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Le notizie che gli antichi ci hanno tramandato riguardanti la biografia di Tito Maccio Plauto sono scarse e imprecise, e persino il nome è stato oggetto di contesa filologica. Con certezza egli nacque a Sarsina, allora in Umbria, oggi nella Romagna settentrionale. Cicerone ( Brutus, XV, 60 ) ci informa che Plauto morì nel 184 a.C. L'indicazione fornita da Girolamo, che anticipa la data di morte al 200 a.C., è da ritenere errata perché un accenno della Càsina ci assicura che Plauto era vivo nel 186, quando avvenne lo “scandalo dei Baccanali”. Da un altro passo di Cicerone ( Cato maior , XIV, 50 ) si evince una data di nascita oscillante tra il 255 e il 251 a.C. Altre notizie su Plauto si ricavano da altre fonti (per esempio da Aulo Gellio che attinse da Varrone. Come sempre accadeva quando scarsi erano i dati sicuri disponibili, gli storici antichi derivarono notizie dalle opere dello stesso commediografo, con il risultato di ricostruire fatti inattendibili sulla base di vaghissime allusioni autobiografiche. Gellio racconta che Plauto, avendo perduto, a causa di traffici sfortunati, il denaro guadagnato, e per questo essendosi indebitato, divenne schiavo del creditore che gli assegnò la fatica di girare la macina del mulino. Durante la schiavitù Plauto avrebbe scritto tre commedie di cui sono riportati due titoli allusivi alla condizione del padrone e del poeta suo servo: Saturio, “II panciapiena”, e Addictus, “Lo schiavo per debiti”; ma molti non ritengono queste notizie degne di fede. È ancora Gellio a riferirci che Plauto avrebbe passato la giovinezza in una compagnia di comici, per cui sarebbe riuscito ad impadronirsi del mestiere di teatrante e che anche in seguito, dopo aver raggiunto la fama come autore, avrebbe continuato occasionalmente a vestire i panni dell’attore ( histrio ). D’altra parte Maccus, di cui Maccius sarebbe una variante, era uno dei personaggi delle atellane, forse quello interpretato appunto da Plauto. Il ‘cognomen’ Plautus secondo alcuni si ricollegherebbe a plauti, cani dalle orecchie penzolanti; secondo altri, sulla base di un etimo più attendibile trasmessoci da Festo, al vocabolo umbro ploti, che indicava le persone dai piedi piatti. Ciò che appare eccezionale è che un poeta dell’età arcaica, nato libero ma probabilmente non divenuto civis Romanus, avesse diritto ai tria nomina ( praenomen, nomen, cognomen ). Altri dubbi ed incertezze rimangono su altri particolari che riguardano Plauto e la sua opera, per esempio sulla data di composizione e sulla prima rappresentazione delle singole commedie e sui rapporti con Nevio. L’iscrizione sepolcrale, riportata da Gellio ( III, 3, 14 ), testimonia il vuoto lasciato dalla morte di Plauto sulla scena teatrale romana: Postquam est mortem aptus Plautus, Comoedia luget, / Scaena est deserta, dein Risus, Ludus Iocusque / et Numeri innumeri simul omnes conlacrimarunt, “Dopo la morte di Plauto, la Commedia piange, la Scena è deserta, il Riso, lo Scherzo e il Divertimento, i Ritmi innumerevoli si sono messi tutti insieme a piangere”. A parte il rilievo dato nell’epitaffio alla gioiosità della commedia plautina, viene sottolineata la straordinaria abilità in campo metrico (numeri innumeri), che è appunto una delle caratteristiche salienti dell’arte plautina.
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