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giovedì 22 aprile 2010

GALILEO E PASCAL




GALILEI aveva difeso fino in fondo la fiducia nella ragione e aveva ritenuto che la scienza potesse aiutare l'uomo a liberarsi dalle angosce della vita.


Al contrario PASCAL giunge a ritenere che l'atto supremo della ragione sia riconoscere la propria impotenza dinanzi al mistero dell'universo e che il dominio della scienza sia ristretto alla risoluzione dei problemi tecnici che non conducono l'uomo a una maggiore serenità.

INTERPRETARE


1.Spiegate con parole vostre , ma ricorrendo a precisi riferimenti al testo,quale rapporto Galilei stabilisce fra intelligenza umana e quella divina. (Testo di riferimento pag. 174)

2.Riflettete sul concetto della ragione così come emerge da" Pensieri "di Pascal e cercate di spiegare con parole vostre, ma ricorrendo a precisi riferimenti al testo,per quali motivi e in quali termini Pascal perse interesse per la scienza.( testo di riferimento pag 184)

6 commenti:

Anonimo ha detto...

1.Galileo Galiei, scienziato italiano, afferma che per arrivare a delle certezze assolute, bisogna ricorrere alla matematica. La formalizzazione dell’esperienza, avviene attraverso la matematica che da un lato mette in risalto le proprietà geometriche, dall’altro ne seleziona alcuni ritenuti fondamentali. Galileo non ritiene che la spiegazione scientifica comporti un’affermazione vera, ma la considera solo una spiegazione soddisfacente. Galileo dice che se la conoscenza è nulla rispetto alla sapienza divina, rispetto ad una sola legge coincide con quella di Dio, grazie appunto alla matematica e alla fisica. A questo proposito analizziamo un brano: “Tanto inferiore, eppure tanto simile a Dio”, tratto dalla sua opera: “dialoghi sopra i due massimi sistemi del mondo”. Qui vediamo come Galilei, attraverso il personaggio di Salviati, ci fa capire l’importanza del metodo scientifico, che è l’unico che ci garantisce la fondatezza della conoscenza. Introduce l’idea che l’universo sia interamente regolato dalle stesse leggi e formato dalla stessa materia, respingendo il principio aristotelico della divisione fra realtà terrestre e realtà celeste.
2.Pascal, nel testo: “la vertigine degli spazi infiniti”, tratto dalla sua opera: “Pensieri”, si chiede il perché lui si trova in questo mondo, in questa posizione, circondato da questi esseri. L’uomo si vede come sperduto in questo angolo della natura e da quest’angusta prigione dove si trova, cioè l’universo, impari a stimare nel giusto valore la terra, le città e se stesso. A questo punto si chiede: , la risposta è che l’uomo è nulla rispetto all’infinito, un tutto rispetto al nulla, qualcosa di mezzo tra il tutto e il nulla. L’uomo in questa vita è vittima della noia, cioè un uomo pieno di riposo, senza pensieri, senza svaghi ecc ecc. egli quindi sente la sua nullità, il suo abbandono. Pascal dice che l’uomo è una canna leggerissima, ma è una “canna pensante”(a questo proposito si rifà a Cartesio), cioè l’uomo è superiore all’universo perché è consapevole di quello che fa.



Mery Pafumi...:)

Anonimo ha detto...

Segue

Non sussiste contraddizione tra l’affermazione dell’oracolo e quella di Socrate, quando si ammetta l’insuperabile relatività e parzialità della conoscenza umana, che può cogliere appieno la «certezza» e la «necessità» soltanto di alcune tra le «infinite proposizioni», che soltanto la natura e Dio (i due termini sono significativamente accostati) comprendono appieno. È proprio questa limitazione che Simplicio non può ammettere, poiché il sistema di pensiero di cui è il rappresentante si propone come perfetto e immutabile. Ma - notano i suoi oppositori – lo stesso pensiero umano si sviluppa necessariamente nel tempo e questa sua qualità, tipica e ineliminabile, fa sì che esso si realizzi inevitabilmente attraverso fasi successive, ciascuna delle quali implica una trasformazione progressiva della situazione. L’operazione conoscitiva è un “processo” che tende all’infinito: la coscienza del limite non solo non annulla la portata dell’intelligenza dell’uomo, ma la determina ed è la condizione della sua validità, limitata ma concreta; anzi pone l’intelligenza dell’uomo tra le «più eccellenti» opere di Dio. Tocca a Sagredo proporre all’ammirazione del lettore la portata delle invenzioni concrete degli uomini, esaltando al di sopra del genio creativo dei grandi artisti (e il riferimento primo va all’arte plastica, scultorea, di Michelangelo), il genio anonimo di chi «si immaginò di trovar modo di comunicare i suoi più reconditi pensieri a qualsivoglia altra persona, benché distante per lunghissimo intervallo di luogo e di tempo» attraverso «vari accozzamenti di venti caratterizzi sopra una carta». Nella scoperta della forza liberatoria potenziale del più umile degli strumenti pratici di cui dispone ogni intellettuale (cioè di ogni uomo che voglia «comunicare i suoi più reconditi pensieri […] parlare con quelli che son nell’Indie […] parlare con quelli che non sono ancora nati») sta l’indicazione preziosa del fatto che la liberazione dai limiti ferrei, imposti dalla «prosunzione» di chi crede di sapere già tutto, alla piena realizzazione delle potenzialità della mente umana è alla portata di tutti e richiede ben poco per affermarsi in concreto.

salvà antonella

Anonimo ha detto...

Sera prof.essa
Alla fine della prima giornata, giunta la sera, si profila il rinvio della conversazione all’indomani. In quest’ultima fase vengono invece in primo piano le riflessioni di Sagredo a Salviati riguardo al tema epistemologico della potenza della conoscenza umana. Per Sagredo è segno di presunzione ritenere l’intelletto umano capace di comprendere il modo complessivo in cui opera la natura divina. Viceversa la coscienza dei limiti del sapere umano in rapporto alla vastità della consapevolezza assoluta, sarebbe la caratteristica del vero scienziato. Così si comportava infatti Socrate, che l’oracolo di Delfi qualificava come l’ateniese più sapiente e che tuttavia dichiarava di non sapere nulla. A Simplicio risponde Salviati delineando una distinzione fra «l’intendere intensive» e «l’intendere estensive»: mentre dal punto di vista dell’estensione, della totalità, l’intelletto umano non può eguagliare quella divino, in un campo limitato e intensivo la scienza umana può competere con l’intelligenza divina mediante il metodo matematico e geometrico. L’intelletto degli uomini, benché limitato e parziale, non va disprezzato o considerato incapace di conoscere. Perfino il più semplice degli strumenti dell’intelletto, la scrittura, con i suoi «venti caratterizzi di carta» rivela di possedere una forza immensa, capace di comunicare le idee degli uomini nello spazio e nel tempo. Infatti secondo Galileo l’intelligenza dell’uomo si basa sulla coscienza del limite: la condizione per “sapere qualcosa” è la conquista di un atteggiamento di umiltà. Il concetto, implicito nello svolgimento della Favola dei suoni, è qui esposto esplicitamente da Sagredo ed è sviluppato nelle sue implicazioni polemiche, radicalmente eversive del costume e degli atteggiamenti su cui si basava il sistema della conoscenza tradizionale, fermamente arroccato nella difesa di se stesso. Questo scopo viene tanto fortemente perseguito dal dotto “aristotelico” rappresentato da Simplicio, quanto più omogeneo esso si rivela alla conservazione del “principio d’autorità” riaffermato in teoria e ristabilito in concreto sul piano religioso e politico dalla Controriforma. Il sistema “aristotelico” non ammette in questo momento storico il dubbio e la critica


Antonella Salvà

Anonimo ha detto...

Segue

Blaise Pascal è un pensatore dalla genialità molto spiccata, comincia a scrivere i primi trattati a soli 11 anni. In seguito ad un incidente del 1654 Pascal si converte, e abbandona il mondo fino ad allora conosciuto per ritirarsi a Port-Royal des Champs. Dove prima difenderà i giansenisti poi si dedica alla stesura di una sorte di "Apologia Cristiana"
Secondo Pascal esiste un solo problema a cui l'uomo può dedicarsi : quello dell'esistenza, è l'unico problema che l'uomo deve tentare di risolvere, egli cercherà di capire qual sia l'esistenza più giusta....Egli dirà che la vita quotidiana e le tante occupazioni fanno calare l'uomo nel divertissement ovvero in uno stato di oblio e stordimento di sé, che principalmente si basa sul fatto che le persone preferiscono non pensare ai problemi che non riescono a risolvere e da cui lo stordimento e l'oblio come fuga dal sé e dai propri problemi.
Al concetto di Divertissement si lega quello di ennui ovvero di noia. analizzando la vita umana Pascal dice che i pensieri degli uomini i occupano del passato del futro e mai del presente, la nostra vita è solo proiettata verso il futuro. Il divertissement quindi non è fonte di gioia per questo Pascal propone all'uomo di accettare e affrontare la propria condizione: l'uomo di Pascal nasce per “pensare“la sua dignità sta proprio in questo.
Importante per Pascal è la morale e la conoscenza di essa tanto che egli stesso dirà "la scienza delle cose esteriori non varrà a consolarmi dell’ignoranza della morale; ma la conoscenza della morale mi consolerà sempre dall’ignoranza del mondo esteriore", i problemi esistenziali non sono quindi comprensibili con la scienza. Scienza e divertissement non sono in grado di risolvere i problemi dell'uomo.

Salvà Antonella

Anonimo ha detto...

GIADA GIUFFRIDA

1- Galilei esprime una grande fiducia nella ragione umana, che appartiene a tutti e non conosce gerarchie, e che può comprendere interamente la natura nella complessità dei suoi fenomeni.
Nel Dialogo è Segredo il personaggio che meglio rappresenta questa sua convinzione.
In chiusura della prima giornata
Salviati, sulla scorta delle affermazioni di Sagredo, si lancia in un vero e proprio elogio della ragione umana, che egli considera della stessa purezza di quella divina, anche se non può averne l'infinita estensione, ma coincide con quella di Dio perchè può giungere a decifrare quel grandissimo libro dell'universo con il linguaggio fatto di numeri, cerchi e altre figure geometriche.
In questa pagina del Dialogo Galilei, attraverso il personaggio di Salviati, spiega l'importanza di delimitare il campo d'indagine della ricerca scientifica. Quando egli parla del modo intensive si riferisce al metodo sperimentale, che è l'unico per lui a garantire la fondatezza della conoscenza scientifica.
Per gli aristotelici la conoscenza doveva muovere da deduzioni sui principi generali del sapere, già delineati nei testi della tradizione. Questi costituiscono una cornice entro la quale si collocano le elaborazioni successive e che, quindi, delimita il dibattito scientifico. La posizione di Galilei al contrario presuppone la conoscenza come acquisizione progressiva e tendenzialmente senza fine. Non c'è nessuna cornice che fissi i principi fondamentali, ma ogni singola scoperta rivela in tutta chiarezza uno degli infiniti particolari della natura, così come è stato determinato dalla ragione divina.
Perciò l'intervento di Salvati assume l'aspetto di un vero e proprio elogio della ragione umana, che culmina nell'affermazione "quanto alla verità di che ci danno cognizione le dimostrazioni matematiche, ella è l'istessa che conosce la sapienza divina".

Anonimo ha detto...

GIADA GIUFFRIDA

2- L'individuo non ha la facoltà di comprendere il significato della vita e dell'universo, nonchè quello della sua stessa presenza nel mondo. Un abisso incolmabile separa l'infinità di Dio, isolato nella sua altezza, dalla finitezza dell'uomo, che è prigioniero del tempo e dello spazio. L'uomo non è assolutamente in grado di contribuire alla propria salvezza, dato che la fede e la grazia sono concesse da Dio in modo gratuito, per motivi che la ragione stessa non può comprendere.
Pascal, allontanandosi, dall'ottimismo umaniscico, è convinto che l'uomo non abbia niente di cui vantarsi. Anzi dovunque indirizza la sua attenzione trova conferme della propria miseria. Anche il motivo della centralità nell'universo è volto in negativo: posto fra l'infinitamente grande (il coscmo) e l'infinitamente piccolo (la realtà microscopica), egli appare come un'esilissima presenza sull'orlo di due abissi. Eppure, su questa assoluta debolezza si fonda l'unica possibilità di riscatto: egli può pensare e prendere coscienza della propria nullità. La ragione che per Galilei era strumento divino e consentiva la conoscenza dei segreti della natura, diventa per Pascal un'arma vincente solo nel momento in cui comprende e riconosce la sua impotenza dinanzi al mistero dell'universo e che il dominio della scienza sia ristretto alla risoluzione di problemi tecnici che non conducono l'uomo a una maggiore serenità.
Pascal abbandona gli studi scientifici ai quali si era dedicato con straordinari risultati, convinto che essi non fossero in grado di fornirgli risposte sul senso dell'esistenza, e si ritira nell'abbazia di Port-Royal, vicino Versailles.