L'Aminta è il frutto della breve stagione felice trascorsa dal poeta presso la corte estense, quando forse potè balenargli come possibile la ricostruzione del sogno edenico, mira autentica di tutta la civiltà umanistico-rinascimentale: quello che qui infatti si tenta di costruire , sotto la maschera pastorale e cortigiana, è il mondo dell'innocenza primigenia,dove l'amore possa essere vissuto senza colpa e senza tabù.L'Aminta -dice il Fubini-è un'opera equilibrata ,libera di sforzo e dopo il primo successo di corte ebbe una straordinaria fortuna italiana ed Europa e promosse una grande fioritura di drammi,senza,però,il sottile incanto del Tasso.
Nel finale sembra realizzarsi pienamente la morale del "s'ei piace ei lice".
QUI Lezione del prof. Gaudio
O bella età de l'oro,
non già perché di latte
se 'n corse il fiume e stillò mele il bosco:
non perché i frutti loro
dier da l'aratro intatte 5
le terre e gli angui errâr senz'ira o tosco:
non perché nuvol fosco
non spiegò allor suo velo,
ma in primavera eterna,
ch'ora s'accende e verna, 10
rise di luce e di sereno il cielo;
né portò peregrino
o guerra o merce a gli altrui lidi il pino.
non già perché di latte
se 'n corse il fiume e stillò mele il bosco:
non perché i frutti loro
dier da l'aratro intatte 5
le terre e gli angui errâr senz'ira o tosco:
non perché nuvol fosco
non spiegò allor suo velo,
ma in primavera eterna,
ch'ora s'accende e verna, 10
rise di luce e di sereno il cielo;
né portò peregrino
o guerra o merce a gli altrui lidi il pino.
Ma sol perché quel vano
nome senza soggetto, 15
quell'idolo d'errori, idol d'inganno,
quel che da 'l volgo insano
Onor poscia fu detto,
che di nostra natura il feo tiranno,
non mischiava il suo affanno 20
fra le liete dolcezze
de l'amoroso gregge;
né fu sua dura legge
nota a quel'alme in libertate avezze,
ma legge aurea e felice 25
che Natura scolpì: S'ei piace, ei lice.
nome senza soggetto, 15
quell'idolo d'errori, idol d'inganno,
quel che da 'l volgo insano
Onor poscia fu detto,
che di nostra natura il feo tiranno,
non mischiava il suo affanno 20
fra le liete dolcezze
de l'amoroso gregge;
né fu sua dura legge
nota a quel'alme in libertate avezze,
ma legge aurea e felice 25
che Natura scolpì: S'ei piace, ei lice.
Allor tra fiori e linfe
traean dolci carole
gli Amoretti senz'archi e senza faci;
sedean pastori e ninfe 30
meschiando a le parole
vezzi e sussurri ed a i susurri i baci
strettamente tenaci;
la verginella ignude
scopria sue fresche rose 35
ch'or tien ne 'l velo ascose,
e le poma de 'l seno acerbe e crude;
e spesso in fonte o in lago
scherzar si vide con l'amata il vago.
traean dolci carole
gli Amoretti senz'archi e senza faci;
sedean pastori e ninfe 30
meschiando a le parole
vezzi e sussurri ed a i susurri i baci
strettamente tenaci;
la verginella ignude
scopria sue fresche rose 35
ch'or tien ne 'l velo ascose,
e le poma de 'l seno acerbe e crude;
e spesso in fonte o in lago
scherzar si vide con l'amata il vago.
Tu prima, Onor, velasti 40
la fonte de i diletti,
negando l'onde a l'amorosa sete:
tu a' begli occhi insegnati
di starne in sé ristretti,
e tener lor bellezze altrui secrete: 45
tu raccogliesti in rete
le chiome a l'aura sparte:
tu i dolci atti lascivi
festi ritrosi e schivi,
a i detti il fren ponesti, a i passi l'arte; 50
opra è tua sola, o Onore,
che furto sia quel che fu don d'Amore.
la fonte de i diletti,
negando l'onde a l'amorosa sete:
tu a' begli occhi insegnati
di starne in sé ristretti,
e tener lor bellezze altrui secrete: 45
tu raccogliesti in rete
le chiome a l'aura sparte:
tu i dolci atti lascivi
festi ritrosi e schivi,
a i detti il fren ponesti, a i passi l'arte; 50
opra è tua sola, o Onore,
che furto sia quel che fu don d'Amore.
E son tuoi fatti egregi
le pene e i pianti nostri.
Ma tu, d'Amore e di Natura donno, 55
tu domator de' regi,
che fai tra questi chiostri
che la grandezza tua capir non ponno?
Vattene e turba il sonno
a gl'illustri e potenti: 60
noi qui negletta e bassa
turba, senza te lassa
viver ne l'uso de l'antiche genti.
le pene e i pianti nostri.
Ma tu, d'Amore e di Natura donno, 55
tu domator de' regi,
che fai tra questi chiostri
che la grandezza tua capir non ponno?
Vattene e turba il sonno
a gl'illustri e potenti: 60
noi qui negletta e bassa
turba, senza te lassa
viver ne l'uso de l'antiche genti.
Amiam, ché non ha tregua
con gli anni umana vita e si dilegua. 65
Amiam, ché 'l Sol si muore e poi rinasce:
a noi sua breve luce
s'asconde, e 'l sonno eterna notte adduce.
con gli anni umana vita e si dilegua. 65
Amiam, ché 'l Sol si muore e poi rinasce:
a noi sua breve luce
s'asconde, e 'l sonno eterna notte adduce.
Per molto tempo L'Aminta è parsa un manifesto della concezione laico-naturalistica della vita, in cui si celebra il mito umanistico-rinascimentale all'età dell'oro e il mondo della corte estense come suo possibile referente ideale.In realtà, a ben guardare,esso cela complessità nascoste.Proprio il coro dell'atto I è un significativo indizio di voluta ambiguità non solo per i suoi contenuti, ma soprattutto per la sua particolare collocazione nell'intreccio dell'opera.Il coro esalta la mitica età dell'oro come metafora di una visione edonistica e felicemente naturalistica della vita, in opposizione alla storia e alla civiltà , dominate dalle catene dell'onore e della morale.
Linee di Analisi Testuale
Prime due stanze: l'età dell'oro e l'età dell'Onor
La prima stanza descrive ed evoca (O bella età...) l'età dell'oro secondo le caratteristiche codificate dalla tradizione poetica. Si tratta tuttavia di un quadro in negativo (non già perchè....,v.566; non perchè...vv 569 e 572) destinato a essere superato e ridisegnato alla luce di nuovi principi di valutazione.La vera essenza dell'età dell'oro consiste nella legge aurea del S'ei piace, ei lice (590-59), ossia nella condizione di felicità fondata sull'identità fra morale e piacere.
La seconda stanza introduce anche una seconde e forte opposizione, quella fra l'età dell'oroe l'età moderna,tempo dell'Onor, ovvero delle convenzioni sociali, specialmente cortigiane. Dunque l'età dell'oro precede quella dell'Onor, letà della dura legge in opposizione alla legge aurea(vv.588-590;s noti il chiasmo),con chiaro riferimento polemico al moralismo del cristianesimo, e in particolare, della Controriforma.
Terza e quarta stanza: l'amore -dono e l'amore-furto
La terza stanza torna a descrivere l'età dell'oro, ma in forma positiva, alla luce di quanto annunciato nella stanza precedente.Ne scaturisce un bozzetto di vita primitivo tutto nel segno dell'amore libero e naturale, con tratti di sensualità(vv.597-602) più nostalgica che solare.
Numerosi sono i richiami letterari,specialmente a Petrarca e Sannazaro; specificatamente tassiano è invece il tema del veloquale simbolo di pudore e senso del peccato.
La quarta stanza richiama la seconda .Di nuovo l'Onor , personificato e apostrofato in discorso diretto.Per colpa dell'Onor , l'amore è stato costretto a velarsi.
Quinta stanza e congedo : conclusione ironica ed esortazioni
La quinta stanza dapprima riprende e conclude , in chiave ironica, il discorso della stanza precedente:gli egregi effetti dell'onore sono le pene e i pianti (vv.618-619) poi, nei vv. centralil'onore è esortato ad abbandonare la negletta e bassa turba dei pastori-L'Arcadia , l'Eden,
che ancora vorrebbe vivere ne l'uso de l'antiche genti; una seconda esortazione , ripresa nel congedo,viene rivolta a tutti gli uomini affinchè prendano coscienza che la vita non ha senso se non nell'amore.
Linee di Analisi Testuale
Prime due stanze: l'età dell'oro e l'età dell'Onor
La prima stanza descrive ed evoca (O bella età...) l'età dell'oro secondo le caratteristiche codificate dalla tradizione poetica. Si tratta tuttavia di un quadro in negativo (non già perchè....,v.566; non perchè...vv 569 e 572) destinato a essere superato e ridisegnato alla luce di nuovi principi di valutazione.La vera essenza dell'età dell'oro consiste nella legge aurea del S'ei piace, ei lice (590-59), ossia nella condizione di felicità fondata sull'identità fra morale e piacere.
La seconda stanza introduce anche una seconde e forte opposizione, quella fra l'età dell'oroe l'età moderna,tempo dell'Onor, ovvero delle convenzioni sociali, specialmente cortigiane. Dunque l'età dell'oro precede quella dell'Onor, letà della dura legge in opposizione alla legge aurea(vv.588-590;s noti il chiasmo),con chiaro riferimento polemico al moralismo del cristianesimo, e in particolare, della Controriforma.
Terza e quarta stanza: l'amore -dono e l'amore-furto
La terza stanza torna a descrivere l'età dell'oro, ma in forma positiva, alla luce di quanto annunciato nella stanza precedente.Ne scaturisce un bozzetto di vita primitivo tutto nel segno dell'amore libero e naturale, con tratti di sensualità(vv.597-602) più nostalgica che solare.
Numerosi sono i richiami letterari,specialmente a Petrarca e Sannazaro; specificatamente tassiano è invece il tema del veloquale simbolo di pudore e senso del peccato.
La quarta stanza richiama la seconda .Di nuovo l'Onor , personificato e apostrofato in discorso diretto.Per colpa dell'Onor , l'amore è stato costretto a velarsi.
Quinta stanza e congedo : conclusione ironica ed esortazioni
La quinta stanza dapprima riprende e conclude , in chiave ironica, il discorso della stanza precedente:gli egregi effetti dell'onore sono le pene e i pianti (vv.618-619) poi, nei vv. centralil'onore è esortato ad abbandonare la negletta e bassa turba dei pastori-L'Arcadia , l'Eden,
che ancora vorrebbe vivere ne l'uso de l'antiche genti; una seconda esortazione , ripresa nel congedo,viene rivolta a tutti gli uomini affinchè prendano coscienza che la vita non ha senso se non nell'amore.
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