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venerdì 13 novembre 2009

Canto III Purgatorio

CANTO III

Avvegna che la subitana fuga
dispergesse color per la campagna,
rivolti al monte ove ragion ne fruga,

i' mi ristrinsi a la fida compagna:
e come sare' io sanza lui corso?
chi m'avria tratto su per la montagna?

El mi parea da sé stesso rimorso:
o dignitosa coscienza e netta,
come t'è picciol fallo amaro morso!

Quando li piedi suoi lasciar la fretta,
che l'onestade ad ogn'atto dismaga,
la mente mia, che prima era ristretta,

lo 'ntento rallargò, sì come vaga,
e diedi 'l viso mio incontr'al poggio
che 'nverso 'l ciel più alto si dislaga.

Lo sol, che dietro fiammeggiava roggio,
rotto m'era dinanzi a la figura,
ch'avea in me de' suoi raggi l'appoggio.

Io mi volsi dallato con paura
d'essere abbandonato, quand'io vidi
solo dinanzi a me la terra oscura;

e 'l mio conforto: «Perché pur diffidi?»,
a dir mi cominciò tutto rivolto;
«non credi tu me teco e ch'io ti guidi?

Vespero è già colà dov'è sepolto
lo corpo dentro al quale io facea ombra:
Napoli l'ha, e da Brandizio è tolto.

Ora, se innanzi a me nulla s'aombra,
non ti maravigliar più che d'i cieli
che l'uno a l'altro raggio non ingombra.

A sofferir tormenti, caldi e geli
simili corpi la Virtù dispone
che, come fa, non vuol ch'a noi si sveli.

Matto è chi spera che nostra ragione
possa trascorrer la infinita via
che tiene una sustanza in tre persone.

State contenti, umana gente, al quia;
ché se potuto aveste veder tutto,
mestier non era parturir Maria;

e disiar vedeste sanza frutto
tai che sarebbe lor disio quetato,
ch'etternalmente è dato lor per lutto:

io dico d'Aristotile e di Plato
e di molt'altri»; e qui chinò la fronte,
e più non disse, e rimase turbato.

Noi divenimmo intanto a piè del monte;
quivi trovammo la roccia sì erta,
che 'ndarno vi sarien le gambe pronte.

Tra Lerice e Turbìa la più diserta,
la più rotta ruina è una scala,
verso di quella, agevole e aperta.

«Or chi sa da qual man la costa cala»,
disse 'l maestro mio fermando 'l passo,
«sì che possa salir chi va sanz'ala?».

E mentre ch'e' tenendo 'l viso basso
essaminava del cammin la mente,
e io mirava suso intorno al sasso,

da man sinistra m'apparì una gente
d'anime, che movieno i piè ver' noi,
e non pareva, sì venian lente.

«Leva», diss'io, «maestro, li occhi tuoi:
ecco di qua chi ne darà consiglio,
se tu da te medesmo aver nol puoi».

Guardò allora, e con libero piglio
rispuose: «Andiamo in là, ch'ei vegnon piano;
e tu ferma la spene, dolce figlio».

Ancora era quel popol di lontano,
i' dico dopo i nostri mille passi,
quanto un buon gittator trarria con mano,

quando si strinser tutti ai duri massi
de l'alta ripa, e stetter fermi e stretti
com'a guardar, chi va dubbiando, stassi.

«O ben finiti, o già spiriti eletti»,
Virgilio incominciò, «per quella pace
ch'i' credo che per voi tutti s'aspetti,

ditene dove la montagna giace
sì che possibil sia l'andare in suso;
ché perder tempo a chi più sa più spiace».

Come le pecorelle escon del chiuso
a una, a due, a tre, e l'altre stanno
timidette atterrando l'occhio e 'l muso;

e ciò che fa la prima, e l'altre fanno,
addossandosi a lei, s'ella s'arresta,
semplici e quete, e lo 'mperché non sanno;

sì vid'io muovere a venir la testa
di quella mandra fortunata allotta,
pudica in faccia e ne l'andare onesta.

Come color dinanzi vider rotta
la luce in terra dal mio destro canto,
sì che l'ombra era da me a la grotta,

restaro, e trasser sé in dietro alquanto,
e tutti li altri che venieno appresso,
non sappiendo 'l perché, fenno altrettanto.

«Sanza vostra domanda io vi confesso
che questo è corpo uman che voi vedete;
per che 'l lume del sole in terra è fesso.

Non vi maravigliate, ma credete
che non sanza virtù che da ciel vegna
cerchi di soverchiar questa parete».

Così 'l maestro; e quella gente degna
«Tornate», disse, «intrate innanzi dunque»,
coi dossi de le man faccendo insegna.

E un di loro incominciò: «Chiunque
tu se', così andando, volgi 'l viso:
pon mente se di là mi vedesti unque».

Io mi volsi ver lui e guardail fiso:
biondo era e bello e di gentile aspetto,
ma l'un de' cigli un colpo avea diviso.

Quand'io mi fui umilmente disdetto
d'averlo visto mai, el disse: «Or vedi»;
e mostrommi una piaga a sommo 'l petto.

Poi sorridendo disse: «Io son Manfredi,
nepote di Costanza imperadrice;
ond'io ti priego che, quando tu riedi,

vadi a mia bella figlia, genitrice
de l'onor di Cicilia e d'Aragona,
e dichi 'l vero a lei, s'altro si dice.

Poscia ch'io ebbi rotta la persona
di due punte mortali, io mi rendei,
piangendo, a quei che volontier perdona.

Orribil furon li peccati miei;
ma la bontà infinita ha sì gran braccia,
che prende ciò che si rivolge a lei.

Se 'l pastor di Cosenza, che a la caccia
di me fu messo per Clemente allora,
avesse in Dio ben letta questa faccia,

l'ossa del corpo mio sarieno ancora
in co del ponte presso a Benevento,
sotto la guardia de la grave mora.

Or le bagna la pioggia e move il vento
di fuor dal regno, quasi lungo 'l Verde,
dov'e' le trasmutò a lume spento.

Per lor maladizion sì non si perde,
che non possa tornar, l'etterno amore,
mentre che la speranza ha fior del verde.

Vero è che quale in contumacia more
di Santa Chiesa, ancor ch'al fin si penta,
star li convien da questa ripa in fore,

per ognun tempo ch'elli è stato, trenta,
prieghi non diventa.
in sua presunzion, se tal decreto
più corto per buon pr
Vedi oggimai se tu mi puoi far lieto,
revelando a la mia buona Costanza
come m'hai visto, e anco esto divieto;

chè qui per quei di là molto s'avanza. ché qui per quei di là molto s'avanza».

LABORATORIO DANTESCO

1.Descrivete gli atteggiamenti del gruppo di anime alla vista di Dante e Virgilio e riassumete
le parole che Virgilio indirizza loro.(vv.58-102)

2.Quali anime Dante e Virgilio incontrano nella prima zona dell'Antipurgatorio?A quale pena accessoria sono sottoposte prima di salire al monte?(vv.133-142)

3.Ricostruite il profilo storico di Manfredi.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

GIADA GIUFFRIDA


1) Dante e Virgilio si trovano ai piedi del monte del Purgatorio, quando scorgono un gruppo di anime, che procedono simili a pecorelle, quando escono dal recinto da sole o a gruppi di due e di tre, e le altre intanto si fermano timide abbassando verso terra il muso e gli occhi, e quello che fa la prima fanno anche le altre, stringendosi a lei, se si ferma, obbedienti e tranquille, e non capiscono il perché di quella sosta.
La similitudine presuppone un’attenta osservazione realistica. Le pecore sono, già nei Vangeli, simbolo di mansuetudine e innocenza: qui rappresentano le anime che si affidano completamente al volere di Dio.
Inoltre le pecore si stupiscono nel vedere l’ombra proiettata da Dante. Virgilio spiega che Dante è vivo ed è lì per volere di Dio, e una di esse indica loro da che parte andare.

2) Dante e Virgilio incontrano uno spirito, biondo e di nobile aspetto, mostrandosi piagato da ferite; e poiché Dante non lo riconosce, rivela di essere Manfredi, figlio di Federico II di Svevia, morto nella battaglia di Benevento. Egli deve passare nell’Antipurgatorio un periodo pari a trenta volte quello che ha vissuto in terra come scomunicato, anche se si è pentito in fin di vita, a meno che le preghiere dei vivi non abbrevino la sua pena.

3) MANFREDI
Figlio naturale di Federico II e Bianca Lancia, Manfredi nacque nel 1232. Alla morte del padre, avvenuta nel 1250, divenne reggente del regno di Sicilia, al posto del legittimo successore Corrado IV di Svevia, suo fratello, che si trovava in Germania. Morto Corrado, la corona sarebbe dovuta andare al figlio Corradino, ma Manfredi fece diffondere la notizia della morte di quest’ultimo e si fece incoronare a Palermo nel 1259. La sua politica proseguì fin dall’inizio quella del padre: era aperta, infatti, l’ostilità verso la Chiesa, che lo considerava a tutti gli effetti un usurpatore. Perciò fu scomunicato nel 1259. Inoltre egli tentò di riunire sotto il suo comando tutte le forze ghibelline italiane. Papa Urbano IV, per contrastarlo, chiese l’intervento di Carlo d’Angiò, fratello del re di Francia. Egli scese in Italia nel 1266 e affrontò Manfredi sul campo di battaglia: a Benevento l’esercito svevo venne sconfitto e Manfredi rimase ucciso. Secondo quanto ricorda Dante, le sue spoglie vennero profanate dal vescovo di Cosenza, che le fece prelevare dal luogo in cui Carlo d’Angiò aveva dato loro sepoltura, per poi lasciarle insepolte al di fuori del regno di Sicilia. Dante celebra la bellezza leggendaria e la nobiltà d’animo di Manfredi, accogliendo l’ipotesi della conversione in punto di morte.

L’episodio di Manfredi ha al centro il tema del conflitto fra Impero e Papato o, più in generale, fra potere temporale e potere spirituale. La scomunica, infatti, ha una causa politica; così come ha un valore politico e simbolico la dissepoltura dei resti del sovrano, esposti all’oltraggio e sparsi nel territorio dello Stato della Chiesa. La condanna dell’operato di Clemente IV e del vescovo di Cosenza è esplicita: non sanno riconoscere la “bontà infinita” di Dio, né esercitare la pietà nei confronti delle anime che sono affidate loro. Tuttavia, Dante vuole salvare la dignità delle due grandi istituzioni, Impero e “Santa Chiesa”, nonostante gli orribili peccati di Manfredi e l’indegnità del clero. Così, la scomunica è valida anche nell’aldilà, e non importa che sia stata inflitta per motivi terreni, e al tempo stesso Manfredi è presentato come legittimo erede del potere imperiale.
Impero e Papato, che debbono essere separati nell’esercizio del potere rispettivamente temporale e spirituale, sono infatti voluti da Dio per garantire all’uomo la felicità terrena e la salvezza eterna (come spiega Dante nella Monarchia). Il caso di Manfredi dimostra come sia la commistione dei due ruoli a generare confusione pubblica e infelicità individuale.

Anonimo ha detto...

GIADA GIUFFRIDA

APPROFONDIMENTO SUL TEMA del III canto

I due episodi del canto sono collegati dal tema del corpo. Prima, Dante è stupito dell’assenza di ombra di Virgilio, puro spirito, mentre il poeta ricorda il proprio cadavere sepolto a Napoli e riflette sul mistero per cui le anime possono avere sensazioni fisiche; poi, Manfredi esibisce le ferite che gli sono state inflitte e racconta quanto accaduto alle sue ossa. Il corpo è, in entrambi i casi, oggetto di offese: quelle inflitte dalla morte (a Virgilio e a Manfredi), oppure da Dio, per condannare o purificare le anime. Virgilio e Manfredi pensano ai propri resti quasi con rimpianto, confermando che l’unità di materia e spirito, voluta da Dio, esprime l’unità della persona (e, infatti, verrà ristabilita il giorno del giudizio, quando avverrà la resurrezione della carne). Per questo, merita particolare rispetto il cadavere, cui va concesso l’onore della sepoltura e del rispetto dei vivi. Il corpo esprime, insomma, la sacralità della persona umana e il senso tangibile della sua interiorità. Oggi, questo tema ha assunto un nuovo significato: la scienza, infatti, può modificare in profondo la natura fisica delle persone, sin dal loro concepimento. Fra corpo e senso dell’identità (e fra scienza e morale) si apre una nuova relazione, oggetto di dibattiti pubblici e di scelte che coinvolgono ciascuno di noi.

Anonimo ha detto...

1) Nel III canto troviamo Dante e Virgilio che sostano ai piedi della montagna del purgatorio e, appare loro una schiera di anime che avanza lentamente. I due poeti si fanno incontro a loro per chiedere informazioni sul cammino. Le anime rimangono meravigliate quando vedono l’ombra proiettata dal corpo di Dante e tutte insieme fanno un passo indietro, e Virgilio spiega loro che Dante è vivo e che sta compiendo quel viaggio per volontà di Dio.
2) Le anime che si trovano nella prima zona dell’antipurgatorio sono i negligenti. Essi sono costretti ad attendere nell’antipurgatorio, prima di essere ammessi ad espiare le loro colpe nel purgatorio, tanto tempo quanto vissero in peccato, infatti essi sono coloro che attesero l’ultimo minuto di vita per pentirsi.
3) Manfredi è il figlio dell'imperatore svevo Federico II e nacque nel 1232. Alla morte del padre divenne principe di Taranto e reggente nel regno di Sicilia, in nome del legittimo successore Corrado IV, che si trovava in Germania. Alla sua morte fu designato come successore il figlio, ma Manfredi diffuse la falsa notizia della morte di quest’ultimo e si fece incoronare a Palermo re di Sicilia. Morì nel 1266 durante lo scontro con Carlo d’Angiò.

Concetta Russo IV E

Anonimo ha detto...

LEOTTA MARIANGELA
1)58-102
Virgilio dice a Dante :andiamo in quella direzione ,poiché loro si muovono lenti e tu dolce figliuolo rafforza la speranza in te. Quella gente era ancora lontana, circa mille passi di lontananza quando si accostano tutte insieme come se dubbiosi di qualcosa, stringendosi tra loro alla parete rocciosa dell’alto monte. Allora Virgilio disse: o spiriti morti in grazia di Dio, o già destinati al Paradiso,in nome della purificazione che aspettate diteci da quale parte il monte è meno ripido da salire,perché anche al saggio dispiace perdere tempo. Dante fa una similitudine , e paragona le anime a delle pecore che si muovono tutte insieme seguendo la prima,appunto loro si avvicinano ma quando vedono che accanto a Virgilio la luce del sole non entra dentro il corpo di Dante loro si spaventano e fanno un passo indietro. Virgilio gli dice:prima che voi mi dite qualcosa vi annuncio che questo che voi vedere è un corpo umano,per questo la luce del sole si interrompe per terra, non vi meravigliate se è una cosa mai accaduta ,perché costui è venuto per una speciale grazia concessagli da Dio. Risposero le anime:tornate indietro,procedete davanti a noi facendo segno con il dorso delle mani.

2) Dante e Virgilio nel canto III incontrano le anime dei negligenti ovvero gli scomunicati e tra questi incontra l’anima di Manfredi che è in salvo in Purgatorio, destinato alla beatitudine celeste,nonostante la scomunica papale e grazie al pentimento in punto di morte,lui spiega a Dante che coloro che vissero scomunicati sono condannati a stare fuori del Purgatorio trenta volte il tempo trascorso in contumacia…di Santa Chiesa. Tale attesa può però essere abbreviata dalle preghiere dei vivi “preghiere di suffragio”,e per questo chiede di essere ricordato alla figlia Costanza.

3) MANFREDI
Nato intorno al 1231, figlio di Federico II di Svevia e di Bianca Lancia di Monferrato, alla morte del padre e del figlio Corrado IV seppe con saggezza reggere e consolidare lo Stato. Il 10 agosto 1258 ottenne a Palermo la corona del Regno di Sicilia, del Ducato di Puglia e del Principato di Capua prevaricando i diritti del nipote Corradino, di soli sette anni, e a onta dei divieti della Santa Sede, che pretendeva sul suo regno diritti di sovranità feudale. Continuò la politica paterna e invano i pontefici succedutisi in quegli anni lo minacciarono fulminandolo di scomuniche. La sua potenza continuò a crescere dopo la vittoria ghibellina di Montaperti, l’alleanza con le signorie dell’Italia settentrionale e il suo matrimonio con la figlia del signore dell’Epiro. Il26 febbraio 1266 morì eroicamente nella battaglia di Benevento, combattendo contro Carlo d’Angiò, chiamato in Italia dal Papa Clemente IV.

Anonimo ha detto...

1) Dante e Virgilio si trovano ai piedi della montagna del purgatorio,mentre Dante percorre mentalmente il cammin da farsi ,si accorse che una schiera di anime procedeva dietro di loro ma tanto erano lente che sembravano lontane mille passi - qui Dante paragona le anime al gregge che seguono tutte la prima pecora -e quando le pecore vedono l'ombra proiettata da Dante si stupiscono e tutte fanno un passo indietro, Virgilio spiega loro che Dante è vivo e che sta facendo un viaggio per volontà di Dio.
2)Dante e Virgilio incontrano un'anima che rivelera' loro di essere Manfredi .Egli è costretto a passare nell'antipurgatorio pari tempo quanto ne ha vissuto nel peccato anche se nell'ultimo minuto di vita si è pentito ,ciò che potrà ridurre la sua pena saranno le preghiere dei vivi.
3)Manfredi figlio di Federico II di Svevia nacque nel 1232 .Alla morte del padre nel 1250 divenne reggente del regno di Sicilia al posto del fratello CorradoIV che si trovava in Germania .Alla morte del fratello la corona spettava al figlio ma Manfredi diffuse una falsa notizia di morte e si fece incoronare a Palermo re di Sicilia . Nel 1266 muore durante scontro contro Carlo D'Angiò.


Marino Sonya

Anonimo ha detto...

1.Ci troviamo ai piedi della montagna del purgatorio, dove vi è una schiera di anime che alla vista di Dante e Virgilio hanno una reazione paurosa che li porta a retrocedere velocemente. Queste anime vengono paragonate alle pecore che uscendo dal recinto seguono la prima. La similitudine con le pecore simboleggia la concordia e la disponibilità. Virgilio, prima che le anime parlino, spiega che Dante è vivo e che sta compiendo il viaggio per volontà divina. Le anime a questo punto, sentendo quelle parole, non chiedono altre informazioni e con le mani indicano la strada, questo perché siamo appunto nel regno della fiducia e della concordia.

2.La prima anima che Dante e Virgilio incontrano è quella di Manfredi, figlio di Federico II, noto come grande condottiero dei Ghibellini. Manfredi chiede a Dante di riferire alla figlia Costanza, che lui si trova in purgatorio e chiederle se può pregare per lui affinchè con le sue preghiere possa diminuire gli anni da scontare.

3.Manfredi, nato a Venosa nel 1232, figlio di Federico II e di Bianca Lancia. Studia a Parigi e Bologna, ereditando dal padre l’amore per la poesia e per la scienza, che manterrà anche negli anni del trono. Alla morte del padre, avvenuta nel 1250, Manfredi diventa padrone del principato di Taranto e gli viene affidata la luogotenenza in Italia, soprattutto quella in Sicilia, finchè non fosse giunto il fratello legittimo Corrado IV che in quel momento era impegnato in Germania. Con il suo inserimento in Sicilia vi fu subito uno scontro con il pontefice, perché quest’ultimo riteneva il territorio siciliano come proprio vassallo. A questo scontro, seguì la scomunica, avvenuta nel luglio del 1254, solo che Manfredi, grazie alla diplomaticità, riesce a trovare un accordo con il pontefice che ritira subito la scomunica. Dopo aver partecipato a varie guerre, il 2giugno 1254, sposa Elena Ducas, da cui nasceranno 5 figli. Successivamente con l’elezione del papa Urbano IV, per Manfredi arriva un’altra scomunica, che lo porterà alla perdita del Regno di Sicilia che viene assegnato a Riccardo di Cornovaglia. Nel 1266 si svolse la Battaglia di Benevento, dove le milizie siciliane e saracene difesero il proprio re, mentre quelle italiane abbandonarono Manfredi che morì combattendo.


salve prof..spero che il mio commento sia soddisfacente..:):) a domani..

Mery Pafumi

Anonimo ha detto...

1] Nel canto terzo del purgatorio Dante e Virgilio si incamminano verso il monte. Giunti ai piedi della montagna appare davanti ai due una schiera di anime che procede lentamente (la lentezza del loro cammino è in relazione al fatto che in vita tardarono a pentirsi). Dante e Virgilio si avvicino per chiedere informazioni sul cammino. Le anime appena vedono l’ombra del corpo di Dante , indietreggiano per la sorpresa di trovare nel purgatorio un vivo. Virgilio conferma alle anime che Dante è vivo, e come precisato a Catone, sta compiendo uno straordinario viaggio per volontà di divina.

2] Le anime che Dante e Virgilio incontrano nell’antipurgatorio sono i negligenti. La pena che devono scontare consiste nel fatto che loro tardarono a pentirsi in vita, ora è ritardato l’inizio dell’espiazione delle loro colpe.

3] Manfredi era figlio di Federico II di Sveglia e di Bianca Lancia, nacque nel 1232. Alla morte del padre (1250)divenne principe di Taranto e reggente del Regno di Sicilia, in quanto Corrado IV si trovava in Germania. Alla morte di questo fu designato come suo successore il figlio ma Manfredi inventò la notizia della morte di Corradino (figlio di Corrado IV), e così si fece incoronare a Palermo re di Sicilia. (Manfredi prega il poeta (Dante), che quando tornerà nel mondo dei vivi, di riferire a sua figlia Costanza che egli è tra le anime salve.)


STEFANO CONTI NIBALI IV E

Sandro ha detto...

1)Quando Dante e Virgilio si avvicinano a questo gruppo di anime,essi reagiscono stramente. La loro reazione inizialmente è di timore infatti indietreggiano. Ma successivamente si tranquillizzano e rispondono anche se a gesti alle domande di Dante e Virgilio.

2)Sono le anime dei negligenti. La pena che tali anime devono scontare è un ritardo dell'espiazione del peccato in quanto essi in vita tardarono a pentirsi dei propri peccatti

3) Manfredi è figlio delll'imperatore Federico II e di una donna dell'aristocrazia siciliana, Bianca Lana.
Egli visse una vita piena di travagli, e orientata sulla ricerca del potere, della violenza e della lussuria. Egli stesso ammette i suoi peccati dicendo a Dante: "Orribil furon li peccati miei". Tuttavia,in punto di morte egli si pentì di queste cattive azioni e chiese scusa a Dio.