il suo ruolo politico è di sostituire don Gonzalo Fernandez de Cordova in sua assenza in veste di Gran Cancelliere, ma in effetti si comporta soprattutto da abile demagogo. Non sembra avere una spiccata abilità politica economicamente valida, in quanto il provvedimento che prende per placare l'irosità del popolo, quello di abbassare il prezzo del pane, viene descritto da Manzoni come il gesto di 'una donna stata giovine che pensasse di ringiovinire alterando la sua fede di battesimo'. È anche vero, tuttavia, che Manzoni lo definisce un 'uomo di carattere' e non cerca di comprendere il ragionamento che sta alla base delle sue decisioni, infatti commenta: 'chi può ora entrare nel cervello di Antonio Ferrer?
La doppiezza di questo personaggio si rispecchia anche sulla folla, le cui grida più frequenti sono 'viva' e 'muoia'. L'azione di demagogo favorevole al popolo appare chiara nella frase 'l'uomo era gradito alla moltitudine, per quella tariffa di sua invenzione così favorevole' al popolo..'gli animi già propensi erano ora ancor più innamorati dalla fiducia animosa del vecchio che, senza guardie, senza apparato, veniva a condurre in prigione il vicario...ora, con quella promessa di soddisfazione, con quell'osso in bocca, s'acquietava un poco.' Non indifferente è la metafora che paragona la folla ad un cane ammansito con un osso, perché rimanda ai tanti valori già attribuiti al termine, che in questo contesto potrebbe facilmente indicare la molteplicità della personalità di Ferrer, che avanza con 'un viso tutto umile, tutto ridente, tutto amoroso.
S'aiutava coi gesti, ora mettendo la punta delle mani sulle labbra, a prendere un bacio che le mani, separandosi subito, distribuivano a destra e a sinistra...' Nell'atteggiarsi tuttavia a tal modo, sussurra in spagnolo 'per la mia vita, quanta gente!'. Come per don Abbondio e l'Azzeccagarbugli, dunque, possiamo individuare anche in Ferrer un uomo che effettua la mistificazione della lingua, che riprenderà anche nelle intimazioni fatte nei confronti del vicario.
Ferrer, dunque, attraversata la folla, che gli parve l'impresa più ardua mai tentata, arriva alle porte dell'abitazione del vicario, e con solennità si lascia acclamare dal popolo, per poi raggiungere l'amico in difficoltà rincuorandolo, in quanto si sarebbe occupato lui della faccenda. Qui è infine palese l'ambivalenza dell'atteggiamento di Ferrer: un politico che fa il gioco dei colleghi, ma che deve tenere a bada il popolo. Unica certezza è che tutte le sue azioni, direttamente o indirettamente, sono al servizio della corona, infatti conclude il capitolo con la dichiarazione 'usted farà quello che sarà più conveniente por el servicio de su magestad'.

sera prof.........

Rossana Zagami II E

Descrizione del cardinal Ferrer:

Ferrer è colui che si propizia il favore del popolo con promesse difficilmente realizzabili; è un testardo eroe severamente condannato per lo scopo che si era prefissato: la salvezza di una vita umana.
Egli è un abile doppiogiochista capace di trasformare una tragedia in farsa, recitando la parte del giudiziere che porta in prigione il "cattivo", salvandolo dalla vendetta del popolo.
Il Manzoni non si espone molto su una figura così equivoca cialtrone o eroe?; il narratore lo descrive con alcuni cenni fisici (è vecchio,ha la testa pelata,indossa la toga..) egli presenta il personaggio in azione, ci mostra l'uomo per quello che è attraverso la gestualità (..un viso tutto umile,tutto ridente,tutto amoroso;...s'aiutava dunque cò gesti,ora mettendo la punta delle mani sulle labbra, a prendere un bacio che le mani,separandosi subito, distribuivano a destra e a sinistra in ringraziamento alla pubblica benevolenza; ora stendendole e movendole lentamente fuori d'uno sportello, per chiedere un pò di luogo; ora abbassandole garbatamente, per chiedere un pò di silenzio...)ma soprattutto attraverso le parole.
Elemento denotativo è ovviamente il bilinguismo: l'italiano con il popolo e lo spagnolo con Pedro, con se stesso e con il vicario.

P.S: Spero che questa descrizione le vada bene!!..buona giornata

Giada Giuffrida II E
Nel XII e XIII cap. ci viene presentato il gran cancelliere Antonio Ferrer (personaggio politico realmente vissuto) reggente del potere a Milano in assenza del governatore, il quale propone di dimezzare per legge il prezzo del pane e di venderlo al prezzo giusto, provvedendo anche ad arrestare il vicario di provvisione. Indubbiamente queste mosse sono dettate maggiormente dal tentativo di ottenere consenso dalla popolazione più che dal tentativo di risolvere il problema: impensabile sperare che funzioni una legge del genere, dove i fornai sono costretti a comprare il grano e a produrre il pane senza un guadagno adeguato. Inoltre, questo personaggio, è presentato da Manzoni in modo ambiguo; ciò è testimoniato dalla sua doppia parlata: l'italiano diventa la lingua del falso Ferrer,quella amico del popolo e difensore della giustizia.La lingua spagnola,riservata ai monologhi, è, invece ,quella che esprime i suoi pensieri volti a sfruttare la popolazione e i suoi timori. Infatti usando la sua doppiezza, è in grado di ingannare persone ingenue ed oneste come Renzo (il quale addirittura arriva a considerarlo suo amico!). Ma Ferrer non si rende conto di aver procurato lui stesso, con la sua irresponsabile demagogia, i tumulti di Milano.
Viene così smascherato il vero volto del potere, la sua ignoranza politica ed economica, la presunzione di poter ingannare il popolo con false promesse, l’assenza di moralità.

La folla,vera protagonista dei due capitoli, lasciata a se stessa, agisce con comportamenti irrazionali, che spesso sfociano nella violenza. Manzoni vede di buon occhio i movimenti popolari, ma secondo lui questi andrebbero guidati dalla borghesia, una borghesia che ne interpreti le esigenze e che indirizzi i movimenti popolari verso gli obiettivi giusti: la borghesia dovrebbe allearsi con i ceti più poveri per rivendicare dei diritti dai ceti più alti, come la nobiltà e il clero,classi sociali ingiustamente privilegiati nel sistema fiscale e non solo.
Pubblicato da Maria Allo a venerdì, febbraio 08, 2008
6 commenti:

Anonimo ha detto...

Il cardinale Ferrer è un personaggio caratterizzato dalla doppiezza.Il suo ruolo politico è di sostituire don Gonzalo Fernandez de Cordova in sua assenza in veste di Gran Cancelliere, ma in effetti si comporta soprattutto da abile demagogo. Non sembra avere una spiccata abilità politica economicamente valida, in quanto il provvedimento che prende per placare l'irosità del popolo, quello di abbassare il prezzo del pane, viene descritto da Manzoni come il gesto di 'una donna stata giovine che pensasse di ringiovinire alterando la sua fede di battesimo'. È anche vero, tuttavia, che Manzoni lo definisce un 'uomo di carattere' e non cerca di comprendere il ragionamento che sta alla base delle sue decisioni, infatti commenta: 'chi può ora entrare nel cervello di Antonio Ferrer?
La doppiezza di questo personaggio si rispecchia anche sulla folla, le cui grida più frequenti sono 'viva' e 'muoia'. L'azione di demagogo favorevole al popolo appare chiara nella frase 'l'uomo era gradito alla moltitudine, per quella tariffa di sua invenzione così favorevole' al popolo..'gli animi già propensi erano ora ancor più innamorati dalla fiducia animosa del vecchio che, senza guardie, senza apparato, veniva a condurre in prigione il vicario...ora, con quella promessa di soddisfazione, con quell'osso in bocca, s'acquietava un poco.' Non indifferente è la metafora che paragona la folla ad un cane ammansito con un osso, perché rimanda ai tanti valori già attribuiti al termine, che in questo contesto potrebbe facilmente indicare la molteplicità della personalità di Ferrer, che avanza con 'un viso tutto umile, tutto ridente, tutto amoroso.
S'aiutava coi gesti, ora mettendo la punta delle mani sulle labbra, a prendere un bacio che le mani, separandosi subito, distribuivano a destra e a sinistra...' Nell'atteggiarsi tuttavia a tal modo, sussurra in spagnolo 'per la mia vita, quanta gente!'. Come per don Abbonmdio e l'Azzeccagarbugli, dunque, possiamo individuare anche in Ferrer un uomo che effettua la mistificazione della lingua, che riprenderà anche nelle intimazioni fatte nei confronti del vicario.
Ferrer, dunque, attraversata la folla, che gli parve l'impresa più ardua mai tentata, arriva alle porte dell'abitazione del vicario, e con solennità si lascia acclamare dal popolo, per poi raggiungere l'amico in difficoltà rincuorandolo, in quanto si sarebbe occupato lui della faccenda. Qui è infine palese l'ambivalenza dell'atteggiamento di Ferrer: un politico che fa il gioco dei colleghi, ma che deve tenere a bada il popolo. Unica certezza è che tutte le sue azioni, direttamente o indirettamente, sono al servizio della corona, infatti conclude il capitolo con la dichiarazione 'usted farà quello che sarà più conveniente por el servicio de su magestad'.

sera prof.........

Gli piace il commento???
Antonella Salvà II E
18 febbraio 2008 12.35
Maria Allo ha detto...

Cara Antonella,
La descrizione del personaggio è ottima.Preparati per l'interrogazione....Ciao a domani
La prof
18 febbraio 2008 14.25
Anonimo ha detto...

Descrizione del cardinal Ferrer:

Ferrer è colui che si propizia il favore del popolo con promesse difficilmente realizzabili; è un testardo eroe del dannoso, severamente condannato per lo scopo che si era prefissato: la salvezza di una vita umana.
Egli è un abile doppiogiochista capace di trasformare una tragedia in farsa, recitando la parte del giudiziere che porta in prigione il "cattivo", salvandolo dalla vendetta del popolo.
Il Manzoni non si espone molto sul dubbio della figura di Ferrer visto come un cialtrone o un eroe; il narratore ci descrive alcuni cenni fisici (è vecchio,ha la testa pelata,indossa la toga..)egli presenta il personaggio in azione, ci mostra l'uomo per quello che è attraverso la gestualità (..un viso tutto umile,tutto ridente,tutto amoroso;...s'aiutava dunque cò gesti,ora mettendo la punta delle mani sulle labbra, a prendere un bacio che le mani,separandosi subito, distribuivano a destra e a sinistra in ringraziamento alla pubblica benevolenza; ora stendendole e movendole lentamente fuori d'uno sportello, per chiedere un pò di luogo; ora abbassandole garbatamente, per chiedere un pò di silenzio...)ma soprattutto attraverso le parole.
Elemento denotativo è ovviamente il bilinguoismo: l'italiano con il popolo e lo spagnolo con Pedro, con se stesso e con il vicario.

P.S: Spero che questa descrizione le vada bene!!..buona giornata

Zagami Rossana II E
21 febbraio 2008 4.26
Anonimo ha detto...

Nella figura di Ferrer il Manzoni esprime la sua critica alla politica. Ferrer vive la politica come via per arrivare al successo e questa sua concezione si esprime nella doppiezza del suo carattere ( e metaforicamente delle lingue parlate).Infatti l'italiano diventa la lingua del falso Ferrer,quello amico del popolo e difensore della giustizia. Lo spagnolo,riservato ai monologhi, è invece quello che esprime i suoi pensieri volti a sfruttare la popolazione e i suoi timori. Nel capitolo 13 vediamo perciò questa doppiezza:parla al popolo in italiano promettendo pane e abbondanza, ingannando persone ingenue ed oneste come Renzo e alterna momenti nei quali parla in spagnolo con il suo alter ego Pedro chiedendosi come poter uscire dalla massa di gente che lo accalca,senza scatenare l'ira della massa stessa.
L’ipocrisia di Ferrer e la sua esasperata volontà di ingannare il popolo sono sottolineate dal suo atteggiamento: umile e cortese di fronte alla folla in rivolta, sincero con il vicario e il cocchiere.
Ma Ferrer non si rende conto di aver procurato lui stesso, con la sua irresponsabile demagogia, i tumulti di Milano.
Viene così smascherato in questi due capitoli il vero volto del potere, la sua ignoranza politica ed economica, la presunzione di poter ingannare il popolo con false promesse, l’assenza di moralità.
Manzoni in questi due capitoli, dove la trama del romanzo si intreccia con la storia, ha voluto esprimere il suo ideale di una politica strettamente legata alla morale, diversa da quella del Seicento e, troppo spesso, anche da quella dei nostri tempi.

buona giornata prof.:)
Mery Pafumi 2°E
22 febbraio 2008 7.10
Giada Giuffrida ha detto...

Nel XII e XIII cap. ci viene presentato il gran cancelliere Antonio Ferrer (personaggio politico realmente vissuto) reggente del potere a Milano in assenza del governatore, propone di dimezzare per legge il prezzo del pane e di venderlo al prezzo giusto, provvedendo anche ad arrestare il vicario di provvisione. Indubbiamente queste mosse sono dettate maggiormente dal tentativo di farsi benvolere dalla popolazione più che dal tentativo di risolvere il problema: impensabile sperare che funzioni una legge del genere, dove i fornai sono costretti a comprare il grano e a produrre il pane rimettendoci del denaro. Inoltre, questo personaggio, è presentato da Manzoni in modo ambiguo; ciò è testimoniato dalla sua doppia parlata: l'italiano diventa la lingua del falso Ferrer,quella amico del popolo e difensore della giustizia.Lo spagnolo,riservato ai monologhi, è invece quello che esprime i suoi pensieri volti a sfruttare la popolazione e i suoi timori. Infatti usando la sua doppiezza, è in grado di ingannare persone ingenue ed oneste come Renzo (il quale addirittura arriva a considerarlo suo amico). Ma Ferrer non si rende conto di aver procurato lui stesso, con la sua irresponsabile demagogia, i tumulti di Milano.
Viene così smascherato il vero volto del potere, la sua ignoranza politica ed economica, la presunzione di poter ingannare il popolo con false promesse, l’assenza di moralità.

La folla,vera protagonista dei due capitoli, lasciata a se stessa, agisce con comportamenti irrazionali, che spesso sfociano nella violenza. Manzoni vede di buon occhio i movimenti popolari, ma secondo lui questi andrebbero guidati dalla borghesia, una borghesia che ne interpreti le esigenze e che indirizzi i movimenti popolari verso gli obbiettivi giusti: la borghesia dovrebbe allearsi con i ceti più poveri per rivendicare dei diritti dai ceti più alti, come la nobiltà e il clero, i quali sono ingiustamente privilegiati nel sistema fiscale e non solo.
22 febbraio 2008 10.38
Anonimo ha detto...

Buona sera professoressa...mi scusi tanto per il ritardo...

DESCRIZIONE DEL CARDINALE FERRER:

Il cardinale Ferrer è colui che si dimostra favorevole al popolo con promesse impossibili da realizzare. Manzoni riconosce il coraggio di Ferrer che non esita ad affrontare la moltitudine 'senza guardie' e 'senza apparato', tuttavia in questo personaggio la voce narrante vuol rappresentare soprattutto il comportamento finto, ambiguo e ipocrita di certi politici astuti che si servono del loro prestigio e delle loro cariche per ingannare la folla e per impedire la realizzazione della giustizia, come in questo caso.
L'ipocrisia di Ferrer traspare evidente dal suo atteggiamento, dai suoi gesti (mettendo la punta delle mani sulle labbra, a prendere un bacio che le mani, allontanatosi subito, distribuiva a destra e a sinistra in ringraziamento alla pubblica comprensività) e dalle sue parole(pane, abbondanza; vengo a far giustizia).
Manzoni ci mostra Ferrer con pochi cenni fisici (presentava... un viso tutto umile, tutto ridente, tutto amoroso, anziano, testa pelata e indossava la toga).
Ferrer si comportava in certi aspetti come Don Abbondio perchè quando diceva la verità per non farla comprendere alla folla parlava in lingua spagnola in modo tale che la popolazione non riuscisse a comprenderne il significato.

giovedì 7 febbraio 2008

Ripasso (Cap.XII) LABORATORIO


CONCETTA RUSSO II E

L'origine della carestia

1)La carestia non era cominciata dall’anno precedente perché la popolazione aveva finito tutte le provviste accumulate in quest’anno.
2)Le causa della scarsità del 1628 sono di due tipi: naturali e umane. Quelle naturali sono dovute alla grande siccità mentre quelle umane riguardano la “bella guerra” infatti i contadini dovettero lasciare i propri campi,e, alle truppe spagnole che imposero delle tasse e consumarono le provviste spropositatamente.
3)Manzoni fa riferimento alla guerra che vi fu per la successione del ducato di Mantova.
4)Il doloroso,ma salutevole effetto delle penurie è il rincaro del pane.

L’opinione della folla

5)La gente attribuisce le cause della scarsezza ai fornai.
6)La gente sperava che i magistrati facessero qualcosa per far tornare l’abbondanza, ma i provvedimenti di questi furono soltanto a parole.
7)I magistrati stabilirono il prezzo massimo degli alimenti e punirono chi non volesse vendere il cibo.

L’ arrivo di Renzo

8)Quando arriva Renzo già il tumulto era scoppiato, infatti trova molta agitazione e distruzione tra la popolazione.
7) Renzo sente gridare: “Pane!Pane! Aprite! Aprite!”e altre genti che dicevano:"Viva l'abbondanza! Muoiano gli affamatori! Muoia la carestia! Crepi la provvisione! Crepi la giunta! Viva il pane!"
8) L’annona era l’approvvigionamento, soprattutto di cereali, della città da parte del tribunale di provvisione.
9) Il narratore con "sottigliezze metafisiche” intende dei pensieri di menti acute, ai quali la folla non può arrivare.

Verso il cordusio

10) La folla si spostò verso il Cordusio perché si era sparsa la voce che lì stavano attaccando un altro forno.
11) Dapprima Renzo era incerto se seguire la folla o ritornare al convento, ma poi incuriosito dalla folla, andò anche lui al Cordusio.
12)La "maledetta voce" che scoppia in mezzo alla folla è quella che invitava la folla ad avviarsi verso la casa del Vicario di provvisione, "a far giustizia, e a dare il sacco".

Salve professoressa!scusaci il ritardo...comunque queste sono le nostre risposte al XII capitolo.
LUCIA LA GUZZA E MANUELA CASELLA II E

L'ORIGINE DELLA CARESTIA

1)La carestia non era cominciata l'anno precedente perchè la popolazione si era sfamata con le provviste degli anni prima.

2)Le cause della scarsità del 1628 sono:
-Cause naturali: quelle dovute alla siccità che avevano portato un raccolto povero.
-Colpe degli uomini: quelle che riguardano la "Bella guerra", infatti i contadini dovettero lasciare i loro campi e inoltre le truppe spagnole imposero le tasse.

3)Il narratore fa riferimento alla guerra per la successione del ducato di Mantova.

4)Il "doloroso, ma salutevole" effetto della penuria è il rincaro del pane. Manzoni da una parte è favorevole poichè, con l'aumento del pane, il prodotto diviene più raro e se ne limitano i consumi.
Dall'altra però non lo considera un provvedimento efficace, perche i politici non tengono in considerazione dei bisogni del popolo quando prendono decisioni.

L'OPINIONE DELLA FOLLA

5)La gente non crede che la motivazione sia la scarsezza, quindi accusa i fornai di non voler vendere il pane.

6)La folla desiderava che i magistrati prendessero una decisione seria per far tornare l'abbondanza, ma i loro provvedimenti furono solo a parole.

7)I magistrati stabiliscono il prezzo massimo e puniscono chi rifiuta di vendere il pane.

L'ARRIVO DI RENZO

8)Quando Renzo arriva, il tumulto era già cominciato, infatti trova confusione, agitazione e distruzione tra la folla.

9) Il narratore con "sottigliezze metafisiche" si riferisce con ironia ai sottili pensieri espresse soltanto da menti acute.

VERSO IL CORDUSIO

10)La folla si sposta verso il Cordusio perchè si era sparsa la voce che era iniziato l'assedio ad un altro forno.

11)Renzo era incerto se tornare indietro e raggiungere il convento o seguire la folla. Alla fine prevale la sua curiosità e si avvia verso il Cordusio.

12)La "maledetta voce" che scoppia in mezzo alla folla è quella che la incita ad avviarsi verso la casa del Vicario di provvisione.


A domani!

SIAMO ANCORA NOI :LUCIA LA GUZZA E MANUELA CASELLA
Nel XII capitolo dei promessi sposi, Milano è una città in rivolta .A causa della carestia. Le cause naturali si erano aggiunte alle colpe degli uomini: una grande siccità aveva reso ancora più scarso il raccolto già misero per le molte terre abbandonate dai contadini a causa della guerra per la successione al ducato di Mantova.
In assenza del governatore don Gonzalo, Milano era affidata al gran cancelliere Antonio Ferrer. Egli di fronte alle richieste del popolo reclamava a gran voce contro gli incettatori, ritenuti la vera causa del rincaro del pane così ne riduce drasticamente il prezzo .
La mattina in cui Renzo arriva a Milano, per sedare le proteste,il cancelliere si rende conto " l'essere il pane a un prezzo giusto", e pensa che un suo ordine potesse bastare a produrlo e quindi ne aumenta il prezzo.
Manzoni conosce bene le leggi dell'economia e sa bene che il prezzo non è una variabile indipendente. Quando il prezzo viene "falsato" dal provvedimento del governo, come in questo caso, comporta solo all'intero mercato un risultato negativo. Il libero mercato è un congegno splendido proprio perchè ripiega ogni individualismo al bene di tutti. Nelle parole di AdamSmith la libertà dei commercianti è la più importante arma contro i consumatori e oggi più che mai ne siamo pienamente consapevoli.

ANDREA MUSCOLINO II E

1)la carestia non cominciò l'anno precedente perché la popolazione aveva fatto le provviste di tutto ciò che occorreva e con queste riuscì a sopravvivere

2) Le cause naturali della scarsità del 1628 sono:colpe degli uomini, poiché in preda alla povertà e a causa della "bella guerra", i contadini furono costretti ad abbandonare i poderi incolti,la grande siccità che aveva reso un raccolto misero.
Contribuirono anche le truppe spagnole per il loro comportamento, perché consumavano in modo spropositato le provviste e con le loro tasse.

3-Il narratore fa riferimento alla guerra per la successione al ducato di Mantova.

4-Il "doloroso, ma salutevole" effetto della penuria è il rincaro del pane. Manzoni da una parte, essendo un liberista in economia, e volendo lasciare libera di agire la legge di mercato, è favorevole a questo provvedimento, poichè con l'aumento del prezzo del pane, il prodotto diviene più raro e se ne limitano e consumi e lo "sciupìo". Però dall'altra parte non l oconsidera un provvedimento totalmente efficace, perchè i politici sono comunque degli inetti, che non usano la ragione e non tutelano l'interesse della popolazione quando prendono decisioni.

L'OPINIONE DELLA FOLLA

5-La gente non riesce a credere che la causa sia la scarsezza in sè, ma accusa i fornai pensando che siano proprio questi ultimi a non voler vendere loro il pane.

6) La folla desidera che i magistrati prendano dei provvedimenti per far ritornare l'abbondanza. Questi provvedimenti per i magistrati erano semplici parole, ma non fatti.

7)I magistrati stabiliscono il prezzo massimo degli alimenti e puniscono chi si rifiuta di vendere il cibo. In realtà questi provvedimenti non facevano diminuire tra la folla il bisogno del cibo

8-L'annona indicava l'approvvigionamento, a base soprattutto di cereali, della città. Di ciò se ne occupava il tribunale di provvisione.

9-Il narratore con l'espressione "sottigliezze metafisiche" si riferisce con ironia ai sottili pensieri che possono essere espressi solo da menti acute, e ai quali non può arrivare la folla. Tutto questo perchè la "marmaglia" non poteva arrivare a capire che, con la distruzione dei forni e l oscompiglio generale, non si otteneva il benessere della popolazione e l'abbondanza

10)Perché si era saputo che erano appena scoppiate delle rivolte nel Cordusio ma non era vero

11)Renzo aveva deciso di astenersi da queste rivolte e di non partecipare ma spinto dalla sua forte curiosità segue la folla per saperne di più su cosa stava accadendo

12.La "maledetta voce" che scoppia in mezzo alla folla è quella che la incitava ad avviarsi verso la casa del Vicario di provvisione, "a far giustizia, e a dare il sacco".