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sabato 24 maggio 2008


CONCETTA RUSSO
Risposta alla prima domanda
Il cap. XXVIII commenta tre grandi "flagelli" la carestia, la guerra con la calata del Lanzichenecchi e la peste. Il fenomeno della carestia si riallaccia ai capitoli precedenti.
Dopo il tumulto di San Martino a Milano sembrava tornare l’abbondanza alimentare ma questa illusione durò poco: il governo, non avendo mezzi per importare grano a sufficienza, pensò di risolvere la situazione mantenendo basso il prezzo del pane con l'emanazione die leggi , ma ciò portò allo spreco del poco grano che vi era a disposizione. Man mano chiusero le fabbriche e le botteghe. Dappertutto si vedevano persone licenziate, smagrite che chiedevano elemosina. La fame colpiva anche le persone più agiate e i contadini fuggendo dalle loro case giungevano in città con la speranza di trovare asilo e soccorso. I morti per le strade si facevano sempre numerosi ; i soccorsi provenivano da qualche persona generosa e dal cardinale Federigo Borromeo, che incaricò dei giovani preti di portare aiuti e assistenza ai più colpiti.
Una scena simile a questa del XXVIII capitolo l’abbiamo trovata nel IV capitolo, il cui incipit descrive Pescarenico, un paese che sorge sulla riva sinistra dell’Adda. Il cielo è sereno, man mano che il sole si alza dietro il monte si vede la sua luce, un venticello sereno stacca dai rami le foglie secche e brillano le foglie delle viti. Pescarenico appare bello, ma è segnato dalla carestia, infatti per strada si incontrano mendichi laceri e macilenti che tendono la mano per chiedere l’elemosina.
Le cause principali della carestia si riscontrano in due cause: una naturale e una umana. Le cause naturali si erano aggiunte alle colpe degli uomini: una grande siccità aveva reso ancor più scarso il raccolto già misero per le molte terre abbandonate dai contadini a causa della guerra per la successione al ducato di Mantova. Le derrate destinate all’esercito, lo spreco e le razzie delle truppe aggravano ancora di più la situazione , l’irresponsabilità e l’incapacità delle truppe la rendono incandescente.

MIRKO SANGRIGOLI
Salve proff.
Nel XXVIII capitolo, si ci ritrova in una situazione disastrosa. Non si ha modo di portare il grano necessario per la popolazione e si fa ricorso ad un falso aiuto, con dei provvedimenti si abbassa il prezzo del pane, ma ben lungi dal risolvere la situazione, questo metodo porta allo sperpero di quel poco grano che si aveva a disposizione. La situazione costringe molti a chiudere le fabbriche e le botteghe in cui lavoravano, e, per strada, non mancava mai di trovare la gente deperita chiedere la carità, persino i benestanti hanno problemi a causa della fame, e i soli aiuti provengono dal cardinale Borromeo e da qualche sporadica persona generosa. La situazione si incomincia a delineare già molto tempo prima, nel quarto capitolo in cui troviamo lo "stridere" tra un ameno paesaggio e i miserevoli mendicanti, laceri ed affamati.
Una situazione analoga adesso la troviamo a Napoli. Il problema "Rifiuti" fu dichiarato, all'inizio come una banalità, facilmente risolvibile. solo ora, che il problema è diventato così evidente, i fatti vengono descritti più precisamente, e con maggiore veridicità.
buona serata

ROSSANA ZAGAMI
Ecco qui la risposta!!

Nel XXVIII capitolo ricompare il tragico tema della carestia, come abbiamo potuto osservare in alcuni precedenti capitoli.

Nel IV capitolo la carestia viene simboleggiata dalla natura: " la scena era lieta: ma ogni figura d'uomo che vi apparisse rattristava lo sguardo e il pensiero.Ogni tanto s'incontravano mendichi(poveri) laceri e macilenti, o invecchiati dal mestiere, o spinti allora dalla necessità a tender la mano", ciò determina un contrasto tra la natura e gli uomini, in primo luogo troviamo la visione di una natura che denota una scena felice,mentre in contrapposizione a ciò troviamo la figura dell'uomo che separa nettamente la prima impressione lieta della realtà triste e cupa della carestia.
Un altro passo che denota le origini della carestia lo troviamo nel XII capitolo ed è: "Era quello il secondo anno di raccolta scarsa", qui il Manzoni introduce le cause politiche--economiche d di uno dei tre "flagelli" del ' 600: "il guasto e lo sperperio della guerra" per la successione del ducato di Mantova e il rincaro del prezzo della farina e di conseguenza del pane, aggravavano il fenomeno della carestia.
Ma il popolo non crede alla carestia: l'opinione più diffusa era che si trattasse dell'inganno di incettatori, proprietari terrieri e fornai per far alzare il prezzo delle derrate alimentari.La penuria aumentava sempre di più, e il popolo ne attribuiva la causa alla leggerezza dei provvedimenti.
P.S.:Spero che sia corretto!

STEFANO CONTI
Gli inizi della digressione riguardano le cause che hanno prodotto la carestia nel territorio Lombardo e soprattutto a Milano.
Il narratore sottolinea con molta chiarezza anche le colpe del popolo il quale illuso che " l’abbondanza fosse tornata a Milano" consuma senza risparmio " a spese di quel poco grano che pur doveva bastare fino alla nuova raccolta".
Questo è dovuto all’uso delle risorse, infatti, l’abbondanza della farina provoca un calo del prezzo del pane, l’enorme disponibilità produce uno spreco generalizzato e l’inizio della crisi, l’insostenibilità della situazione suggerisce l’utilizzo del risone per il pane di mistura, hanno inizio i fenomeni di accaparramento. Questo tema si trova anche nel 12° e nel 4° capitolo.
Nel 12° capitolo le cause che hanno prodotto un raccolto più misero di quelli precedenti, individuando due motivi: le cattive condizioni climatiche e la responsabilità umana, soprattutto quella dei governatori. Gli effetti: vi è penuria di grano e, di conseguenza, i prezzi salgono, il consumo si riduce e si spreca di meno. Ecco perché il narratore definisce il rincaro "doloroso ma salutevole".
Però l’opinione comune non attribuisce tale fenomeno all’effettiva scarsità del prodotto, ma dà un’altra spiegazione: il grano c’è, tuttavia non se ne vede a sufficienza per il consumo e naturalmente la colpa è di coloro che, pur avendolo, lo nascondono: gli incettatori, i proprietari terrieri e i fornai.
Nel 4° capitolo la malinconia della stagione autunnale conferisce al paesaggio un tono di pacatezza, di serenità, ravvivato dai colori: il rosso delle foglie di vite, il bruno della terra, il bianco delle stoppie, mentre, su tutto, dominano la luce e il sereno del cielo.
L’armonia della natura è incrinata dalla presenza degli esseri viventi; uomini e mendicanti che suscitano pietà, animali scheletriti dalla fame.

GIADA GIUFFRIDA

CAP.28°
Uno dei temi principali del nostro romanzo è la carestia. È già presentata nel 4° capitolo, nel quale la dolcezza del paesaggio, descritto in modo sintetico e misurato, contrasta con il dolore umano, dato dalla presenza di mendicanti affamati e contadini poveri, che scheletriti dalla fame suscitano pietà. Sono tutti segni dell’inizio della carestia. Le cause sono: i raccolti scarsi per motivi climatici e per la responsabilità umana soprattutto quella dei governatori, la guerra in corso per la successione del ducato di Mantova e il malgoverno. Di conseguenza i prezzi del pane salgono, il consumo si riduce perché la gente non ha abbastanza denaro e si spreca di meno. Infatti il rincaro non viene definito “doloroso” ma “salutevole”. Il popolo incolpa i possessori di terre e i fornai e con reazioni istintive e irrazionali assale il forno delle grucce e la casa del vicario di provvisione. Anche nel 28° capitolo il narratore si accinge a rievocare i grandi eventi storici che coinvolgeranno i personaggi del romanzo. Riprendiamo il racconto della storia milanese dal tumulto di San Martino, le condizioni della carestia sono gravissime. Il lavoro è fermo , Milano è ridotta ad un indicibile spettacolo. Ai mendicanti di mestiere si aggiungono i nuovi poveri dei ceti ridotti in miseria: garzoni, operai, servitori licenziati ed anche bravi. Ma il peggiore spettacolo è offerto dai contadini che dalle campagne si riversano nella città, nella speranza di un qualche sussidio o elemosina. Le morti diventano sempre più frequenti. Numerosi sono però anche i segni della carità: sia quella dei singoli, sia quella organizzata dal cardinal Federigo che , i cui preti da lui scelti giravano per la città e soccorrevano i casi più gravi. Ma il bisogno è così diffuso che la carità è costretta a scegliere e non basta a portare un rimedio sufficiente. Il contrasto tra ricchezza e povertà, caratteristico del secolo, è ora attenuato, perché i nobili mantengono solo un’apparenza di parca mediocrità. In tali condizioni si profila il pericolo di contagio. Dopo molte esitazioni viene deciso di concentrare tutti gli accattoni nel lazzaretto, un edificio costruito precedentemente per accogliervi gli ammalati di peste. Quelli che vi entrano volontariamente sono pochi, pertanto si ricorre alla costrizione. Nel lazzaretto le condizioni di sovraffollamento, di mancanza d’igiene e di promiscuità rendono ancora più penosa la convivenza e la mortalità aumenta. Intanto però è pronto il nuovo raccolto: i contadini tornano al loro lavoro, cessa la carestia e la mortalità diminuisce.

MANUELA CASELLA
“La fanciulla scarna….”,la vaccherella magra stecchita….”sono aggettivi che ci indicano quanto fosse grave la situazione,sia per gli uomini che per gli animali,a causa della carestia.Molte le cause:alcune imputabili alla natura, in quanto una grande siccità aveva reso scarso il raccolto per due anni.Altre cause sono imputabili agli uomini, in quanto la guerra per la successione al ducato di Mantova aveva portato molti contadini a dover abbandonare le terre. A questo si aggiungono i saccheggi da parte delle truppe,il disinteresse del governatore don Gonzalo che tutto ingolfato nelle operazioni militari aveva delegato ogni potere a Ferrer. Fu proprio l’incompetenza di questI a rendere disastrosa la situazione alimentare a Milano,in quanto ridusse il prezzo del pane causando uno spreco continuo e imprudente .I fornai ,da parte loro,che avevano pagato il grano al suo prezzo reale,ci rimettevano non ricavando alcun utile per il loro lavoro gravoso.Il popolo,imbestialito per la fame,si ribella e assalta il forno delle grucce,si impadronisce della farina,facendo grande sperpero.Le strade si riempiono di affamati,di operai senza lavoro,di bravi licenziati dai padroni,la miseria e la fame mostrano i loro segni ad ogni angolo,si lotta per un elemosina.Si leva,fra tanta carestia,la mano caritatevole del cardinale Federigo che manda sacerdoti in giro per la città ad aiutare,sollevare,confortare,distribuirecibo,vestiti,denaro.Finalmente la situazione migliora con la nuova mietitura così la carestia finisce.Il messaggio all’umanità è che essa non risparmia nessuno,poveri o ricchi,tutti sono uguali davanti a questa sciagura che mette a nudo le debolezze e le insicurezze dell’uomo,solo la divina Provvidenza regna su tutto.
Salve prof...
ROSARIO BONACCORSI
Le cause della carestia,sono determinate da due fattori:
Uno naturale, dovuto allo scarso raccolto che occupa due anni di lavoro e alla continua contrarietà delle stagioni,che causano così un raccolto ancor più misero del precedente. Questo fenomeno lo si può notare quando "Fra Cristoforo" si avvia verso la casa di Lucia,dove viene evidenziato lo "spoglio" paesaggio naturale,in cui ogni persona appare sola,spenta e piena di tristezza.
Il secondo fattore che causa la"carestia" è determinato dagli uomini.Questi sono i protagonisti dello "sperperio" della guerra e dell'abbondono dei molti terreni incolti e trascurati.
Inoltre questa situazione accentua un comportamento insensato dei soldati che si ribellano per le misere provviste che li portano ad ammalarsi o a morire.
Le conseguenze che comporta questa carestia furono:la penuria e il rincaro del pane, che ebbero effetti devastanti sulla popolazione,la quale diede la colpa di questi fenomeni, ai possessori di terre e ai fornai,implorando provvedimenti ai magistrati.La popolazione così si ribella e assale i forni rubando il pane.
Buonasera prof.

RICCARDO SPADARO

Salve prof,
ecco qui la mia risposta.
Nel XXVIII capitolo ricompare il tragico tema della carestia, come abbiamo potuto osservare in alcuni precedenti capitoli come il quarto e il dodicesimo dove viene rappresentato un paesaggio spoglio con le persone dei dintorni magre e povere agli occhi di padre Cristoforo. Infatti in questi capitoli le cause della carestia secondo il Manzoni sono date da due fattori,uno naturale evidenziato dal secondo anno di raccolta scarsa delle messI del 1628 che risulta più misera alla precedente e in parte per maggior contrarietà delle stagioni, l'altro fattore,causa di carestia viene data alla colpa degli uomini come il guasto e lo sperperio della guerra di quell'anno .Infatti le persone ,essendo impegnate in guerra ,sono costrette a lasciare i propri poderi che rimangono incolti e abbandonati,ma la carestia è causata anche dal comportamento insensato delle truppe di occupazione e le provviste per l'esercito che toglievano quindi alla popolazione il poco cibo rimasto .Le conseguenze invece che si ebbero da questa carestia furono il rincaro del pane e la penuria con effetti negativi sulla popolazione; infatti la stessa dando la colpa della penuria e del rincaro del pane agli incettatori di grano e ai fornai e implorando provvedimenti dai magistrati accorrono subito ai forni a chiedere il pane al prezzo tassato riempiendo la piazza e le strade trasportando con rabbia comune aizzata dai furbi che bloccano i garzoni e assaltono il forno delle grucce mettendolo sottosopra.

SANDRO DEL POPOLO

salve prof,
ecco i miei due commenti sulle sue domande.

1)Durante la prima fase del racconto in particolare nel IV capitolo quando Manzoni fa il primo riferimento alla brutta situazione del tempo. Il tempo scelto da Manzoni in cui collocare questa storia è il periodo della carestia.E' il frate che focalizza la scena , la sua carità e la sua partecipazione alle sofferenze degli esseri viventi, uomini e mendicanti che suscitano pietà, animali scheletriti dalla fame gli consentono di focalizzare i segni della carestia e di mettere in risalto il paesaggio scarno e arido dovuto alla scarsità dei raccolti. L'intera situazione sarà meglio analizzata nel capitolo XII,dove la situazione è insostenibile perchè il popolo è in serie difficoltà e questa insofferenza genera varie rivolte. Inoltre sono analizzate le cause, tra le quali "La maggior contrarietà delle stagioni" cioè scarsi raccolti. A questo aggiungiamo i soldati che quando entravano nelle città le depradavano come sostiene Manzoni "i provvedimenti, per quanto siano gagliardi, non hanno virtù di diminuire il bisogno del cibo".Le conseguenze di questa crisi sono visibili in qualche capitolo più avanti. Precisamente nel capitolo XVII,dove con similitudini il Manzoni,attraverso Renzo,analizza il paesaggio. Infatti Renzo osserva:"Non vi è nè un gelso,nè una vite,nè altri segni di coltura umana. Inoltre egli prova indignazione per l'evoluzione che ha avuto questa crisi,la quale fa vivere tanto male la gente perchè non permette loro di sfamarsi.

2)La tematica della carestia del '600 nel romanzo è, purtroppo,un problema di attualità. Infatti, nonostante tutte le buone opere e le missioni sacerdotali nei paesi del terzo mondo, questi problemi sono presenti e tante persone muoiono di fame. Proprio come nel romanzo si riscontrano anche oggi problematiche sia ambientali in particolare l'aridità del terreno che rende aridi i raccolti sia le precarie condizioni igieniche che favoriscono l'insorgenza delle malattie in molti paesi.La commozione del narratore si accompagna alla denuncia polemica degli errori dei governanti e il tono della narrazione si mantiene volutamente descrittivo, cronachistico e collegano i fatti agli effetti devastanti delle scelte politiche ingiuste.








4 commenti:

stefano ha detto...

Gli inizi della digressione riguardano le cause che hanno prodotto la carestia nel territorio Lombardo e soprattutto a Milano.
Il narratore sottolinea con molta chiarezza anche le colpe del popolo il quale illuso che " l’abbondanza fosse tornata a Milano" consuma senza risparmio " a spese di quel poco grano che pur doveva bastare fino alla nuova raccolta".
Questo è dovuto all’uso delle risorse, infatti, l’abbondanza della farina provoca un calo del prezzo del pane, l’enorme disponibilità produce uno spreco generalizzato e l’inizio della crisi, l’insostenibilità della situazione suggerisce l’utilizzo del risone per il pane di mistura, hanno inizio i fenomeni di accaparramento. Questo tema si trova anche nel 12° e nel 4° capitolo.
Nel 12° capitolo le cause che hanno prodotto un raccolto più misero di quelli precedenti, individuando due motivi: le cattive condizioni climatiche e la responsabilità umana, soprattutto quella dei governatori. Gli effetti: vi è penuria di grano e, di conseguenza, i prezzi salgono, il consumo si riduce e si spreca di meno. Ecco perché il narratore definisce il rincaro "doloroso ma salutevole".
Però l’opinione comune non attribuisce tale fenomeno all’effettiva scarsità del prodotto, ma ne dà un’altra spiegazione: il grano c’è, tuttavia non se ne vede a sufficienza per il consumo. È naturalmente prendersela con coloro che, pur avendolo, lo nascondono: gl’incettatori, i proprietari terrieri e i fornai.
Nel 4° capitolo la malinconia della stagione autunnale conferisce al paesaggio un tono di pacatezza, di serenità, ravvivato dai colori: il rosso delle foglie di vite, il bruno della terra, il bianco delle stoppie, mentre, su tutto, dominano la luce e il sereno del cielo.
L’armonia della natura è incrinata dalla presenza degli esseri viventi; uomini e mendicanti che suscitano pietà, animali scheletriti dalla fame.

Anonimo ha detto...

“La fanciulla scarna….”,la vaccherella magra stecchita….”sono aggettivi che ci indicano quanto fosse grave la situazione,sia per gli uomini che per gli animali,a causa della carestia.Molte le cause:alcune imputabili alla natura in quanto una grande siccità aveva reso scarso il raccolto per due anni.Altre cause sono imputabili agli uomini, in quanto la guerra per la successione al ducato di Mantova aveva portato molti contadini a dover abbandonare le terre. A questo si aggiungono i saccheggi da parte delle truppe,il disinteresse del governatore don Gonzalo che tutto ingolfato nelle operazioni militari aveva delegato ogni potere a Ferrer. Fu proprio l’incompetenza di questo a rendere disastrosa la situazione alimentare a Milano,in quanto ridusse il prezzo del pane causando uno spreco continuo e imprudente .I fornai ,da parte loro,che avevano pagato il grano al suo prezzo reale,ci rimettevano non ricavando alcun utile per il loro lavoro gravoso.Il popolo,imbestialito per la fame,si ribella e assalta il forno delle grucce,si impadronisce della farina,facendo grande sperpero.Le strade si riempiono di affamati,di operai senza lavoro,di bravi licenziati dai padroni,la miseria e la fame mostrano i loro segni ad ogni angolo,si lotta per un elemosina.Si leva,fra tanta carestia,la mano caritatevole del cardinale Federigo che manda sacerdoti in giro per la città ad aiutare,sollevare,confortare,distribuire cibo,vestiti,denaro.Finalmente la situazione migliora con la nuova mietitura così la carestia finisce. L’insegnamento all’umanità è che essa non risparmia nessuno,poveri o ricchi,tutti sono uguali davanti a questa sciagura che mette a nudo le debolezze e le insicurezze dell’uomo,solo la divina Provvidenza regna su tutto.
DISTINTI SALUTI…
CASELLA MANUELA!!!

Sandro ha detto...

salve prof,
ecco i miei due commenti sulle sue domande.

1)Durante la prima fase del racconto in particolare nel IV capitolo quando Manzoni fa il primo riferimento alla brutta situazione del tempo. Il tempo scelto da Manzoni in cui collocare questa storia è il periodo della carestia.In questo capitolo l'autore attraverso gli occhi di Padre Cristoforo,mette in risalto il paesaggio scarno e arido dovuto alla scarsità dei raccolti. L'intera situazione sarà meglio analizzata nel capitolo XII,dove la situazione è insostenibile perchè il popolo non ne può più e questa intolleranza genera varie rivolte. Inoltre sono analizzate le cause, tra le quali abbiamo come dice Manzoni:"La maggior contrarietà delle stagioni" cioè scarsi raccolti. A questo aggiungiamo i soldati che quando entravano nelle città le depradavano e "i provvedimenti, per quanto siano gagliardi, non hanno virtù di diminuire il bisogno del cibo".Le conseguenze di questa crisi sono visibili in qualche capitolo più avanti. Precisamente nel capitolo XVII,dove con similitudini il Manzoni,attraverso Renzo,analizza il paesaggio. Infatti Renzo osserva:"Non vi è nè un gelso,nè una vite,nè altri segni di coltura umana. Inoltre egli prova indignazione per l'evoluzione che ha avuto questa crisi,la quale fa vivere tanto male la gente perchè non permette loro di sfamarsi.

2)Ciò che il Manzoni mette in risalto della carestia del '600 nel romanzo è,purtroppo,un problema di attualità. Infatti,nonostante tutte le buone opere e le missioni sacerdotali, nei paesi del terzo mondo questi problemi sono presenti e tante persone muoiono di fame. Proprio come nel romanzo vi sono varie similitudini. In particolare 2:l'aridità del terreno che rende aridi i raccolti e la figura dei soldati che nei giorni nostri è interpretata da banditi che in questi paesi avvolte ostacolano l'arrivo in villaggi di cibo e medicinali.

Anonimo ha detto...

Spinella Davide

ecco le rispote alle quattro domande sul capitolo XXX e XXXIII
dei Promessi Sposi:

1)Descrivete brevemente la vita dei rifugiati nel castello dell'innominato.

2)La guerra: individuate i passi del capitolo nei quali questo tema compare con più efficacia.

3)Don Rodrigo è colpito dalla peste che cosa ci dice il narratore delle sue condizioni fisiche e psicologiche?

4)Riassumi i fatti più importanti in questi due capitoli in forma di schema cronologico del diffondersi dell'epidemia.

1) Don Abbondio Agnese e Perpetua arrivano così al castello dell'innominato per trovare riparo dalla avanzata dell'esercito dei lanzichenecchi per la guerra che stava incombendo nel luogo. Dentro al castello comunque la situazione era normale, si stava bene e ben protetti dal mondo esterno, tuttavia Agnese e Perpetua per non mangiare il pane gratis si davano da fare lavorando al castello e Don abbondio viveva in compagnia della sua paura per ciò che succedeva fuori.

2)La vera guerra si fa vedere quando i tre escono dal castello per recarsi alle proprie case e vedono dalla carozza, la distruzione che la guerra aveva portato: nella campagna vigne spogliate, non dalla vendemmia ma come se ci fosse passato sopra un esercito, detriti fra le strade, alberi caduti ecc. in città cancelli portati via, puzza, case aperte e derubate, porte e finestre distrutte e al passaggio della carozza mani tese alle finestre che chiedevano l'elemosina. Tanto meglio non era la situazione dei tre tornando a casa, che per la sua condizione e la puzza il frate e Perpetua non potevano abitarci e prima di sistemarla avevano dovuto accamparsi fuori, era andata un pò meglio per Agnese che comunque come diceva lei è caduta in piedi.

3)A causa della guerra quindi era entrata la peste, non solo in città ma anche in una buona parte d'Italia così oltre a migliaia di malati anche don Rodrigo era stato contaggiato da essa, perciò si sentiva molto stanco ma nonostante ciò non riusciva a dormire, faceva strani pensieri e incubi poi sentì dolore e appena vide la parte in cui sentì il dolore vide un gran livido e così si accorse che aveva la peste, e lo invase il terrore della morte.

4)nei due capitoli le parti più importanti sono:
1)l'avvenimento dei tre al castello e la loro permanenza, nel frattempo fuori dal castello incombeva la guerra;
2)il ritorno dei tre alle proprie case e la condizione di ciò che ne è rimasto della città;
3)l'arrivo della peste in gran parte d'italia a causa della guerra;
4)i tantissimi ammalati di Milano nel Lazzaretto e nel frattempo la città rimane vuota vittima di furti e stupri;
5)il contagio per don Rodrigo della peste e la morte del conte Attilio anch'esso di peste.