Possiamo
definire “I Malavoglia” un romanzo verista. “I Malavoglia” avrebbe dovuto far parte del “Ciclo
dei Vinti”
nel quale Verga voleva rappresentare i desideri che spingevano molti
uomini a mutare stato, a ostinarsi a voler migliorare le proprie
condizioni di vita, insieme a “ Mastro
don Gesualdo”
e altri tre progettati ma mai scritti. Nei Malavoglia viene
rappresentata solo la lotta per i bisogni materiali ma gli altri
romanzi del ciclo avrebbero dovuto assumere via via toni più
alti.
PERSONAGGI
PRINCIPALI:
l’intera famiglia
dei Malavoglia, presentata direttamente dal narratore all’inizio
del romanzo, può essere considerata la protagonista della
narrazione. Questi personaggi sono la personificazione tipologica
della famiglia di pescatori sconvolta dalle disgrazie ma che cerca
sempre di andare avanti a testa alta; il loro spessore psicologico è
dato dalle loro stesse parole attraverso il discorso diretto libero.
La famiglia è paragonata alle dita della mano:
Padron
Ntoni è
il capofamiglia, il più anziano; sa molti proverbi simbolo
della saggezza popolare,. È un uomo caparbio che non rinuncia
mai a fare il suo dovere. Ama il mare e quindi anche il suo mestiere
di pescatore. Inizialmente il narratore non descrive in modo
dettagliato il personaggio, dice solo che è un vecchio curvo,
ma in seguito, quando questi si ammala, lo descrive con maggiore
attenzione, come se attraverso la descrizione fisica emergesse anche
il profilo psicologico e affettivo. Non si oppone alla società
del suo tempo né la subisce, la rispetta con tutte le sue
credenze e tradizioni. Il suo animo da sereno qual è nel primo
capitolo cambia radicalmente nel corso del romanzo a causa delle
disgrazie che egli si trova a dover affrontare: negli ultimi capitoli
ci troviamo davanti ad un uomo stanco della vita che, ormai giunto ad
un’età avanzata, non aspetta altro che la morte.
Bastianazzo
è il figlio di
Padron ‘Ntoni, è definito “ grande e grosso” ma è
un uomo di buon cuore e lavoratore. Muore ancora giovane in mare
nella tempesta in cui è perso il carico di lupini.
La
Longa (Maruzza)
è la moglie di
Bastianazzo, la buona massaia. Si dà da fare per
contribuire al bilancio familiare. La sua serenità svanisce
con la morte prematura del marito e poi del figlio Luca; il dolore
per queste perdite la invecchia precocemente. La sua vita è
spezzata da una grave malattia: il colera.
Ntoni
è il figlio
maggiore di Bastianazzo e Maruzza. È un ragazzo giudizioso,
anche se a volte troppo impulsivo. Col passare degli anni, la sua
voglia di lavorare diventa sempre minore, si ribella alla sua
condizione di miseria e povertà in un modo insolito: smette di
lavorare e va a cercare guai all’osteria e con il contrabbando.
Questa vita lo porterà a scontare cinque anni di galera. Dopo
essere stato rilasciato, lascia il paese d’origine.
Luca
è uno dei
figli di Bastianazzo, “un vero Malavoglia”, di buon cuore come il
padre e giudizioso. Muore prematuramente in guerra.
Mena
che lavorava e
tesseva sempre tanto da essere soprannominata “Sant’Agata”, è
una figlia giudiziosa e riservata. È soprannominata Sant’Agata
per il suo assiduo lavoro al telaio. Dopo la morte della madre sa
educare la sorella minore Lia e mandare avanti la casa.
Le
disgrazie e i dispiaceri la invecchiano assai precocemente: a soli
ventisei anni le sembra già d’essere vecchia.
È
molto influenzata dalla società del suo tempo: decide,
infatti, di non sposarsi con Alfio Mosca, di cui era innamorata,
perché questo avrebbe riportato sulla bocca di tutti la triste
sorte della sorella.
Alessi
rappresenta la
fiducia nel futuro;
è un bravo ragazzo, si dà da fare per tirare su la
famiglia dopo la morte del nonno, del padre, della madre e la
“fuga” di ‘Ntoni. Riesce a riscattare la casa del Nespolo e
ricostruisce la famiglia dei Malavoglia. Sposa una brava ragazza,
Nunziata.
Lia:
la più piccola
della famiglia Malavoglia. Finisce sulle bocche di tutti dopo il
processo del fratello e per questo lascia Aci Trezza. Nessuno avrà
più sue notizie. Solo Alfio Mosca sa la verità.
SECONDARI:
il “secondo
protagonista” del romanzo è l’intero paese, composto di
personaggi uniti da una stessa cultura ma divisi da antiche rivalità,
tipi che parlano e si confondono tra loro creando un effetto corale
che nei primi capitoli quasi disorienta il lettore. La Santuzza,
l’ostessa che simboleggia l’inganno, don
Michele,
il brigadiere corrotto, don
Silvestro,
il segretario che gestisce come una marionetta il sindaco, Alfio
Mosca,
il carrettiere rassegnato al suo destino di lavoratore, Campana
di Legno,
un ricco e avaro signore sono alcuni tra i più importanti. Al
contrario di ciò che si può pensare, anche l’asino di
Alfio Mosca ha un’importanza nell’economia del romanzo. Questo
animale è il simbolo dei vinti, dei poveri che devono soltanto
lavorare per guadagnare una miseria: “Carne d’asino - borbottava
‘Ntoni - ecco cosa siamo! Carne da lavoro!”.
TEMPO
Le
vicende durano circa dieci anni: dal 1865, vale a dire tre anni dopo
la spedizione dei Mille di Garibaldi, al 1875, negli anni
immediatamente successivi all’unità d’Italia. Il tempo del
racconto non è omogeneo: sono frequenti le ellissi e spesso
sono narrate intere giornate. Il ritmo è quindi abbastanza
accelerato, frammentario e solo in alcuni punti è rallentato
da piccole riflessioni e descrizioni. L’elemento dominante è
la scena; di conseguenza tempo del racconto e tempo della storia
coincidono. Sono in sostanza assenti flashback e anticipazioni. Le
indicazioni temporali sono legate solamente alle feste liturgiche e
all’alternarsi delle stagioni, elementi tipici caratterizzanti lo
scorrere del tempo nella cultura contadina.
LUOGHI
L’intero
romanzo è ambientato ad Aci Trezza, piccolo paese
abitato per lo più da pescatori vicino Catania. I luoghi
esistono solo come nomi senza mai diventare oggetto di minuziosa
descrizione. Il paesino ad esempio è inteso come uno
spazio chiuso e unitario dove si svolgono le vicende e al suo interno
vi è una sorta di scenografia fissa di luoghi tipici: la
farmacia, il sagrato della chiesa, la piazza (luogo dei
pettegolezzi), l’osteria dei perdigiorno (luogo di sotterfugi)...
La casa è il centro morale ed economico della famiglia. Il
mare e il cielo con i suoi “Tre re” sono presenze vive e
palpabili che osservano distanti e pacifici le vicissitudini dei
personaggi.
RIASSUNTO
Il
romanzo narra le vicende di una famiglia di pescatori, i Toscano
soprannominati “Malavoglia”, che vive e lavora ad Aci Trezza, un
piccolo paese vicino Catania. La famiglia è nota e rispettata
da tutti e può considerarsi economicamente agiata grazie
soprattutto ai proventi ricavati dalla pesca con la barca chiamata
“Provvidenza”. La loro esistenza felice e tranquilla è
sconvolta da alcuni fatti come la partenza di ‘Ntoni per il
servizio militare, una cattiva annata per la pesca, la necessità
di preparare la dote per la figlia maggiore. Padron ‘Ntoni ritiene
opportuno comprare a credito dall’usuraio zio Crocefisso un carico
di lupini da trasportare in barca per rivenderli in un paese vicino.
Purtroppo una tempesta fa affondare la nave; va perduto così
il carico, muore Bastiano, figlio del capo famiglia Padron Ntoni,
marito di Maruzza e padre di cinque figli: ’Ntoni, Mena, Lia, Luca,
Alessi. Tutti cominciano ad arrabattarsi per saldare il debito dei
lupini perduti ma presto, durante il servizio militare di leva nella
battaglia di Lissa, muore Luca. Distrutti dai dispiaceri, i
Malavoglia non riescono a saldare il debito e così viene tolta
loro la casa di famiglia, detta la “Casa del nespolo”.
Ormai tutto il paese vede di malocchio i Malavoglia che cercano in
tutti i modi lavorare per ottenere i denari per maritare le figlie e
per riacquistare la Casa del Nespolo. A moltiplicare le fatiche
arriva il colera che si porta via la Longa. Patron Ntoni resta così
solo con Alessi e ‘Ntoni a sostenere i nipoti orfani del padre e
della madre. Ntoni, dopo il servizio militare, si dà a
frequentare l’osteria e al contrabbando ma, accoltellata una
guardia doganale, finisce in prigione. La sorellina Lia abbandona il
paese e si dà alla prostituzione in città. Il
conseguente disonore manda a monte il matrimonio tra Mena e compare
Alfio. Il vecchio ‘Ntoni finisce la sua vita in ospedale. Da ultimo
resta così Alessi che, dopo essersi sposato, con l’aiuto
della sorella Mena ricompra la Casa del Nespolo e tenta di
ricostruire l’onore distrutto dei Malavoglia continuando il
mestiere del nonno. ‘Ntoni, uscito di prigione, ritorna a casa ma
capisce di non poter restarvi e si allontana per sempre.
TEMI
I
temi affrontati nel romanzo sono:
La
lotta per i bisogni fondamentali dell’uomo
Il
lavoro
La
fatica incessante per ottenere risultati distrutti poi dalle
disgrazie.
L’attaccamento
alla roba:
è uno degli ideali della popolazione di Aci Trezza. Con roba
intendiamo i beni materiali che la famiglia deve possedere per poter
vivere dignitosamente, e che all'inizio i Malavoglia avevano, quel
tanto che basta per vivere. L'hanno poi perduta con quel carico di
lupini, frutto di una speculazione attuata da Padron 'Ntoni, che,
così facendo, ha avviato la disgrazia della famiglia. In
questo frangente il vecchio patriarca è andato contro alle sue
idee, di non tentare mai la fortuna, di sopportare passivamente, e di
"fare solo il mestiere che sai" (era molto attaccato ai
proverbi), e per questo ha pagato caro. Quando seppe della tragedia
sembrava quasi più disperato per i lupini che per il figlio
Bastianazzo morto in mare.
NARRATORE
E’
onnisciente quindi conosce tutti i fatti e spesso li anticipa, come
nel caso della morte del giovane Luca. Nelle intenzioni del
Verga il romanzo doveva essere uno “studio sincero e appassionato”
su una comunità di pescatori siciliani; quindi parla in terza
persona ed è esterno alla vicenda, infatti non abbiamo alcun
intervento personale da parte dell’autore nella narrazione, non si
fa mai portavoce dei pensieri dei personaggi ma li lascia parlare
liberamente. Appare come un narratore popolare che condivide il modo
di comportarsi, i pregiudizi, la mentalità, la cultura del
mondo di cui parla.
STILE
E LINGUAGGIO
Il
romanzo crea l’illusione che a parlare sia il mondo raccontato.
Verga applica la formula verista, filtra il racconto attraverso i
pensieri e i discorsi dei personaggi; questa è definita la
tecnica del “discorso rivissuto” che dà come conseguenza
un effetto di vivacità. Viene impiegato un registro informale,
popolare tipico della popolazione di Aci Trezza che consiste nell’uso
di espressioni dialettali, ripetizioni, proverbi, similitudini
popolari, modi di dire come ad esempio “ pareva ci fossero riuniti
i buoi della fiera di S. Alfio”, “pareva una gallina quando sta
per far l’uovo”, “pareva ci avesse il diavolo in poppa” e
periodi brevi; il
fatto che sia di cultura popolare è dimostrato dal fatto che
fa riferimenti agli animali d’allevamento, al diavolo come
spauracchio collettivo, al paese con i suoi luoghi e momenti di
ritrovo. Abbiamo quindi una regressione dell’autore al livello
culturale ed espressivo del narratore e dei personaggi. Nella
sintassi dominano il discorso diretto e quello indiretto libero. Il
tempo ha un ordine isocronico: le azioni della fabula scorrono
parallele a quelle dell'intreccio (F=I). Per quanto riguarda la
durata, visto che in tutto il romanzo prevalgono i dialoghi, è
presente la scena, dove il tempo della storia corrisponde al tempo
del discorso (T.S.=T.D.); sono però presenti anche diverse
descrizioni (T.S.=O).
1 commento:
Non ho letto I Malavoglia, ma dalla sua presentazione mi ha colpito una cosa:
l'attaccamento alla roba ,alla materia, preoccuparsi più dei lupini che del figlio, purtroppo si nota anche oggi nella vita reale. In questa fase di svolta epocale, con l’avvento della tecnologia l’anima dell’uomo potrebbe essere cancellata. Il patrimonio familiare è sacro come l’unica fonte di sicurezza su cui l’uomo può dar peso alla sua entità . Già nei testi sacri, Dio è stato simbolicamente rappresentato in una figura d’oro ,prodotto nell’immaginario collettivo che, per essere uomo devi possedere ricchezza, non curandosi della vera ricchezza che un uomo tiene nascosta lì nel profondo del suo cuore, Oggi s' inseguono certezze e non si sa che l’unica certezza è il cuore, Denaro potere e perfomanceS sono SOLO illusioni a cui crediamo di più e in nome di queste disponiamo della flessibilità,della precarietà , mentre quello il motore della nostra entità, il motore della vita non ha ascolto.
Grazie per l’attenzione
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