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giovedì 19 novembre 2009

CANTO V PURGATORIO

Canto V

Io era già da quell’ombre partito,

e seguitava l’orme del mio duca,

3 quando di retro a me, drizzando ’l dito,

una gridò: "Ve’ che non par che luca

lo raggio da sinistra a quel di sotto,

6 e come vivo par che si conduca!".

Li occhi rivolsi al suon di questo motto,

e vidile guardar per maraviglia

9 pur me, pur me, e ’l lume ch’era rotto.

"Perché l’animo tuo tanto s’impiglia",

disse ’l maestro, "che l’andare allenti?

12 che ti fa ciò che quivi si pispiglia?

Vien dietro a me, e lascia dir le genti:

sta come torre ferma, che non crolla

15 già mai la cima per soffiar di venti;

ché sempre l’omo in cui pensier rampolla

sovra pensier, da sé dilunga il segno,

18 perché la foga l’un de l’altro insolla".

Che potea io ridir, se non "Io vegno"?

Dissilo, alquanto del color consperso

21 che fa l’uom di perdon talvolta degno.

E ’ntanto per la costa di traverso

venivan genti innanzi a noi un poco,

24 cantando "Miserere" a verso a verso.

Quando s’accorser ch’i’ non dava loco

per lo mio corpo al trapassar d’i raggi,

27 mutar lor canto in un "oh!" lungo e roco;

e due di loro, in forma di messaggi,

corsero incontr’a noi e dimandarne:

30 "Di vostra condizion fatene saggi".

E ’l mio maestro: "Voi potete andarne

e ritrarre a color che vi mandaro

33 che ’l corpo di costui è vera carne.

Se per veder la sua ombra restaro,

com’io avviso, assai è lor risposto:

36 fàccianli onore, ed essere può lor caro".

Vapori accesi non vid’io sì tosto

di prima notte mai fender sereno,

39 né, sol calando, nuvole d’agosto,

che color non tornasser suso in meno;

e, giunti là, con li altri a noi dier volta

42 come schiera che scorre sanza freno.

"Questa gente che preme a noi è molta,

e vegnonti a pregar", disse ’l poeta:

45 "però pur va, e in andando ascolta".

"O anima che vai per esser lieta

con quelle membra con le quai nascesti",

48 venian gridando, "un poco il passo queta.

Guarda s’alcun di noi unqua vedesti,

sì che di lui di là novella porti:

51 deh, perché vai? deh, perché non t’arresti?

Noi fummo tutti già per forza morti,

e peccatori infino a l’ultima ora;

54 quivi lume del ciel ne fece accorti,

sì che, pentendo e perdonando, fora

di vita uscimmo a Dio pacificati,

57 che del disio di sé veder n’accora".

E io: "Perché ne’ vostri visi guati,

non riconosco alcun; ma s’a voi piace

60 cosa ch’io possa, spiriti ben nati,

voi dite, e io farò per quella pace

che, dietro a’ piedi di sì fatta guida,

63 di mondo in mondo cercar mi si face".

E uno incominciò: "Ciascun si fida

del beneficio tuo sanza giurarlo,

66 pur che ’l voler nonpossa non ricida.

Ond’io, che solo innanzi a li altri parlo,

ti priego, se mai vedi quel paese

69 che siede tra Romagna e quel di Carlo,

che tu mi sie di tuoi prieghi cortese

in Fano, sì che ben per me s’adori

72 pur ch’i’ possa purgar le gravi offese.

Quindi fu’ io; ma li profondi fóri

ond’uscì ’l sangue in sul quale io sedea,

75 fatti mi fuoro in grembo a li Antenori,

là dov’io più sicuro esser credea:

quel da Esti il fé far, che m’avea in ira

78 assai più là che dritto non volea.

Ma s’io fosse fuggito inver’ la Mira,

quando fu’ sovragiunto ad Orïaco,

81 ancor sarei di là dove si spira.

Corsi al palude, e le cannucce e ’l braco

m’impigliar sì ch’i’ caddi; e lì vid’io

84 de le mie vene farsi in terra laco".

Poi disse un altro: "Deh, se quel disio

si compia che ti tragge a l’alto monte,

87 con buona pïetate aiuta il mio!

Io fui di Montefeltro, io son Bonconte;

Giovanna o altri non ha di me cura;

90 per ch’io vo tra costor con bassa fronte".

E io a lui: "Qual forza o qual ventura

ti travïò sì fuor di Campaldino,

93 che non si seppe mai tua sepultura?".

"Oh!", rispuos’elli, "a piè del Casentino

traversa un’acqua c’ha nome l’Archiano,

96 che sovra l’Ermo nasce in Apennino.

Là ’ve ’l vocabol suo diventa vano,

arriva’ io forato ne la gola,

99 fuggendo a piede e sanguinando il piano.

Quivi perdei la vista e la parola;

nel nome di Maria fini’, e quivi

102 caddi, e rimase la mia carne sola.

Io dirò vero, e tu ’l ridì tra ’ vivi:

l’angel di Dio mi prese, e quel d’inferno

105 gridava: "O tu del ciel, perché mi privi?

Tu te ne porti di costui l’etterno

per una lagrimetta che ’l mi toglie;

108 ma io farò de l’altro altro governo!".

Ben sai come ne l’aere si raccoglie

quell’umido vapor che in acqua riede,

111 tosto che sale dove ’l freddo il coglie.

Giunse quel mal voler che pur mal chiede

con lo ’ntelletto, e mosse il fummo e ’l vento

114 per la virtù che sua natura diede.

Indi la valle, come ’l dì fu spento,

da Pratomagno al gran giogo coperse

117 di nebbia; e ’l ciel di sopra fece intento,

sì che ’l pregno aere in acqua si converse;

la pioggia cadde, e a’ fossati venne

120 di lei ciò che la terra non sofferse;

e come ai rivi grandi si convenne,

ver’ lo fiume real tanto veloce

123 si ruinò, che nulla la ritenne.

Lo corpo mio gelato in su la foce

trovò l’Archian rubesto; e quel sospinse

126 ne l’Arno, e sciolse al mio petto la croce

ch’i’ fe’ di me quando ’l dolor mi vinse;

voltòmmi per le ripe e per lo fondo,

129 poi di sua preda mi coperse e cinse".

"Deh, quando tu sarai tornato al mondo,

e riposato de la lunga via",

132 seguitò ’l terzo spirito al secondo,

"ricorditi di me, che son la Pia;

Siena mi fé, disfecemi Maremma:

135 salsi colui che ’nnanellata pria

disposando m’avea con la sua gemma".

Allinea a sinistra

Chiude il canto Pia dei Tolomei. Pronuncia soltanto sei versi, di lapidaria espressività e bellezza:
"'Deh, quando tu sarai tornato al mondo
e riposato de la lunga via'",
seguitò 'l terzo spirito al secondo,
"'ricorditi di me, che son la Pia;
Siena mi fé, disfecemi Maremma;
salsi colui che 'nnanellata pria
disposando m'avea con la sua gemma'".

Della famiglia senese dei Tolomei, su Pia circolano varie leggende.
Dalle parole di Pia emana una dolcezza tutta femminile, la malinconia per la sua sorte e il rimpianto per la sua esistenza terrena, per un matrimonio che poteva essere felice e che invece è stato spezzato da una violenza terribile.

SPUNTI PET LA RIFLESSIONE

1.INDIVIDUATE IN CHE MODO ESSA SI DISTINGUE DAI DUE PERSONAGGI CHE L'HANNO PRECEDUTA.

2.IL LEIT-MOTIV DELLE PREGHIERE DI SUFFRAGIO SOTTOLINEA UN RAPPORTO FRA IL MONDO DEI VIVI E IL MONDO DEI MORTI ASSENTE DEL TUTTO NELLA PRIMA CANTICA.SVILUPPATE IL TEMA.



1 commento:

Anonimo ha detto...

MARIANGELA LEOTTA

1)
I tre personaggi che parlano con Dante furono contemporanei del poeta ,e i primi due (Jacopo del Cassero e Buonconte da Montefeltro)furono i massimi protagonisti degli avvenimenti e della vita politica del periodo. Dante ricostruisce episodi legati alla loro morte violenta. In particolare si sofferma sulla vicenda di Buonconte:intorno alla misteriosa scomparsa del suo corpo dopo la battaglia di Campaldino erano sorte diverse dicerie,e Dante fornisce qui la propria versione. Appunto il ricordo della battaglia di Campaldino unisce il tema storico con quello biografico,poiché Dante vi partecipò tra i “feditori” fiorentini schierati contro gli Aretini guidati da Buonconte ;da qui la particolare vivacità e partecipazione nella descrizione dell’avvenimento. Il terzo personaggio è Pia de’Tolomei , la figura di Pia si risolve tutta nei sette versi finali del canto. La sua vicenda è delineata con delicate allusioni e ispira a commossa pietà. La gentilezza di quest’anima,che prende rilievo anche nel contrasto con i due cruenti personaggi precedenti, è esemplare della sensibilità dantesca nella costruzione delle figure femminili. Pia richiama direttamente la figura di Francesca nel canto V dell’inferno .
2)
sono gli spiriti già per forza morti/e peccatori infino a l’ultima ora(vv52-53) . Camminano lentamente come in processione,cantando in coro il Miserere. Essi sono soggetti alla stessa legge,che trattiene tutte le anime dei negligenti fuori dal Purgatorio per un certo periodo di tempo. Dante in questo caso non determina esplicitamente quanto debba durare quest’attesa . La pena è proprio l’attesa x arrivare alla purificazione e quindi in Paradiso ,le anime sia nel canto III che nel V chiedono a Dante suffragio per le loro anime,questo perché grazie alle preghiere dei parenti posso diminuire questa attesa.