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mercoledì 17 settembre 2014

La dinastia giulio-claudia

Gli obiettivi specifici di questa unità sono:


Conoscere

-le difficoltà di Augusto nel designare un successore;
-gli imperatori della dinastia giulio-clausia e il loro operato;
-le caratteristiche della vita culturale degli ultimi anni del principato di Augusto a Claudio;
-la politica culturale di Nerone e la fioritura letteraria degli anni del suo impero;

Saper individuare


-le diverse modalità con cui gli esponenti della dinastia giulio- claudia gest
-nella politica culturale di Nerone,l'intento di ricollegarsi ad Augusto;
-nelle forme di opposizione di moltri intellettuali al regime di Nerone le motivazione di matrice stoica;

Saper mettere in relazione

La politica culturale di Nerone e i suoi fini propagandistici.


Mappa

http://adotom.files.wordpress.com/2012/02/dinastia_giulio_claudia.pdf



Già Augusto, il primo imperatore, aveva compreso come compito del princeps non fosse quello di sopraffare - attraverso i propri poteri straordinari - le forze politiche e gli interessi particolaristici interni all'impero, bensì al contrario di porre in atto un'opera di mediazione tra tali forze e tali interessi, al fine di rafforzare la coesione politica della compagine imperiale.
La vicenda dei quattro imperatori successivi - appartenenti tutti alla dinastia Giulio Claudia - non farà che ribadire un tale principio.


Tiberio

Sarà proprio a causa della mancata mediazione tra tali forze infatti, che i due più giovani imperatori, Caligola e Nerone, falliranno nella propria missione politica. E sarà sempre sul piano della mediazione che - al contrario - sia Tiberio che Claudio consolideranno il proprio principato, grazie alla capacità di tenere insieme e conciliare i differenti aspetti della vita politica e economica dell'Impero.

Così, se le vicende di Nerone e Caligola (a tutti in qualche modo note, perché divenute - grazie alla tradizione storicistica senatoria - parte dell'immaginario collettivo) si concluderanno tragicamente con la morte dei protagonisti, il bilancio dei principati di Claudio e Tiberio sarà invece decisamente più positivo.

Entrambi riusciranno infatti a conservare un certo equilibrio e una discreta stabilità politica all'interno della costruzione imperiale, e con essa anche l'appoggio dei ceti più influenti (ricorsi in altre situazioni all'arma della congiura anti-imperiale).

Vediamo adesso quali sono le forze principali all'interno della società romana, con le quali la stessa autorità del princeps deve fare i conti, cercando di agire nei loro confronti da mediatore, escogitando spesso (per così dire) delle soluzioni che evitino l'insorgere di divergenze sia tra di esse che nei confronti dello Stato, o più semplicemente il prodursi di ragioni eccessive di scontento:

a) in primo luogo vi sono le classi nobiliari, ovvero quell'aristocrazia agraria la cui ricchezza (di carattere fondiario) è alla base della ricchezza stessa dell'Impero.

[Le stesse relazioni commerciali difatti, non potrebbero realmente sussistere se non vi fosse a monte una realtà produttiva che procura loro quelle merci che, attraverso le attività mercantili, vengono poi distribuite tra i territori della compagine imperiale, sia a ovest sia a est. Un tale soggetto produttore si identifica appunto in massima parte con i latifondi, realtà largamente fornite sia di schiavi sia dei mezzi necessari per la produzione e per la lavorazione dei prodotti su larga scala.

Se a ciò si aggiunge il prestigio universale di cui la classe nobiliare e terriera gode all'interno della società romana, per il fatto di situarsi all'origine di tutti i suoi successivi sviluppi (e ciò soprattutto per le zone occidentali, essendo quelle orientali portatrici di una storia e di tradizioni fondamentalmente differenti e autonome rispetto alle prime) si capirà facilmente quanta considerazione tale classe possa reclamare anche dall'autorità del principe.]

b) in secondo luogo troviamo il Senato, quell'istituzione cioè che - per consolidata tradizione - costituisce l'ossatura stessa dello Stato romano, oltre che l'elemento fondamentale alla base della sua stabilità e della sua continuità politica, e che inoltre è - come universalmente noto - il principale organo che rappresenta gli interessi e le idee della nobiltà fondiaria (in un primo tempo solo di quella romana, in seguito anche di quella italica e, infine, in generale di tutto l'impero).

[Le manifestazioni di riguardo verso una tale istituzione avranno quindi molte e profonde implicazioni: attraverso esse infatti l'Imperatore dimostrerà anche di portare un profondo rispetto per le tradizioni patrie (e con esse, per la stessa potenza di Roma), verso la cultura dell'Occidente latino (in opposizione a quella orientale, che inizia oramai a diffondersi nelle stesse regioni occidentali), ed infine verso l'autorità - il cui fondamento non è solo di carattere politico e economico, ma anche ideologico - della classe nobiliare e fondiaria occidentale: una classe cioè che si sente ed è molto più antica dell'Imperatore, e che - per tale ragione - rivendica per sé una fetta di potere notevole, limitando così lo stesso predominio politico del primo.]

c) in terzo luogo vi sono le province occidentali, essenzialmente Gallia e Spagna, divenute oramai potenze indipendenti e concorrenti rispetto all'Italia.

[Quelle che infatti, ancora al tempo di Giulio Cesare, erano solo delle regioni semi-civilizzate, sono ormai divenute degli organismi politici e economici estremamente sviluppati, dotati di una propria amministrazione, di un proprio esercito e spesso anche di una propria identità culturale e politica. Come tali esse non possono più venire ignorate nelle loro peculiari esigenze, se non a prezzo di notevoli rischi (come vedremo meglio quando parleremo di Nerone).]

d) infine, un ultimo elemento con cui l'Imperatore deve confrontarsi sono le regioni orientali dell'Impero.

[Queste ultime, pur godendo di una forte autonomia rispetto alle zone occidentali, in ragione sia della propria autonoma tradizione storica che del successivo inserimento nell'Impero [si badi inoltre che una vera e propria integrazione tra le due parti non vi sarà mai!], possono mostrarsi più o meno docili di fronte al giogo della dominazione romana, a seconda di quanto le loro prerogative culturali e politiche vengano da essa rispettate e assecondate. Anch'esse perciò richiedono una gestione oculata, ben conscia della necessità di tener conto della loro peculiare sensibilità sociale e politica, scarsamente assimilabile a quella occidentale romana.]

Compito arduo del princeps è dunque quello di 'addomesticare' tutti questi elementi, tra loro eterogenei e potenzialmente ostili, al fine di non creare o comunque di non alimentare ulteriormente pericolose situazioni di conflittualità interna.

Situazioni simili infatti troppo facilmente si rivolterebbero contro di lui, portando alla sua eliminazione fisica e politica - oltre che alla fine stessa del suo principato - qualora a causa di esse egli fosse giudicato inadeguato dai suoi sudditi più influenti ad adempiere il proprio compito istituzionale.

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