Al periodo
1818-1822 appartengono le
Canzoni di stampo
classicistico (
All’Italia, Sopra il monumento di Dante, Ad
Angelo Mai, Ad un vincitore nel gioco del pallone, Nelle nozze della
sorella Paolina, Bruto minore, Ultimo canto di Saffo) dai
temi ora esistenziali, ora politico-civili.
La base del pensiero
è costituita dal “pessimismo storico” che caratterizza la visione leopardiana
in questo momento.Le opere di questo periodo sono animate da acri spunti polemici contro l'età presente,
inerte e corrotta, incapace di azioni eroiche; a questa polemica si contrappone
un'esaltazione delle età antiche, generose e magnanime. La più significativa è Ad Angelo Mai: oltre alla polemica
contro l'Italia presente e alla nostalgia dell'antichità, vi compare il motivo
del «caro immaginar» e dei «leggiadri sogni», che sono dissolti dalla
conoscenza razionale del «vero», che accresce solo il senso del nulla e la
noia. Invece, nel Bruto minore e
nell'Ultimo canto di Saffo, Leopardi
non parla in prima persona, ma delega il discorso poetico a due personaggi
dell'antichità, entrambi suicidi, Bruto, l'uccisore di Cesare, e la poetessa
greca Saffo.
Contemporaneamente (1819-1821)Leopardi lavora ai
Piccoli Idilli.
Etimologia: lat.
idyllium , dal greco
eidyllion poemetto.
•
La sua origine risale all'attività classificatoria dei grammatici
alessandrini, che definirono idilli i carmi di Teocrito (III sec. a.
C.), intesi come componimenti brevi e umili. Per la natura pastorale
della poesia teocritea, oggi il termine indica per lo più bozzetti,
idealizzazione nella vita campestre. L'idillio greco (Mosco e Bione),
influenzò poeti latini (Tibullo,
Ovidio,
Egloghe di Virgilio), mentre l'atmosfera dell'idillio classico fornì alcune
caratteristiche della poesia bucolica, sviluppata soprattutto nel XVIII
sec. Nella letteratura moderna, composizione di varia natura, con forte
intonazione serena e sentimentale.
Il pessimismo storico giunge a una svolta: si delinea l'idea di
un'umanità infelice non solo per ragioni storiche, ma per una condizione
assoluta. Un carattere molto diverso presentano gli Idilli, sia nelle tematiche, intime e autobiografiche, sia nel
linguaggio, più colloquiale e di limpida semplicità. creato dall'immaginazione, a partire da sensazioni visive e
uditive.
Gli idilli leopardiani prendono spunto da motivi paesistici ed autobiografici, per poi ripiegarsi in meditazioni, ricordi,sensazioni che egli stesso definì"situazioni,affezioni,avventure storiche " dell'animo.
Si tratta di piccoli quadri in cui il poeta descrive il suo paesaggio interiore.
Fra questi ricordiamo
L'infinito e
Alla luna. In queste liriche due sono i motivi
dominanti: il tema dell’infinito, che si concretizza nel desiderio
di andare al di là del limite, verso una pura immensità,
verso una vita autentica e felice; il tema del ricordo, il quale dà
all’uomo il senso di continuità fra passato e presente e gli
permette di esercitare la facoltà poetica più
importante, cioè l’immaginazione.
Le Operette
morali
Chiusa la stagione delle canzoni e degli idilli,
comincia per Leopardi un silenzio poetico che durerà fino alla primavera del
'28. Egli stesso lamenta la fine delle illusioni giovanili, lo sprofondare in
uno stato d'animo di aridità e di gelo, che gli impedisce ogni moto
dell'immaginazione e del sentimento. Per questo intende dedicarsi soltanto
all'investigazione dell'«arido vero». Da questa disposizione nascono le Operette morali, quasi tutte composte
nel 1824, di ritorno da Roma, dopo la delusione subita nel suo primo contatto
con la realtà esterna alla «prigione» di Recanati. Le Operette morali sono prose di argomento filosofico. Leopardi vi
espone il “sistema” da lui elaborato, attingendo al vasto materiale accumulato
nello Zibaldone. Ma non lo espone in
forma sistematica, bensì attraverso una serie di invenzioni fantastiche, miti,
allegorie, paradossi, apologhi, veri e propri canti lirici in prosa. Molte
delle operette sono dialoghi, i cui interlocutori sono creature immaginose,
personificazioni, personaggi mitici o favolosi; in altri casi si tratta di
personaggi storici, oppure di personaggi storici mescolati con esseri bizzarri
o fantastici. In alcune operette l'interlocutore principale è proiezione
dell'autore stesso. Anche le invenzioni più aeree si concentrano intorno ai
temi fondamentali del pessimismo: l'infelicità inevitabile dell'uomo,
l'impossibilità del piacere, la noia, il dolore, i mali materiali che
affliggono l'umanità..
In particolare, esse segnano il passaggio dal pessimismo storico
(secondo cui l’uomo e la ragione sono causa dell’umana
infelicità) al pessimismo cosmico (che, al contrario, reputa
la Natura colpevole delle umane sofferenze). Fra queste si ricordano
il
Dialogo della Natura e di un Islandese, il
Dialogo di un Folletto e di uno Gnomo, il
Dialogo
di Tristano e di un Amico.
I grandi
idilli
Il 2 maggio 1828 Leopardi
scrive alla sorella Paolina da Pisa: «Ho fatto dei versi quest'aprile, ma versi
veramente all'antica, e con quel mio cuore d'una volta». Il lungo periodo di
silenzio poetico si è concluso. Il poeta assiste a un «risorgimento» delle sue
facoltà di sentire, commuoversi e immaginare. Tornato a Recanati alla fine di quell'anno,
non vede interrompersi il felice momento creativo nemmeno nei sedici mesi di
«notte orribile» trascorsi nella casa paterna. Questi componimenti riprendono
temi, atteggiamenti, linguaggio degli “idilli” del '19-'21: le illusioni e le
speranze, proprie della giovinezza, le rimembranze, quadri di vita borghigiana
e di natura serena e primaverile, la suggestione di immagini e suoni vaghi e
indefiniti, il linguaggio limpido e musicale, lontano dall'aulicità ardita del
linguaggio delle canzoni. Questi componimenti non sono la semplice ripresa
della poesia di dieci anni prima, nel mezzo si collocano esperienze decisive,
la fine delle illusioni giovanili, l'acquisita consapevolezza del «vero», la
costruzione di un sistema filosofico fondato su di un pessimismo assoluto. La
caratteristica che individua i grandi idilli è un miracoloso equilibrio che si
instaura tra due spinte che dovrebbero essere contrastanti, il «caro immaginar»
e il «vero».
I
Grandi Idilli
o
Canti pisano- recanatesi (1828-1830):
A Silvia, il Canto notturno di un pastore errante dell’Asia,
Le ricordanze, Il sabato del villaggio. In essi ricorrono :
il ricordo di un passato ormai lontano; la poetica del vago e
dell’indefinito; il topos leopardiano del colloquio con la luna; il
pessimismo cosmico per cui è “funesto a chi nasce il dì
natale” (Canto notturno).
L'ultimo
Leopardi
L'ultima stagione leopardiana, che si colloca dopo
il '30 e dopo l'allontanamento definitivo da Recanati, segna una svolta di
grande rilevo rispetto alla poesia precedente. Leopardi appare più orgoglioso
di sé, della propria grandezza spirituale, più pronto e combattivo nel
diffondere le sue idee, nel contrapporle polemicamente alle tendenze dominanti
dell'epoca. L'apertura si verifica anche sul piano umano, interpersonale. Si
tratta di una poesia profondamente nuova, lontanissima da quella idillica: il
discorso non si basa più sulle immagini vaghe e indefinite, né vi è più il
linguaggio limpido e musicale che a quelle immagini si intonava; si ha una poesia
nuda, severa, quasi priva di immagini sensibili; vi compaiono atteggiamenti
energici, combattivi, eroici; il linguaggio si fa aspro, antimusicale, la
sintassi complessa e spezzata. Alla base di una simile poesia si può
individuare una vera e propria «nuova poetica», diversa da quella del vago e
indefinito, ancora seguita nella stagione dei grandi idilli. La critica
leopardiana si indirizza contro tutte le ideologie ottimistiche che esaltano il
progresso e profetizzano un miglioramento indefinito della vita degli uomini,
grazie alle nuove scienze sociali ed economiche e alle scoperte della
tecnologia moderna; bersaglio polemico sono inoltre le tendenze di tipo
spiritualistico e neocattolico che si vanno sempre più affermando nel periodo
della Restaurazione. A queste ideologie Leopardi contrappone le proprie
concezioni pessimistiche che escludono ogni miglioramento della condizione
umana. Questa polemica è condotta attraverso varie opere. La Palinodia al marchese Gino Capponi è una
sorta di satira di sapore pariniano nei confronti di una società moderna e
della sua fede nelle conquiste del progresso sociale e tecnologico, che ha la
forma di un'ironica ritrattazione (palinodia
significa appunto “ritrattazione”)
Fra il 1833 ed il 1835 realizza il
cosiddetto
Ciclo di Aspasia, includente
Amore
e morte, Consalvo, Il pensiero dominante, A se stresso, Aspasia.
Il poeta appare affranto ma non rassegnato; vuole rivendicare la
sua dignità e grandezza; pertanto l’amore per Aspasia è
l’estremo tentativo di affermare il suo “diritto alla felicità”.
Appartengono agli ultimi anni, trascorsi sempre più
ansiosamente nell’attesa della morte, quale liberazione dalle
sofferenze,
Il tramonto della luna (1836) e
La
ginestra (1836).Quest’ultima è la summa della
meditazione poetica dell’ultimo Leopardi; è un messaggio
agli uomini, affinché, in modo solidale e fraterno, si
coalizzino contro la Natura Malvagia. Molte riflessioni di Leopardi
sono confluite nelle
Zibaldone (I ediz. 1898) : si
tratta di appunti su varie materie, dalla filologia alla politica,
dalla letteratura alla filosofia. In particolare vi è spiegata
la sua ricorrente teoria del piacere, secondo cui l’uomo ha in sé
un desiderio di piacere infinito, che, in quanto tale, è
irrealizzabile; pertanto, se prova piacere, esso può essere
solo temporaneo, in quanto dovuto ad una momentanea cessazione del
dolore. La produzione leopardiana è vasta e problematica
;accompagna l’evoluzione di pensiero del poeta che, negli ultimi
anni della sua vita, nonostante la definitiva caduta di ogni
illusione, afferma l’umana dignità ed il desiderio di
un’esistenza più stabile e civile. Elemento cardine della
sua ideologia resta comunque la concezione materialistica e
pessimistica dell’uomo, inevitabilmente destinato all’infelicità.