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martedì 12 maggio 2009

LABORATORIO DI SCRITTURA CANTO XIII


GIADA GIUFFRIDA

1) Pier della Vigna fu fedele cardinale consigliere di Federico II di Svevia e uno degli autori di spicco della scuola poetica siciliana. Perse la vita non per la sua operosa fedeltà all’impero, ma perché nel suo lavoro si attirò l’odio e l’invidia dei cortigiani, e poi le accuse false ma credute vere dall’imperatore lo portarono alla condanna e alla morte per suicidio. Dopo aver maledetto i suoi nemici e difeso l’onore del suo re, chiede a Dante di raccontare la verità fra i vivi e di difendere il suo buon nome.
2) Lo stile di questo canto è particolarmente teso ed espressivo. Possiamo distinguere due registri. Nel primo ci sono una serie di sostantivi e aggettivi che esprimono l’idea di una natura ridotta a materia aspra e spiacevole (“rami…nodosi e ‘nvolti”, “stecchi con tosco”, “aspri sterpi…folti”, “fiere selvagge”, “orribil sabbione”, “bronchi”, “pruno”, “sterpi”, “stizzo”, “scheggia rotta”, “tronco”). Un secondo registro è quello dell’elaborazione retorica: l’iperbato (v.15), la similitudine (v.40), la perifrasi (v. 25).

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