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giovedì 4 marzo 2010

CANTO XVI PURGATORIO

Lunedì 11 aprile, verso le sei del pomeriggio: vespero

cornice III, il fumo avvolge ogni cosa

Marco Lombardo

(Corrado da Palazzo, Gherardo da Camino e Guido da Castello)

iracondi avvolti da un denso fumo, che lo soffoca e acceca (come in vita si lasciarono accecare e soffocare dall'ira).

canto: Agnus Dei

Comincia il canto decimosesto del Purgatoro. Nel quale l'autor mostra come, entrato nel fummo del terzo girone, dove si purga il peccato dell'ira, truova Marco Lombardo, il quale ragiona con lui del mondo ch'è guasto e della cagione.


Buio d'inferno e di notte privata
d'ogne pianeto, sotto pover cielo,

quant'esser può di nuvol tenebrata, 3

non fece al viso mio sì grosso velo
come quel fummo ch'ivi ci coperse,
né a sentir di così aspro pelo, 6

che l'occhio stare aperto non sofferse;
onde la scorta mia saputa e fida
mi s'accostò e l'omero m'offerse. 9

Sì come cieco va dietro a sua guida
per non smarrirsi e per non dar di cozzo
in cosa che 'l molesti, o forse ancida, 12

m'andava io per l'aere amaro e sozzo,
ascoltando il mio duca che diceva
pur: "Guarda che da me tu non sia mozzo". 15

Io sentia voci, e ciascuna pareva
pregar per pace e per misericordia
l'Agnel di Dio che le peccata leva. 18

Pur 'Agnus Dei' eran le loro essordia;
una parola in tutte era e un modo,
sì che parea tra esse ogne concordia. 21

"Quei sono spirti, maestro, ch'i' odo?",
diss'io. Ed elli a me: "Tu vero apprendi,
e d'iracundia van solvendo il nodo". 24

"Or tu chi se' che 'l nostro fummo fendi,
e di noi parli pur come se tue
partissi ancor lo tempo per calendi?". 27

Così per una voce detto fue;
onde 'l maestro mio disse: "Rispondi,
e domanda se quinci si va sùe". 30

E io: "O creatura che ti mondi
per tornar bella a colui che ti fece,
maraviglia udirai, se mi secondi". 33

"Io ti seguiterò quanto mi lece",
rispuose; "e se veder fummo non lascia,
l'udir ci terrà giunti in quella vece". 36

Allora incominciai: "Con quella fascia
che la morte dissolve men vo suso,
e venni qui per l'infernale ambascia. 39

E se Dio m' ha in sua grazia rinchiuso,
tanto che vuol ch'i' veggia la sua corte
per modo tutto fuor del moderno uso, 42

non mi celar chi fosti anzi la morte,
ma dilmi, e dimmi s'i' vo bene al varco;
e tue parole fier le nostre scorte". 45

"Lombardo fui, e fu' chiamato Marco;
del mondo seppi, e quel valore amai
al quale ha or ciascun disteso l'arco. 48

Per montar sù dirittamente vai".
Così rispuose, e soggiunse: "I' ti prego
che per me prieghi quando sù sarai". 51

E io a lui: "Per fede mi ti lego
di far ciò che mi chiedi; ma io scoppio
dentro ad un dubbio, s'io non me ne spiego. 54

Prima era scempio, e ora è fatto doppio
ne la sentenza tua, che mi fa certo
qui, e altrove, quello ov'io l'accoppio. 57

Lo mondo è ben così tutto diserto
d'ogne virtute, come tu mi sone,
e di malizia gravido e coverto; 60

ma priego che m'addite la cagione,
sì ch'i' la veggia e ch'i' la mostri altrui;
ché nel cielo uno, e un qua giù la pone". 63

Alto sospir, che duolo strinse in "uhi!",
mise fuor prima; e poi cominciò: "Frate,
lo mondo è cieco, e tu vien ben da lui. 66

Voi che vivete ogne cagion recate
pur suso al cielo, pur come se tutto
movesse seco di necessitate. 69

Se così fosse, in voi fora distrutto
libero arbitrio, e non fora giustizia
per ben letizia, e per male aver lutto. 72

Lo cielo i vostri movimenti inizia;
non dico tutti, ma, posto ch'i' 'l dica,
lume v'è dato a bene e a malizia, 75

e libero voler; che, se fatica
ne le prime battaglie col ciel dura,
poi vince tutto, se ben si notrica. 78

A maggior forza e a miglior natura
liberi soggiacete; e quella cria
la mente in voi, che 'l ciel non ha in sua cura. 81

Però, se 'l mondo presente disvia,
in voi è la cagione, in voi si cheggia;
e io te ne sarò or vera spia. 84

Esce di mano a lui che la vagheggia
prima che sia, a guisa di fanciulla
che piangendo e ridendo pargoleggia, 87

l'anima semplicetta che sa nulla,
salvo che, mossa da lieto fattore,
volontier torna a ciò che la trastulla. 90

Di picciol bene in pria sente sapore;
quivi s'inganna, e dietro ad esso corre,
se guida o fren non torce suo amore. 93

Onde convenne legge per fren porre;
convenne rege aver, che discernesse
de la vera cittade almen la torre. 96

Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?
Nullo, però che 'l pastor che procede,
rugumar può, ma non ha l'unghie fesse; 99

per che la gente, che sua guida vede
pur a quel ben fedire ond'ella è ghiotta,
di quel si pasce, e più oltre non chiede. 102

Ben puoi veder che la mala condotta
è la cagion che 'l mondo ha fatto reo,
e non natura che 'n voi sia corrotta. 105

Soleva Roma, che 'l buon mondo feo,
due soli aver, che l'una e l'altra strada
facean vedere, e del mondo e di Deo. 108

L'un l'altro ha spento; ed è giunta la spada
col pasturale, e l'un con l'altro insieme
per viva forza mal convien che vada; 111

però che, giunti, l'un l'altro non teme:
se non mi credi, pon mente a la spiga,
ch'ogn'erba si conosce per lo seme. 114

In sul paese ch'Adice e Po riga,
solea valore e cortesia trovarsi,
prima che Federigo avesse briga; 117

or può sicuramente indi passarsi
per qualunque lasciasse, per vergogna,
di ragionar coi buoni o d'appressarsi. 120

Ben v'èn tre vecchi ancora in cui rampogna
l'antica età la nova, e par lor tardo
che Dio a miglior vita li ripogna: 123

Currado da Palazzo e 'l buon Gherardo
e Guido da Castel, che mei si noma,
francescamente, il semplice Lombardo. 126

Dì oggimai che la Chiesa di Roma,
per confondere in sé due reggimenti,
cade nel fango, e sé brutta e la soma". 129

"O Marco mio", diss'io, "bene argomenti;
e or discerno perché dal retaggio
li figli di Levì furono essenti. 132

Ma qual Gherardo è quel che tu per saggio
di' ch'è rimaso de la gente spenta,
in rimprovèro del secol selvaggio?". 135

"O tuo parlar m'inganna, o el mi tenta",
rispuose a me; "ché, parlandomi tosco,
par che del buon Gherardo nulla senta. 138

Per altro sopranome io nol conosco,
s'io nol togliessi da sua figlia Gaia.
Dio sia con voi, ché più non vegno vosco. 141

Vedi l'albor che per lo fummo raia
già biancheggiare, e me convien partirmi
(l'angelo è ivi) prima ch'io li paia". 144

Così tornò, e più non volle udirmi.

PARAFRASI

SPUNTI PER LA RIFLESSIONE


1.Descrivete l'ambiente della terza cornice e le percezioni di Dante .(vv.1-24)

2.Qual'è il dubbio che Dante espone a Marco Lombardo?

3.Riassumi i concetti espressi da Marco Lombardo sul tema del libero arbitrio .

5 commenti:

Anonimo ha detto...

sera prof...

1) Dante e Virgilio si trovano nella terza cornice dove incontrano gli iracondi, immersi in un buio cupo e fondo per effetto di un fumo denso e oungente che rappresenta l'ira che acceca. Le anime degli iracondo recitano una preghiera rivolta a Cristo "l'Agnus Dei", definito Agnello di Dio, simbolo di benignità del suo sacrificio di uomo a favore degli uomini. L'atmosfera è serena, in contrapposizione dellìira che ha colpito queste anime quando erano in vita. La funzione che svolge Virgilio è quella di guida fisica di Dante, che nel buio non trova più punti di riferimento; allegoricamente Virgilio rappresenta la ragione a cui l'iracondo deve aggrapparsi se vuole uscire dalla sua pazzia.

2) Di Marco Lombardo non si hanno molte noizie.sappiamo che visse nella seconda metà del XIII secolo, fu uomo di corte dotato di saggezza e di animo nobile e fiero.

Dopo un breve scambio di battute Marco Lombardo dice a Dante che, quando era in vita amava quelle virtù cavalleresche, la gentilezza,la cortesia ecc.
Tutti gli argomenti tra Dante e Marco sono funzionali alla tematica della corruzione dell'umanità a causa della Chiesa; e sono: il libero arbitrio, la teoria dei due soli e gli esempi di antica virtù lombarda. Però Dante espone un dubbio: la causa della corruzione dell'umanità è dovuta all'influenza degli astri oppure alla volontà degli uomini? secondo lui se fossero gli astri a influenzare le azioni umane allora di conseguenza l'uomo non è responsabile.

3)Per le teoria del libero arbitrio, le azioni degli uomini non sono determanate dall'influsso degli astri. L'uomo infatti ha ricevuto direttamente da Dio il dono di poter scegliere tra il bene e il male. Infatti la risposta di Marco Lombardo al dubbio di Dante è proprio questa, che l'uomo è libero di decidere tra il bene e il male e che la causa della corruzione è da ricercare nell'uomo e non nell'influenza degli astri. Questo è un messaggio ottimistico: l'umanità può rigenerarsi moralmente,e può recuperare quelle virtù essenziali per il raggiungimento della felicità terrena e eterna.


Manila Trovato IV E

Anonimo ha detto...

MARIANGELA LEOTTA

1)Il canto XVI si svolge nella 3 cornice dove troviamo gli iracondi, sono avvolti in un fumo denso, come la notte oscura, che li soffoca e acceca(così come in vita si lasciarono soffocare e accecare dall’ira). Hanno visioni estatiche che rappresentano esempi di mansuetudine e di ira punita. I due poeti avanzano nel fumo acre, dove sentono voci che implorano pace cantando l’AGNUS DEI.
2) A dante si rivolge lo spirito di Marco Lombardo. Il poeta gli chiede se causa del male che appesta il mondo siano le influenza celesti o dell’uomo, e Marco spiega che se le vicende del mondo dipendessero dai cieli, non ci sarebbe libertà, e quindi non esisterebbero il male e il bene . Gli uomini hanno il libero arbitrio, e loro è la responsabilità dell’uso positivo o meno delle inclinazioni ricevute dai cieli.
3) Il discorso di marco lombardo, posto al centro preciso di tutta la Commedia, il discorso di Marco Lombardo è sintesi fondamentale del pensiero dantesco. Questi i principali momenti e motivi in cui si articola =
a) il male del mondo dipende dall’uomo che dotato di libero arbitrio, forza in direzioni maligne le influenze celesti.
b)l’anima nasce dall’amore di Dio e tender naturalmente al bene , ma non distingue fra piaceri veri e fallaci.
c)per aiutare l’uomo furono le leggi e creati il potere temporale e quello spirituale.
d)da qui deriva la teoria medievale dei “due soli” un capo spirituale e un capo temporale che reggano in armonia la cristianità.
e)la corruzione dei due poteri genera il male dei tempi moderni.
f)nostalgia per i tempi antichi in cui nobiltà e cortesia reggevano la società

Anonimo ha detto...

Salve prof

Il terzo girone appare avvolto da un fumo densissimo e acre, che circonda le anime degli iracondi, secondo una evidente legge di contrappasso. Dante, che avanza guidato da Virgilio, ode la preghiera dell' "Agnus Dei", che viene recitata in armonico accordo da tutti i penitenti, uno dei quali si rivolge improvvisamente al Poeta, essendosi accorto che egli si comporta come un vivo: è Marco Lombardo, il quale dichiara la sua profonda conoscenza del bene e del male degli uomini e il suo amore per la virtù. Poiché Marco ha ricordato la corruzione morale che si è diffusa nel mondo, Dante chiede che gli venga risolto un dubbio nato in lui durante il colloquio con Guido del Duca: il male che dilaga sulla terra è dovuto a malefici influssi degli astri o all'azione umana? Attraverso una lunga esposizione, Marco dimostra che i cieli muovono nell'uomo gli istinti, ma nulla possono contro la ragione e la libera volontà di cui egli è dotato e che dipendono direttamente da Dio, loro creatore.

La Guzza Lucia

Anonimo ha detto...

Per le teoria del libero arbitrio, le azioni degli uomini non sono determanate dall'influsso degli astri. L'uomo infatti ha ricevuto direttamente da Dio il dono di poter scegliere tra il bene e il male. Infatti la risposta di Marco Lombardo al dubbio di Dante è proprio questa, che l'uomo è libero di decidere tra il bene e il male e che la causa della corruzione è da ricercare nell'uomo e non nell'influenza degli astri. Questo è un messaggio ottimistico: l'umanità può rigenerarsi moralmente,e può recuperare quelle virtù essenziali per il raggiungimento della felicità terrena e eterna.
La Guzza Lucia

Anonimo ha detto...

Continua...
Perciò la causa del male risiede negli uomini stessi: infatti l'anima, che esce dalle mani di Dio senza nulla conoscere, viene attirata solo da ciò che dà gioia e incomincia a seguire i beni terreni, se non è frenata da una guida (l'imperatore e le leggi che egli ha il compito di far osservare). Ma l'intervento in campo temporale della Chiesa ha provocato una confusione di poteri che è all'origine dell'attuale degenerazione, la quale è particolarmente avvertibile nell'Italia settentrionale, dove pochi sono i rappresentanti rimasti della nobile generazione passata.
Dal punto di vista di Marco Lombardo rispecchierebbe soltanto la mentalità di questo personaggio ancora parzialmente immerso nell'errore: "È chiaro che Marco Lombardo... è lontano dalle posizioni puramente ghibelline. Ma quello che egli dice non è certamente la voce della fede di Dante, la cui prima espressione troveremo nella rappresentazione simbolica del paradiso terrestre". Appare tuttavia difficile non considerare Marco Lombardo essenzialmente un portavoce delle idee dell'autore, sia per la corrispondenza di espressioni e modi stilistici del suo discorso con passi della Monarchia e del Convivio, sia per la forte carica emotiva che ne lievita le parole, sia infine per le considerazioni nostalgicamente orientate verso un passato di luminose virtù (soleva Roma... solea valore e cortesia trovarsi) che il Poeta gli attribuisce.
La Guzza Lucia