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domenica 5 aprile 2009

LA VISIONE POLITICA DI DANTE ATTRAVERSO LA PROFEZIA DI CIACCO


Al tornar de la mente, che si chiuse
dinanzi a la pietà d'i due cognati,
che di trestizia tutto mi confuse,

novi tormenti e novi tormentati
mi veggio intorno, come ch'io mi mova
e ch'io mi volga, e come che io guati.

Io sono al terzo cerchio, de la piova
etterna, maladetta, fredda e greve;
regola e qualità mai non l'è nova.


Grandine grossa, acqua tinta e neve
per l'aere tenebroso si riversa;
pute la terra che questo riceve.

Cerbero, fiera crudele e diversa,
con tre gole caninamente latra
sovra la gente che quivi è sommersa.

Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra,
e 'l ventre largo, e unghiate le mani;
graffia li spirti ed iscoia ed isquatra.

Urlar li fa la pioggia come cani;
de l'un de' lati fanno a l'altro schermo;
volgonsi spesso i miseri profani.

Quando ci scorse Cerbero, il gran vermo,
le bocche aperse e mostrocci le sanne;
non avea membro che tenesse fermo.

E 'l duca mio distese le sue spanne,
prese la terra, e con piene le pugna
la gittò dentro a le bramose canne.

Qual è quel cane ch'abbaiando agogna,
e si racqueta poi che 'l pasto morde,
ché solo a divorarlo intende e pugna,

cotai si fecer quelle facce lorde
de lo demonio Cerbero, che 'ntrona
l'anime sì, ch'esser vorrebber sorde.

Noi passavam su per l'ombre che adona
la greve pioggia, e ponavam le piante
sovra lor vanità che par persona.

Elle giacean per terra tutte quante,
fuor d'una ch'a seder si levò, ratto
ch'ella ci vide passarsi davante.

«O tu che se' per questo 'nferno tratto»,
mi disse, «riconoscimi, se sai:
tu fosti, prima ch'io disfatto, fatto».

E io a lui: «L'angoscia che tu hai
forse ti tira fuor de la mia mente,
sì che non par ch'i' ti vedessi mai.

Ma dimmi chi tu se' che 'n sì dolente
loco se' messo, e hai sì fatta pena,
che, s'altra è maggio, nulla è sì spiacente».

Ed elli a me: «La tua città, ch'è piena
d'invidia sì che già trabocca il sacco,
seco mi tenne in la vita serena.

Voi cittadini mi chiamaste Ciacco:
per la dannosa colpa de la gola,
come tu vedi, a la pioggia mi fiacco.

E io anima trista non son sola,
ché tutte queste a simil pena stanno
per simil colpa». E più non fé parola.

Io li rispuosi: «Ciacco, il tuo affanno
mi pesa sì, ch'a lagrimar mi 'nvita;
ma dimmi, se tu sai, a che verranno

li cittadin de la città partita;
s'alcun v'è giusto; e dimmi la cagione
per che l'ha tanta discordia assalita».

E quelli a me: «Dopo lunga tencione
verranno al sangue, e la parte selvaggia
caccerà l'altra con molta offensione.

Poi appresso convien che questa caggia
infra tre soli, e che l'altra sormonti
con la forza di tal che testé piaggia.

Alte terrà lungo tempo le fronti,
tenendo l'altra sotto gravi pesi,
come che di ciò pianga o che n'aonti.

Giusti son due, e non vi sono intesi;
superbia, invidia e avarizia sono
le tre faville c'hanno i cuori accesi».

Qui puose fine al lagrimabil suono.
E io a lui: «Ancor vo' che mi 'nsegni
e che di più parlar mi facci dono.

Farinata e 'l Tegghiaio, che fuor sì degni,
Iacopo Rusticucci, Arrigo e 'l Mosca
e li altri ch'a ben far puoser li 'ngegni,

dimmi ove sono e fa ch'io li conosca;
ché gran disio mi stringe di savere
se 'l ciel li addolcia o lo 'nferno li attosca».

E quelli: «Ei son tra l'anime più nere;
diverse colpe giù li grava al fondo:
se tanto scendi, là i potrai vedere.

Ma quando tu sarai nel dolce mondo,
priegoti ch'a la mente altrui mi rechi:
più non ti dico e più non ti rispondo».

Li diritti occhi torse allora in biechi;
guardommi un poco e poi chinò la testa:
cadde con essa a par de li altri ciechi.

E 'l duca disse a me: «Più non si desta
di qua dal suon de l'angelica tromba,
quando verrà la nimica podesta:

ciascun rivederà la trista tomba,
ripiglierà sua carne e sua figura,
udirà quel ch'in etterno rimbomba».

Sì trapassammo per sozza mistura
de l'ombre e de la pioggia, a passi lenti,
toccando un poco la vita futura;

per ch'io dissi: «Maestro, esti tormenti
crescerann' ei dopo la gran sentenza,
o fier minori, o saran sì cocenti?».

Ed elli a me: «Ritorna a tua scïenza,
che vuol, quanto la cosa è più perfetta,
più senta il bene, e così la doglienza.

Tutto che questa gente maladetta
in vera perfezion già mai non vada,
di là più che di qua essere aspetta».

Noi aggirammo a tondo quella strada,
parlando più assai ch'i' non ridico;
venimmo al punto dove si digrada:

quivi trovammo Pluto, il gran nemico.

Troppo viva era ancora nell' anima di Dante e nella sua carne la memoria della battaglia perduta in Firenze, contro le trame della Curia papale. E d’altronde non era certo facile intravedere nella realtà una prospettiva di riunificazione imperiale. In tutta Europa la tendenza era piuttosto quella dell’affermazione di realtà politiche autonome, nazionali o regionali (si pensi al prestigio e alla forza crescenti della monarchia francese e di quella inglese, o anche del regno di Aragona in Spagna); nella stessa Italia la crisi degli istituti comunali preludeva piuttosto al formarsi delle signorie e degli stati regionali, tutt’altro che disponibili ad una sottomissione all’Impero (se non puramente formale). Per pensare dunque ad una restaurazione imperiale bisognava che Dante si sollevasse sulle sue stesse motivazioni personali e proiettasse sulla realtà contingente un disegno ideologico ai limiti dell’utopia. Ma nell’Inferno, dove continuano a premere le ragioni autobiografiche, al centro dei suoi interessi politici è ancora Firenze e l’oggetto principale della sua polemica è l’avidità dei concittadini, che li schiera più in difesa della propria parte che in difesa della libertà del Comune, proprio nel momento in cui essa ha più bisogno di essere difesa.

Spunti per la riflessione

L'incontro con Ciacco, un fiorentino,offre al poeta lo spunto per aprire uno dei temi che risulteranno fondamentali nel poema:l'indagine sulla situazione politica a lui contemporanea, che , inauguratasi qui con l'analisi delle drammatiche tensioni che conducono alla rovina la città ,Firenze si allargherà poi a esaminare l'Italia, l'Impero, la Chiesa.

1.Delineate , attraverso la profezia di Ciacco, la prospettiva dalla quale Dante guarda alla realtà politica.

2.Dall'intervento di Ciacco emergono riferimenti a vicende politiche contemporanee,Individuatele.

3.La pena della gola è particolarmente degradante.Evidenziate, ricorrendo ad alcuni esempi, il registro linguistico che caratterizza la rappresentazione dei golosi.


10 commenti:

Anonimo ha detto...

Spinella Davide III E

Dante, tramite Ciacco riesce a prevedere il futuro di Firenze, come la vittoria dei guelfi neri ai guelfi bianchi e secondo Ciacco, la causa di questi contrasti, è perchè Firenze è stata macchiata della superbia, dell'avarizia e dell'invidia, proble ma che tuttora si manifesta nella società contemporanea. Il girone dei golosi è stato definito da Dante come il girone della pioggia eterna, maledetta, fredda e greve, che costringe a far urlare le anime logorate da Cerbero, feroce cane a tre teste, considerato da Dante come un'animale pauroso, con gli occhi rossi, la barba sporca, il ventre largo e le mani graffiate, i golosi erano ritenuti come dei maledetti ed erano sofferenti delle pene atroci del girone.

Anonimo ha detto...

Se la rappresentazione di Cerbero e delle pene a cui sono sottoposti i dannati mettono in risalto la grande capacità descrittiva ed evocativa di Dante, l'incontro con Ciacco ne mette in risalto l'impegno civile e politico.
Ciacco, terminato in questo cerchio per la dannosa colpa della gola, è in verità un uomo di corte intelligente e niente affatto volgare. Il suo incontro con Dante rappresenta il motivo principale di questo canto. Dante, conversando con lui, gli rivolge tre domande: “se tu sai a quale risultato arriveranno i cittadini in quella città divisa dimmelo”; “dimmi se vi è ancora qualche cittadino giusto”; “dimmi la causa di tanta discordia”.
Ciacco, rispondendo a queste precise domande del poeta, profetizza particolari eventi storici che riguardano Firenze, infatti dice che dopo una lunga contesa, i fiorentini, divisi tra Bianchi e Neri arriveranno ad uno scontro violento e i Bianchi cacceranno in esilio i Neri, ma successivamente i Neri riusciranno a prendere il potere e terranno i Bianchi sotto il loro dominio per diversi anni, nonostante questi ultimi si lamentino di questo. Inoltre dice che ci sono solo due cittadini giusti, ma che non vengono ascoltati e che a scatenare la discordia sono stati i tre vizi: superbia, invidia e avarizia.


A domani prof.

Mary Pafumi...:)

Anonimo ha detto...

IL CANTO DÌ CIACCO. Come il precedente,anche il canto VI tratta compiutamente un intero cerchio infernale,quello dei golosi. Possiamo individuare al suo interno tre momenti:l incontro con Cerbero,la mostruosa belva infernale posta a guardia dei dannati(vv1-33):il lungo episodio centrale dell’incontro con Ciacco (vv34-93). L intero brano è tradizionalmente noto come il primo dei grandi “ “ canti politici ” ” della Commedia, in diretta e progressiva relazione con i canti sesti del Purgatorio e del Paradiso.
TEMA POLITICO = La riflessione politica si riferisce in questo canto all’ambito comunale,e precisamente a Firenze . Dante affida a un fiorentino, fervente di amor patrio,il compito di esprimere il proprio personale giudizio sulle vicende politiche della sua città. Si tratta di un giudizio di condanna per la corruzione , il malgoverno, la faziosità degli interessi di parte che impediscono una giusta e felice vita sociale. D’altra parte la trattazione politica in Dante diventa sempre occasione di vivace polemica e appassionata invettiva;per questo,qui e altrove, trova consona espressione nei toni solenni e autoritari della profezia. Quella di Ciacco è la prima ,importante profezia sui destini di Firenze e ,implicitamente ,su quello di Dante. Il goloso fiorentino riferisce delle violente dispute fra il partito dei Bianchi e quello dei Neri ,che si contendevano il potere in quelli anni. La precisione dei dati è naturalmente da imputare al fatto che la scena è immaginata nel 1300,mentre viene scritta anni dopo,quando gli episodi riportati sono già venuti. Ma per comprendere appieno il significato e le cause di tanto dissesto politico in Firenze ,bisognerà ampliare il campo d’osservazione e ricondurre la situazione a Firenze nel contesto italiano ed europeo delle lotte fra papato e impero:a questo saranno dedicati i canti sesti delle due successive cantiche

Anonimo ha detto...

LEOTTA MARY

IL CANTO DÌ CIACCO. Come il precedente,anche il canto VI tratta compiutamente un intero cerchio infernale,quello dei golosi. Possiamo individuare al suo interno tre momenti:l incontro con Cerbero,la mostruosa belva infernale posta a guardia dei dannati(vv1-33):il lungo episodio centrale dell’incontro con Ciacco (vv34-93). L intero brano è tradizionalmente noto come il primo dei grandi “ “ canti politici ” ” della Commedia, in diretta e progressiva relazione con i canti sesti del Purgatorio e del Paradiso.
TEMA POLITICO = La riflessione politica si riferisce in questo canto all’ambito comunale,e precisamente a Firenze . Dante affida a un fiorentino, fervente di amor patrio,il compito di esprimere il proprio personale giudizio sulle vicende politiche della sua città. Si tratta di un giudizio di condanna per la corruzione , il malgoverno, la faziosità degli interessi di parte che impediscono una giusta e felice vita sociale. D’altra parte la trattazione politica in Dante diventa sempre occasione di vivace polemica e appassionata invettiva;per questo,qui e altrove, trova consona espressione nei toni solenni e autoritari della profezia. Quella di Ciacco è la prima ,importante profezia sui destini di Firenze e ,implicitamente ,su quello di Dante. Il goloso fiorentino riferisce delle violente dispute fra il partito dei Bianchi e quello dei Neri ,che si contendevano il potere in quelli anni. La precisione dei dati è naturalmente da imputare al fatto che la scena è immaginata nel 1300,mentre viene scritta anni dopo,quando gli episodi riportati sono già venuti. Ma per comprendere appieno il significato e le cause di tanto dissesto politico in Firenze ,bisognerà ampliare il campo d’osservazione e ricondurre la situazione a Firenze nel contesto italiano ed europeo delle lotte fra papato e impero:a questo saranno dedicati i canti sesti delle due successive cantiche

Anonimo ha detto...

1)Dante pone al dannato Ciacco tre domande:
1) A cosa arriveranno (verranno) i cittadini della città divisa (partita, cioè divisa in due parti, Firenze)?
2) Perché è assalita da tanta discordia?
3) C'è qualche giusto?
Ciacco risponde allora con precisione fiscale e alle tre domande nello stesso ordine nel quale gli sono state poste:
-La prima risposta è la celebre profezia su Firenze, la prima della Commedia, che tratta delle lotte tra guelfi bianchi e neri tra il 1300 e il 1302: dopo una lunga tenzone (dopo molte lotte) essi verranno al sangue (le zuffe del Calendimaggio 1300, dove uno dei Cerchi venne ferito gravemente in volto) e la parte selvaggia (cioè campagnola, i bianchi, perché i capi fazione, i Cerchi, venivano dal contado) caccerà l'altra con molta durezza; poi sarà questa altra parte a cadere entro tre anni (tre soli) e salirà l'altra fazione, grazie alla forza di qualcuno che ora sta in bilico (che testé piaggia, è Bonifacio VIII nel 1300 ancora neutrale); questa fazione terrà superbamente le fronti alte per molto tempo, tenendo l'altra sotto gravi pesi, per quanto essa pianga e si indigni.
-superbia, invidia e avarizia sono le tre scintille che hanno acceso i cuori .
-Ci sono solo due giusti e nessuno li ascolta: forse più che a due figure reali si deve pensare all'eco biblico dell'episodio della Genesi dove Abramo cercando di salvare una città corrotta dalla distruzione fa un patto con Dio, cercando almeno cinquanta uomini "giusti"; alla fine, nonostante lo sconto a dieci, egli non riesce a trovare nessuno tranne Lot e le sue figlie.
Dopo queste parole Ciacco torna muto ed è Dante che deve sollecitare un'altra richiesta: "Qual è la sorte di un gruppo di fiorentini illustri della passata generazione, «ch'a ben far puose li 'ngegni?» li addolcisce il cielo o li avvelena l'inferno? Essi sono Farinata degli Uberti, Arrigo (non più nominato nella Commedia), Mosca dei Lamberti, Tegghiaio Aldobrandi, Jacopo Rusticucci. Ciacco dice che essi sono tra le anime più nere e che si trovano nei cerchi inferiori dell'Inferno per diverse colpe. Qui avviene un'altra tappa del processo di conversione del poeta: dopo aver visto che anche gli effetti della poesia amorosa, al quale aveva aderito in gioventù, possono portare alla dannazione, con l'episodio di Paolo e Francesca, adesso il poeta scopre che anche il valore politico in vita non garantisce la salvezza divina. Infine Ciacco prega Dante di ricordarlo nel mondo dei vivi, poi si interrompe bruscamente: "più non ti dico e più non ti rispondo". Allora storce grottescamente gli occhi, forse per lo sforzo di restare seduto mentre il suo destino lo spinge nuovamente in basso; china la testa e sprofonda di nuovo nella fanghiglia.
2) Il canto nella sua parte centrale si articola intorno al tema politico della situazione di Firenze e dell’esito delle lotte civili con la notazione che la parte perdente , I Bianchi sarà oppressa da molte vessazioni e sarà espulsa dalla città, e della ricerca delle cause del fallimento del Comune che è da ritrovare nella forza incendiaria delle tre faville che furono l’avarizia, l’invidia e la superbia. In Dante nasce la consapevolezza che la politica è di per sé una realtà implicitamente demoniaca e che essa si colloca all’interno del quadro religioso se vuol positivamente svilupparsi.
3)La pena dei golosi è una punizione di contrappasso per analogia: in quanto simili a bestie in vita saranno accovacciati per terra come animali, nella loro sporcizia e flagellati dalle intemperie. Essi infatti sono prostrati a terra e la pioggia li fa urlare come cani (come bestie); essi si fanno schermo l'un l'altro (strisciando quindi come vermi) e si rigirano spesso, questi miseri profani. In questo canto il contrappasso, può essere anche per opposto: come in vita i golosi sono andati alla ricerca delle più grandi prelibatezze culinarie, così all'inferno sono costretti a stare sdraiati nel fango sotto una pioggia greve e maleodorante.



GRIOLI CHARLIE III E

Anonimo ha detto...

Sera prof...

Per la prima volta Dante parla della sua Firenze e affronta il problema politico, di fondamentale importanza nell'economia del poema, che nei sei canti delle tre cantiche, con uno schematismo rimandano, ha i tre momenti slienti: Ciacco, risponte al triplice e accorato quesito di Dante, profettiza un futuro di lotte tra le due fazioni che a Firenze si contendono il poterte.
Dante ricompone sinteticamente li unltimi anni della vita fiorentina. Dopo la caccita dei ghibellini, con la vittoria di Benevento, a Firenze rimasero vittoriosi i guelfi, a loro volt divisi in Bianchi e Neri: i primi facenti capo alla famiglia dei Cerchi, i secondi alla famiglia dei Donati. L'ultimo ventennio del secolo è segnato da continue contese fra queste due fazioni. Il papa Bonifacio VIII, che sino a quel momento era rimasto al di sopra delle parti, invito Carlo di Valois, a riordinare le sorti a Firenze con l'intento però di favorire il ritorno dei Neri in città. Tra la fine del 1301 e il 1302, i Bianchi saranno cacciati e i Neri potranno rientrare, mandando i esilio gli aderenti alla parte avvesaria: anche Dante sarà costretto a lasciare Firenze nel 1302, per un esilio senza ritorno.
Infatti è questo il primo dei canti politici della Commedia: coloro che amano le simmetrie trovano che il sesto canto di ogni cantica è di argomento politico. Si tratta di una simmetria intenzionale in obedienza al gusto medievale che si compiaceva di sottili rispondenze e parallelismi, all'interno dell'opera d'arte. Il tema centrale di questo cabto più che il peccato di gola è la ricerca del peccato che condanna Firenze alla violenza, alla guerra:è la ricverca sofferta e appassionata di un uomo offeso nella sua coscienza di Dante, che in esilio si interroga sul perchè di un destino che ha travoltoanche lui che alla vita politica si era accostato mosso solo da un interesse idealistico. Secondo lui, le radici del male che ha corroso la sua città sono di natura mortale: sono i peccati che deformano il volto degli uomini degradandoli e imbestiandoli. Superbia, invidia ed avarizia sone le tre malefiche forze che si soo abbattute sulla città come la pioggia e la grandine sui golosi. In termini storici-politici le tre forze sono gli aristocratici, eredi delle grandi famiglie feudale, animati da spirito di sopraffazione, a volontà di conservazione dei privilegi; la borghesia commerciale e bancaria che con i rapidi guadagni, con la sua cinica voracità di possesso crea un clima di immoralità; il popolo che aspira a nuove posizioni, e, invidioso degli altrui privilegi, si getta nella mischia con violenza. Si comincia così a delineare il pensiero etico-politico di Dante, anche se per linee negative, attraverso cio che condanna: non è d'accordo con la divisione della città in fazioni, ritiene colpevoli aristocratici, borghesi e popolani, coinvolge nella condanna il papa.per ora non chiarisce quale è la sua società ideale.

Antonella Salvà

Anonimo ha detto...

1) Dante chiede a Ciacco quale sarà il destino Firenze, lacerata dalla lotta tra le fazioni dei Bianchi e dei Neri, ed egli risponde che una volta sconvolta dalle lotte intestine, precipiterà verso la guerra civile; e i due partiti presto giungeranno allo scontro sanguinoso: perderanno i Bianchi e saranno esiliati e uccisi e dietro a questa violenza ci sarà la mano di Bonifacio VIII , che manderà a Firenze un suo legato; Carlo di Valois; con il compito, apparentemente, di mettere la pace, ma in realtà è per contribuire al disordine e alla cacciata dei Bianchi.
La seconda domanda di Dante è perché è assalita da tanta discordia, ed egli risponde perché vi è superbia, avarizia e invidia.
La terza e ultima domanda è se vi è qualche giusto e Ciacco predice che Firenze sarà un deserto, perché gli uomini giusti saranno ridotti in un numero molto esiguo e domineranno gli uomini avidi sia di potere che di denaro.
2) il tema politico emerge nella parte centrale del canto dove si parla della situazione di Firenze e di come finirà la lotta civile fra le fazioni dei Bianchi e dei Neri. I bianchi perderanno e saranno espulsi dalla città e molto saranno uccisi.
3) La legge del contrappasso dei golosi è quella di trovarsi in un posto dove il terreno è maleodorante e le loro anime stanno in mezzo al fango tormentate da una fetida pioggia, da grandine e neve.


Concetta Russo III E

Anonimo ha detto...

1)Dante fa a Ciacco tre domande:
1-A che punto arriveranno i cittadini della parte divisa (in avverse fazioni:nel 1215 la cittadinanza fiorentina si era divisa nelle due parti dei Guelfi e dei Ghibellini)?
2-Vi è in essa qualcuno giusto?
3-Per quale causa è assalita da tanta discordia?
Alla prima domanda Ciacco rispose: Dopo lunghi contrasti arriveranno allo spargimento di sangue (lotta tra giovani cerchieschi e donateschi)e la parte selvaggia (quella dei Cerchi caccerà in esilio l'altra con gravi danni.Poco dopo però questa la (parte dei Bianchi)dovrà cadere entro tre anni e l'altra (la parte Nera)avrà il sopravvento con l'appoggio di uno (Bonifacio VII)che ora si barcamena(fingendosi neutrale).Essa dominerà con arroganza sottoponendo l'altra a gravi pesi(condanne,persecuzioni...)per quanto se ne lamenti e se ne adonti.
Alla seconda domanda rispose così :Giusti ve ne sono solo due (due forse significa "pochissimi")e nessuno li ascolta.
Alla terza e ultima domanda rispose: Vi è tanta discordia perchè vi è superbia,avarizia e invidia.
2)Nella parte centrale del canto emerge il tema politico,in cui si parla della situazione di Firenze e dell'esito della lotta civile fra le fazioni dei Bianchi e dei Neri.
3)La pena subita dai golosi è che sono fiaccati dalla pioggia maledetta;afflitti dal puzzo;straziati e assordati da Cerbero.

Francesca Auditore III E

Anonimo ha detto...

Perche non:)

Anonimo ha detto...

good start