Mattia Pascal, vive nell’immaginario paese ligure di Miragno, insieme
alla madre e al fratello. Il padre ha lasciato loro in eredità una
discreta fortuna consistente in case, terreni e vigneti. La giovane
vedova, del tutto incapace di amministrare, affida però l’intero
patrimonio a Batta Malagna, che avendo ricevuto in passato dal marito
diversi favori ed essendo ricompensato lautamente per i suoi attuali
servigi, avrebbe dovuto, secondo lei, amministrare onestamente. Batta
Malagna invece, con il trascorrere degli anni, si impossessa di tutti i
loro averi e costituisce la causa principale del declino della famiglia
Pascal. I due fratelli Mattia e Roberto vivono allegri e liberi da ogni
pensiero morale, religioso o scolastico e, una volta cresciuti, non si
curano dei beni della famiglia, paghi di vivere senza apparenti problemi
e in maniera agiata. Il Malagna ha avuto infatti la capacità di non
fargli mancare nulla e di nascondere la voragine di debiti che presto li
avrebbe fatti precipitare.
Costretto a sposare Romilda, da cui aspetta un bambino, Mattia si trova a
convivere anche con la suocera vedova che lo disprezza e lo considera
un inetto, un fannullone, un buono a nulla ricco soltanto di debiti. Da
questo momento la vita di Mattia diventa un inferno. Ormai senza
ricchezze, si trasferisce in una casa umile; la moglie perde la sua
originaria bellezza e sembra non amarlo più; le due figlie muoiono una
dopo l’altra a causa della loro gracilità. E muore anche l’adorata madre
dopo aver sopportato i soprusi della suocera-strega la quale continua
per il carattere di Mattia, ma soprattutto per la povertà di Mattia a
odiare il genero e a rovinare la già precaria tranquillità della casa.
Per la prima volta in vita sua il protagonista si ritrova a cercare
lavoro, e grazie all’amico Pomino, ne trova uno come bibliotecario. Ma
un giorno Mattia, angustiato dai dissidi coniugali e dai debiti,
esasperato dalla noia e dalla inutilità del suo lavoro, decide di
fuggire. Arriva a Montecarlo e grazie ad una serie di vincite fortunate
si ritrova in tasca la somma di 82.000 lire. E’ quasi ricco! Decide di
ritornare a casa per riscattare le sue proprietà e per godere di una
rivincita sulla suocera; sogna finalmente una vita serena, un avvenire
tranquillo al riparo della miseria. Ma proprio mentre questi pensieri
occupano la sua mente, in treno durante il viaggio di ritorno a casa,
legge su un giornale che a Miragno, nella roggia di un mulino, è stato
ritrovato il cadavere di Mattia Pascal.
Legge e rilegge il trafiletto scritto in minutissimi caratteri e lo
ripete tra se quasi sillabando, fermandosi ad ogni parola. Egli si
sarebbe suicidato nella gora del molino alla Stia, una sua vecchia
proprietà, a causa dei dissesti finanziari e dei lutti familiari. Ed era
stato prontamente o forse frettolosamente riconosciuto dalla moglie
disperata e dalla suocera. Dapprima sconvolto, comprende presto che può
crearsi una nuova vita, una vita libera da ogni legame con il passato,
senza problemi e senza responsabilità, proprio come quando era giovane.
E’ ricco e non essendo più Mattia Pascal non ha più alcun creditore.
Così con il nome di Adriano Meis comincia a viaggiare prima in Italia e
poi all’estero, fino a che decide di stabilirsi a Roma, in un camera
ammobiliata sul Tevere. Si innamora, ricambiato, di Adriana, dolce
figlia del padrone di casa Anselmo Paleari. Mattia vorrebbe sposarla e
ricominciare tutto da capo. Ma Adriano Meis non esiste, non ha una
realtà sociale, non ha nessuno dei diritti che hanno i cittadini
iscritti all’anagrafe. Non può acquistare nulla, non può denunciare un
furto se derubato e tanto meno può contrarre matrimonio. Non può fare
nessuna di quelle cose della vita quotidiana che necessitano di una
identità. Capisce l’impossibilità di vivere fuori dalle leggi e dalle
convenzioni che gli uomini si sono dati. La sua libertà è solo
un’illusione. Scopre che
fare il morto non è una bella professione.
A Mattia non resta che farla finita anche con la nuova identità
simulando il suicidio di Adriano Meis nelle acque del Tevere. Erano
passati soltanto due anni dalla sua prima supposta morte. Eppure tante
cose erano cambiate. La moglie Romilda era rimasta vedova ben poco. Si
era infatti risposata proprio con il suo amico Pomino ed aveva avuto una
bambina. Quanto era beffardo il destino… Lui, che aveva pensato di
essere rinato e finalmente libero di fare ciò che desiderava, non aveva
potuto vivere pienamente la sua nuova vita, ma era evidente che gli
altri lo avevano fatto. Gli altri erano andati avanti anche senza di
lui. Gli altri, a Miragno, avevano stentato a riconoscerlo e il suo
ritorno non aveva, per lo meno inizialmente, causato lo scompiglio che
si era immaginato. Mattia, ritornato con propositi di vendetta, ben
presto li abbandona e lascia che la moglie e l’amico continuino a vivere
il loro menage coniugale. A Mattia non resta che ritornare a fare il
bibliotecario nell’umida chiesa sconsacrata e adibita a biblioteca
comunale in un paese in cui nessuno legge e di andare di tanto in tanto a
far visita alla propria tomba…
Mattia Pascal è il testimone esemplare dell’assurda condizione di uomo
prigioniero delle “maschere sociali” di marito, di padre, di figlio, di
fratello etc. che coprono la nostra vera identità. Esprime la sofferenza
di quest’uomo, angosciato dall’impossibilità di sfuggire alle
convenzioni e ai vincoli della società che sono una catena, un freno
inibitore e che forse sono l’unico modo d’esistere.
Fuori della legge e fuori di quelle particolarità, liete e tristi che siano per cui noi siamo noi… non è possibile vivere.
Solitudine e sconfitta in una società creata dall’uomo, ma che non è a
misura d’uomo. Pirandello in questo romanzo rappresenta tutta la crisi
esistenziale e storica dell’uomo moderno. E questa rappresentazione,
impregnata del contrasto tra realtà e illusione, consapevole
dell’incapacità di essere totalmente artefici del proprio destino e del
sopravvento del caso è inscenata con straordinaria semplicità in un
misto di gioia e di sofferenza, di umorismo e amarezza, di comico e di
tragico.
Narratore
La narrazione è condotta in
prima persona; è Mattia Pascal, il protagonista, che raccontando ci fornisce il
suo punto di vista interno con focalizzazione 0 (zero/onnisciente).
L'onniscienza del narratore è dovuta dal fatto che lui racconta la sua storia a
posteriori, quando questa è già successa; questo permette che al lettore vengano
fornite anticipazioni degli avvenimenti che ne stimolano la curiosità.
Mattia Pascal scrive, su
invito di don Eligio, la sua biografia sotto forma di diario, rivolgendosi
direttamente al lettore, dialogando persino con lui.
L'ordine cronologico è regressivo, cioè lo scrittore ricorda fatti avvenuti in
precedenza e va a ritroso nel tempo, salvo tornare al presente alla fine del
racconto.
Tipologia testuale
Pubblicato nel 1904, in piena era Giolittiana, “Il Fu
Mattia Pascal” è il primo romanzo italiano scritto in forma “autobiografica”,
redatto cioè in prima persona, con la presentazione quindi di una visione
esclusivamente soggettiva della vicenda, visione che nega la realtà se non colta
con quella particolare percezione: la razionalità realista non esiste più, per
ogni persona esiste, così, una visione personalissima della realtà. Tale
situazione costringe il lettore ad una personificazione con il protagonista, ed
al successivo sforzo di uscire da questo stato di “simbiosi”.
Il romanzo ha una
struttura circolare, infatti inizia dalla conclusione, rivendicando la
condizione particolare di Mattia Pascal, ritenuto morto, che assume una nuova
identità, uccide fittiziamente anche quest’ultima, e quindi ritorna se stesso ma
al di fuori della sua normale vita precedente, condizione di chi è fuori dal
tempo e quindi fuori dalla vita (questo particolare tipologia di narrazione è
estremamente innovativa).
Fabula e intreccio
Fabula e intreccio, ne "Il fu Mattia Pascal", non
coincidono, se non nelle ultime pagine del romanzo. Il narratore, per il resto,
racconta le vicende che gli sono capitate a posteriori, dopo che queste si sono
verificate.
Tempo
In tutta la vicenda mancano del tutto riferimenti
cronologici precisi ed espliciti. Pirandello non ci dà date o altre precisazioni
a riguardo. Dalle notizie che Mattia legge in treno su un giornale (Lessi che
l'imperatore di Germania aveva ricevuto a Potsdam, a mezzodì; l'ambasciata
marocchina e che al ricevimento aveva assistito anche il segretario di Stato,
barone Richtofen. La missione presentata poi all'imperatrice, era stata
trattenuta a colazione… Anche lo Zar e la Zarina avevano ricevuto a Peterhof una
speciale missione tibetana, che aveva presentato alle LL. MM. I doni del Lama.)
possiamo però capire che la vicenda si svolge tra la fine del ‘800 e gli inizi
del ‘900. Sono riferimenti di fatti politici accaduti in Germania ed in Russia.
Quindi per quanto riguarda la collocazione storica della vicenda, si limita a
fare da semplice scenario: per Pirandello non sono fondamentali collocazioni
spaziali e temporali precise, ciò che più conta sono i personaggi, i loro
pensieri e le loro azioni. Così facendo la storia diventa assoluta perché la
lezione di vita di Mattia è valida in ogni tempo ed in ogni luogo.
Durata
La narrazione dell'autore inizia dalla giovinezza di
Mattia Pascal anche se in realtà il racconto vero e proprio ha la durata di due
anni. Per quanto riguarda la durata dell’azione va considerato il tipo di
narrazione utilizzato da Pirandello per la sua opera: è in prima persona
attraverso il punto di vista di Mattia. L’intera vicenda è un enorme flashback,
visto che Mattia racconta i fatti attraverso un diario su invito di don Eligio.
Sono presenti anticipazioni che preparano il lettore agli eventi successivi o
che aumentano l’attesa dello svolgersi della vicenda. Perciò l’opera inizia con
il Mattia maturo che ha già affrontato la vicenda ed in seguito viene ricordata
tutto la sua vita: l ’infanzia, il matrimonio, la fuga dal paese verso
Montecarlo, il lungo viaggio lungo l’Italia e la Germania, il soggiorno a Roma
ed il ritorno a Mirano. La fine della storia si collega all’inizio dell’opera.
Spazio
L’incredibile avventura di Mattia-Adriano si svolge
principalmente in due località e cioè a Miragno, il paesino ligure dove nasce
Mattia ed a Roma, dove Adriano affitta una stanza ad una famiglia. Queste due
località possono essere considerate le patrie delle due vite del personaggio.
Dopo la scelta della libertà assoluta e della seconda vita Mattia viaggia
moltissimo, visitando l’Italia e la Germania. Vengono citati paesi come Torino,
Milano, Venezia, Firenze e poi ancora Montecarlo, Colonia, Worms e Magonza.
Nonostante la molteplicità dei luoghi citati mai Pirandello si sofferma a
descriverli, forse perché sarebbe inutile ai fini della storia interamente
concentrata sulla molteplicità dei personaggi, sull’analisi dei caratteri e
sulla maturazione di Mattia.
Tecniche narrative
Il romanzo "Il fu Mattia
Pascal" è diviso in diciotto capitoli numerati e titolati più l'ulteriore
Avvertenza sugli scrupoli della fantasia, esterno alla storia ma aggiunto
dallo stesso Pirandello al suo romanzo qualche anno dopo la prima stesura per
dimostrare come le vicende di Mattia Pascal, seppure straordinarie e quasi
inspiegabili, possano realmente accadere.
La struttura narrativa de
"Il fu Mattia Pascal" non è quella tradizionale dei romanzi in cui il
protagonista racconta le proprie vicende. L'opera si apre con due premesse: la
prima in cui ci viene presentato il protagonista-narratore e il suo strano caso;
e la seconda, "filosofica", nella quale lo stesso autore ritiene necessario
esporre la sua concezione a riguardo dell'uomo e della vita. Dopo le due
premesse inizia una lunghissima analessi che qualche volta sarà interrotta da
alcune anticipazioni dell'autore, spesso molto brevi.
Le sequenze narrative
all'interno del romanzo, sono, assieme a quelle riflessive e dialogate le
predominanti. Quelle riflessive portano spesso l'autore a vere e proprie
considerazioni di carattere filosofico, mentre quelle dialogate sono
caratterizzate per lo più dal discorso indiretto, da quello diretto libero e da
monologhi interiori dello stesso io narrante. Proprio la presenza di sequenze
dialogate e narrative fa sì che il ritmo della storia sia sempre veloce e
incalzante.
Il tono usato da Pirandello
per il suo romanzo è di tipo colloquiale, anche perché spesso è proprio lo
stesso autore che interagisce col lettore; lo stile è chiaro, semplice e
scorrevole.
Stile e lessico
La sintassi e il lessico de
“Il fu Mattia Pascal” sono funzionali dal punto di vista della narrazione, che
segue fedelmente i pensieri, i progetti, i ragionamenti del protagonista, dalla
cui mediazione sono tra l'altro mediate le descrizioni di tutti gli altri
personaggi. Di conseguenza, l'analisi dello stile è più o meno equivalente a
quella del modo di ragionare di Mattia Pascal. Ad esempio possiamo notare che i
pensieri di Mattia non sono mai eccessivamente articolati, ma seguono piuttosto
la scia di sensazioni, impressioni, ricordi che sopraggiungono senza una logica
precisa; del resto anche l'elaborazione di decisioni, quando non segue l'indole
impetuosa, risponde ad esigenze pratiche e spesso inaspettate, per cui la
risoluzione finale raramente è frutto di una ponderazione complessa e
articolata. È proprio quando la meditazione si fa più prolungata, invece, che il
protagonista tarda a trovare una via d'uscita.
Al di là di tutto ciò,
comunque, bisogna dire che linearità e la sintesi sono caratteristiche
intrinseche dello stile di Pirandello, insieme a quella colloquialità che
semplifica le stesse riflessioni filosofiche, esemplificate e tradotte in
immagini familiari.
In modo analogo, il lessico
appare improntato alla quotidianità, pur essendo arricchito da quella coloritura
di termini ed espressioni tipiche del parlato, oppure ottenuti con invenzioni
talvolta bizzarre o con l'uso di diminutivi e accrescitivi. Questi contributi
lessicali permettono allo stile di Pirandello di non essere monotono, e
consentono al discorso ora di accelerare, ora di rallentare, ora di distendersi,
ora di agitarsi, il tutto sempre in risposta allo stato d'animo del soggetto
narrante.
Personaggi
L’opera pirandelliana è caratterizzata da una grande
quantità di personaggi (almeno una trentina) tutti differenti tra loro e tutti
con una diversa importanza nella vicenda. Se alcuni sono fondamentali, altri
potrebbero essere considerati quasi superflui ma servono ugualmente a creare un
piccolo e verosimile mondo, fatto di sfaccettature e di personaggi molto
eterogenei tra loro, per rappresentare quanto più possibile il reale. Ogni
personaggio viene presentato da Mattia in modi diversi ma la descrizione
iniziale è minima, spesso senza un accenno di aspetto fisico. Il carattere del
personaggio che entra in scena si presenta da sé, indirettamente, attraverso lo
sviluppo della vicenda. Dalle sue azioni e dai dialoghi è possibile capire anche
il suo modo di pensare. Infine si nota che alla fine della storia l’unico che
veramente è cambiato e maturato rispetto alla condizione iniziale è il
protagonista Mattia Pascal. Quindi tutti gli altri personaggi a parte lui hanno
la funzione di cornice.
Mattia Pascal – Adriano Meis
Il protagonista dell’opera,
che attraverso un enorme flash back ci racconta la sua vita singolare, nella
quale ha potuto morire formalmente per ben due volte.
Mattia Pascal proviene da
una famiglia benestante le cui finanze, però, sono venute a mancare con la morte
del padre a causa della cattiva amministrazione del patrimonio da parte di Batta
Malagna. Mattia non è particolarmente avvenente: ha un volto placido e stizzoso,
è minuto, ha il naso molto piccolo, come il mento, del resto, ed è costretto a
portare un paio di occhiali tondi per curare lo strabismo di uno dei suoi occhi;
ma era pieno di salute, e questo gli bastava. Si preoccupa del proprio aspetto
solo durante la trasformazione Mattia-Adriano, per un fine preciso .Con
l’operazione all’occhio capisce di amare di più sé stesso.
Tra il protagonista della
vicenda e la madre c'è un ottimo rapporto di stima, rispetto e tenerezza. Tra
Mattia e Roberto, il fratello, il rapporto è più di complicità.
Romilda, la moglie, non sembra essere
molto importante per lui e l’unico suo grande amore è sicuramente Adriana, che
con la sua dolcezza ha saputo conquistarlo in un momento di trasformazione
morale.
Mattia, insieme al fratello
Roberto è cresciuto senza preoccupazioni ed anche nelle situazioni più difficili
assume un atteggiamento tranquillo e sarcastico. Si preoccupa della sua libertà,
di avere meno problemi possibile e di divertirsi, almeno da giovane. La prima
svolta che cerca di dare una svolta alla sua vita è il matrimonio con Romilda. Col
matrimonio e la difficile condizione in casa inizia a sentirsi troppo legato
alle cose materiali, ai soldi che non bastano mai e cerca una via di fuga, un
ritorno alla vita semplice e divertente che ha potuto fare da piccolo.
Scappa all’insaputa di tutti
a Montecarlo, per fuggire dai propri problemi e per stare da solo.
Alla roulette il destino e la fortuna gli offrono molti
soldi che, insieme alla notizia incredibile della propria morte gli offrono
l’occasione di abbandonare una vita fatta di problemi e di iniziarne una nuova,
perfetta. Così diventa Adriano Meis, ma durante i suoi lunghi viaggi scopre
quanto sia insignificante una vita senza legami, senza responsabilità ed
affetti. Tutto questo lo spinge a tornare Mattia, ma ormai è troppo tardi. La
sua scomparsa ha permesso alla famiglia ed alla moglie di sostituirlo, creando
una nuova e sconosciuta armonia. Con la sua esperienza è maturato, cresciuto ed
ha scoperto gli ideali a cui fare riferimento nella vita, ma non può avere una
seconda possibilità. Ad un uomo come lui, vittima del destino e della sua
volontà di cambiarlo, non rimane altro da fare se non commiserarsi davanti alla
propria tomba, la tomba del fu Mattia Pascal.
La madre di
Mattia Pascal
Mattia Pascal ha una vera e
propria devozione nei riguardi della sua santa (cap. III) madre, il
rapporto fra i due è di tenerezza e stima.
È molto pacata, placida,
quasi infantile. Ha una voce e una risata nasale che sembra la faccia
vergognare. È molto gracile e spesso malata dopo la morte del marito, anche se
non si lamenta mai dei propri mali. Ciò che probabilmente più la preoccupa è la
sorte dei due figli, rimasti praticamente senza nulla dopo la morte del padre e
dopo che la stessa signora Pascal aveva lasciato tutte le sue ricchezze e
proprietà sotto l'amministrazione di Batta Malagna, poiché inetta a questo
genere di faccende: non è capace di gestire da sola la grande ricchezza lasciata
dal marito e lascia l’intera amministrazione dei suoi affari e delle sue
proprietà al Malagna. Non accorgendosi degli imbrogli fatti alle sue spalle può
solo facilitare la sua rovina.
Quando Mattia si sposa con
Romilda non riesce a sopportare la vicinanza della violenta e bisbetica vedova
Pescatore e finisce con il diventarne una vittima. Fugge di casa con la sorella
ma la morte la colpisce dopo poco, a causa degli affanni e dei feroci litigi
subiti in precedenza.
Roberto Pascal
È il fratello maggiore di
due anni di Mattia Pascal. Viene presentato inizialmente, quando il protagonista
parla della sua infanzia. I due hanno un ottimo rapporto di complicità,
soprattutto durante l'infanzia e la prima giovinezza. Sono due amici e insieme a
Mino Gerolamo formano un gruppo inseparabile.
Berto, questo è il suo
soprannome, al contrario di Mattia, è bello di volto e di corpo (cap. III),
molto vanitoso e curato nell'aspetto. Da adolescente non combina tutti i guai
sentimentali del fratello e lo ritroviamo verso la fine della vicenda un uomo
maturo, serio ed abbastanza fortunato, capace di compensare il dissesto
finanziario subito in gioventù: Grazie alla sua avvenenza riesce a contrarre un
matrimonio felice con una giovane più ricca di lui e vive con lei e la famiglia
di questa ad Oneglia.
Zia
Scolastica
È la sorella del padre di
Mattia, è completamente differente dalla sorella e Mattia se ne accorge fin da
piccolo. Aveva molta più paura di lei che dei leggeri rimproveri della madre.
Spesso apre gli occhi alla sorella su ciò che avviene attorno al lei ed è
l’unica donna capace di vincere una lite contro la vedova Pescatore, perché ha
un carattere ancora più forte e duro di lei e sicuramente più saggio.
Scolastica nutre davvero un
grande rancore nei confronti dell'amministratore del patrimonio del fratello e
vede come unica soluzione dello scempio che compie Malagna un nuovo matrimonio
della cognata, semmai con Gerolamo Pomino, un suo vecchio corteggiatore. La
madre di Mattia rifiuta però la proposta, Zia Scolastica così la accoglie nella
sua casa per sottrarla alle angherie della consuocera e della nuora, e fa lo
stesso col nipote Mattia tornato a Miragno dopo che per anni tutti lo credevano
morto.
Batta Malagna
Il disonesto amministratore delle ricchezze della
famiglia di Mattia. Approfittando della ingenuità e buona fede della moglie del
defunto Pascal, riesce ed agire indisturbato ed a diventare a poco a poco molto
ricco. Non ha rispetto per l’amico defunto e la sua famiglia, non si fa scrupoli
a dirigere la sua attività in modo sbagliato, costringendo i Pascal a vendere
una dopo l’altra tutte le loro proprietà, per poi acquistarle ad un prezzo
stracciato e goderne i frutti. Mattia, cresciuto nella spensieratezza totale a
causa della madre non se ne preoccupa e non si meraviglia una volta arrivata la
povertà.
Aveva un viso lungo
incorniciato da baffi melensi e pizzo; il pancione era languido (cap. I)
che sembrava arrivasse fino a terra, le gambe corte e tozze: insomma, secondo
Mattia, aveva il volto e il corpo che più non si addicevano ad un ladro come
Malagna.
Questo personaggio sembra
punito dal destino per le sue azioni disoneste: è continuamente afflitto perché
non riesce ad avere un figlio. Anche in famiglia non si comporta in maniera
corretta. La sua prima moglie era malata e non poteva bere vino a mangiare i
cibi più gustosi. Ma lui non si cura di questo ed a tavola sembra provocarla,
mangiando e bevendo con gusto ed in modo plateale ciò che per la moglie lì
presente è veleno.
Si inserisce negativamente
anche nella vita sentimentale di Mattia, come se averlo rovinato economicamente
non fosse stato abbastanza. Una volta morta la prima moglie decide di sposarsi
con la bella Oliva, rovinando il primo amore di Mattia. Infatti i due ragazzi si
amavano e da lui Oliva aspettava un bambino. Ciò nonostante Malagna decide di
accettare quel figlio di Mattia come suo. Così finalmente potrà diventare padre.
Mattia su questo fatto ironizza arrivando a definire Malagna in un certo senso
onesto. In fondo tutte le ricchezze accumulate da quell’amministratore a forza
di rubare e truffare i Pascal sarebbero un giorno passate a suo figlio, così
tutto sarebbe stato restituito. Mattia ama scherzare in questo modo sarcastico e
pungente.
Marianna
Dondi – vedova Pescatore
Madre di Romilda e cugina di Batta Malagna, è una vera
strega secondo Mattia Pascal, cui cerca di impedire di mantenere una relazione
con la figlia poiché lo ritiene uno sfaccendato e inetto. Nonostante preferisca
la "candidatura" di Batta Malagna come marito della figlia, si arrende alla
scelta di questa di sposare Mattia. Tuttavia non accetta la sua misera
condizione di vita dovuta al matrimonio della figlia con Mattia, ormai
poverissimo. Quindi fa di tutto per vendicarsi e, da brava suocera, è la causa
principale dei litigi in casa Pascal, spesso troppo violenti. Il suo personaggio
esprime sicuramente antipatia ed è divertente vedere il comportamento di Mattia
nei suoi confronti, quanto poco venga considerata e rispettata.
Romilda Pescatori
È la figlia di Marianna
Dondi; appare molto cortese e gentile nei confronti di Mattia quando si
incontrano per la prima volta nella casa dove lei vive con la madre. Mattia
Pascal si innamora subito di quegli occhi belli, di quel nasino, di quella
bocca (cap. IV). Romilda, durante un incontro con il protagonista del
romanzo giunge persino a pregarlo di fuggire con lei per potersi liberare della
oppressiva presenza della madre. Il matrimonio tra i due viene imposto e nasce
quasi per gioco. Infatti Mattia si era avvicinato a lei solo per conto
dell’amico Pomino e per toglierla dalle grinfie del Malagna.
Ma presto l'atteggiamento
della giovane cambia radicalmente: rimasta incinta di Mattia vuole che la
paternità del figlio sia attribuita all'arricchito cugino della madre, Batta
Malagna, ma quando quest'ultimo decide di tornare da Oliva, la moglie, rimasta a
sua volta incinta (di Mattia), Romilda accetta di sposarsi con Pascal. I nove
mesi della gravidanza sono vissuti dalla giovane in una maniera tremenda e
riversa la sua sofferenza sul marito che stenta a sopportarla.
Soffre della condizione in casa Pascal, dei continui
litigi e non può fare a meno di seguire le scelte della madre. E’ di carattere
debole e tutto ciò si trasmette alla sua salute: perde la bellezza giovanile e i
due figli che mette al mondo, essendo troppo gracili per sopravvivere, muoiono
entrambi.
Quando Mattia Pascal torna a
Miragno dopo anni di assenza, Romilda si è risposata con Mino Pomino e i due
hanno avuto una bambina la cui purezza e innocenza convincono lo stesso Pascal a
non fare rivendicazioni a proposito della madre.
Alla vista di Mattia sviene
per l’emozione. Sembra trovarsi davvero bene col nuovo e ricco marito: è tornata
ad essere la bella Romilda di gioventù ed il figlio di Pomino è nato sano e sta
benissimo.
Adriana Paleari
È la figlia di Anselmo
Paleari, proprietario della pensione di via Ripetta a Roma dove Mattia Pascal,
sotto l'identità di Adriano Meis, alloggia durante il suo soggiorno nella
capitale.
Quando il protagonista del
romanzo vede per la prima volta Adriana ella gli appare tutta confusa, una
signorinetta piccola piccola, bionda, pallida, dagli occhi cerulei, dolci,
mesti, come tutto il volto (cap. X) e gli appare anche molto giovane. Veste
di nero a causa della recente morte della sorella maggiore.
E’ una ragazza pura,
gentile, educatissima, tenera e discreta ma allo stesso tempo è responsabile di
sé stessa e di tutta la famiglia.
Adriana è molto religiosa:
detesta la passione del padre Anselmo per ciò che è occulto e le sedute
spiritiche cui partecipa soventemente; è sempre molto pacata e tranquilla in
ogni occasione; solamente una volta durante il romanzo ha una reazione violenta,
quando Mattia Pascal-Adriano Meis, scoperto il furto del denaro commesso dal
cognato della stessa Adriana, le confessa di non voler denunciare il fatto. La
reazione, così insolita per il suo carattere, è dovuta al fatto che Terenzio
Papiano la vuole sposare per ottenere il denaro della sua dote, e il furto che
questi compie ai danni di Mattia-Adriano sarebbe la maniera migliore per
sbarazzarsi definitivamente dell'avido cognato.
Anselmo Paleari
Padre di Adriana, è il
sessantenne proprietario della pensione di via Ripetta a Roma.
Quando Mattia lo incontra
per la prima volta, nota il suo torso nudo roseo, ciccioso, senza un pelo
(cap. X).
Paleari, agli occhi dello stesso protagonista del
romanzo è un uomo completamente estraneo rispetto alla realtà che lo circonda a
causa delle sue noiose riflessioni che espone continuamente al povero
Pascal-Meis. Ormai non può più lavorare e tutta la sua vita è dedicata alla
lettura, alla filosofia ed alle riflessioni sul suo tema preferito: l’occulto.
L'occulto è l'argomento che più interessa ad Anselmo, che organizza spesso sedute
spiritiche con lo scopo di richiamare le anime dei morti.
Terenzio Papiano
Era il marito della sorella
di Adriana, morta senza avere avuto figli.
È un uomo sui quarant'anni,
con occhi grigi, acuti e irrequieti (cap. XII) calvo, alto, robusto e con
evidenti baffi brizzolati.
Papiano non ha scrupoli:
dovendo restituire ad Anselmo Paleari la dote della moglie morta, cerca
piuttosto di indurre Adriana a sposarlo in modo di non dover più consegnare al
padre il denaro che gli doveva, e sfrutta l'aiuto di Silvia Caporale, un'altra
ospite della pensione rimasta impoverita dopo avere affidato ogni suo avere allo
stesso Papiano. Notando però l'interesse di Pascal-Meis per la giovane che ha
preso di mira, Terenzio cerca di avvicinarlo a Pepita Pantogada, nipote del
Marchese di Auletta presso cui lo stesso Papiano lavora come segretario, ma non
riesce nel suo intento. Papiano, allora, con l'aiuto del fratello, sottrae a
Mattia-Adriano una forte somma di denaro (dodicimila lire )come ricompensa del
suo interessamento per Adriana.
La signorina caporale
Un personaggio minore, inquilina nella casa Paleari. E’
una donna brutta e zitella, che si consola con l’alcool della propria misera
condizione. Ha avuto una volgare relazione con Terenzio ma è stata solo usata.
E’ lei che suggerisce ad Adriano l’operazione all’occhio e nei suoi confronti
diventa sempre più curiosa ed invadente. La compagnia e le chiacchierate con il
curioso coinquilino la fanno innamorare ma il suo sentimento non verrà mai
contraccambiato. Ha una grande complicità con Adriana, ma spesso finisce solo
con fare arrabbiare o mettere in imbarazzo la giovane ragazza.
Pinzone
E’ il mediocre insegnante di Mattia e Roberto, capace
solo di insegnamenti noiosi ed inutili. Spesso è complice dei due vispi ragazzi
e li fa divertire invece di eseguire il suo dovere in cambio di un po’ di vino.
E’ un personaggio buffo e subisce anche gli scherzi dei due bambini se li
tradisce raccontando alla loro mamma le loro birbanterie.
E’ un personaggio di seconda
importanza, con un carattere mediocre se paragonato a quello del protagonista.
Amico di Mattia, appare per la prima volta nell’opera durante la gioventù del
Pascal. Non ha problemi economici e nel paese ha diverse proprietà lasciate dal
padre. Si innamora di Romilda e chiede al giovane Pascal di aiutarlo a
conquistarla, vista la sua timidezza ed il carattere debole. Rimane deluso ed
offeso quando capisce che l’amico, a forza di andare a trovare la ragazza se ne
è innamorato, ma anche in seguito non dimostra mai apertamente il suo disprezzo.
Anzi, è disposto ad aiutare Mattia quando cerca lavoro, gli offre del denaro ed
è lui a trovargli il posto di bibliotecario. I n fondo è di indole buona ma
risulta vittima degli altri, incapace di reagire.
Quando Mattia è creduto
morto da tutto il paese di Miragno si sposa con la vedova Pascal e questo
atteggiamento è visto da Mattia quasi un tradimento, soprattutto della moglie
“vendutasi” a lui perché ricco, anche se in gioventù l’aveva disprezzato. La
critica di Mattia fa nascere il dubbio Che Pomino non sia amata da Romilda, ma
solo sfruttato per ottenere una vita agiata.
Alla vista di Mattia non sa
proprio come reagire, non riuscendo a trovare una soluzione per evitare
l’annullamento del suo matrimonio. E’ sollevato quando capisce che Mattia non
vuole intromettersi nella sua nuova famiglia ma la sua felicità e la stabilità
della sua condizione non è dovuta alle sue azioni: è una conseguenza delle
scelte coraggiose di Mattia.
I temi
"Il fu Mattia Pascal" presenta moltissime tematiche che
possono essere oggetto di discussione ancora oggi dopo quasi un secolo dalla sua
stesura.
La maschera
_E' estremizzato il
bisogno dell'uomo di darsi una maschera per vivere in società, forma
che oltre ad essere, secondo l'autore, necessaria è anche difficilmente
sostituibile dato che l'individuo, o meglio la sua maschera, dal momento in cui
nasce vanno a far parte di un gran meccanismo che non può rompersi e per questo,
ognuno è costretto a recitare la sua parte senza neanche chiedersi il perché. Se
in quest'immenso gioco si prova a “bluffare”, si è destinati a fallire e nel
migliore dei casi bisogna tornare ad essere una delle tante pedine; l'unico modo
per estraniarsene è non essere più utili per il proseguimento della partita, in
altre parole o morire o impazzire, le sole condizioni in cui ci si può, forse,
considerare liberi.
La maschera, così
come l'appartenere ad un gruppo, il calarsi in una trappola è inteso come
necessario perché l'uomo come singolo non ha alcun valore se non per se
stesso, e nessuna possibilità di essere veramente libero di decidere
arbitrariamente o quasi della propria esistenza.
La realtà è concepita
unicamente come una formalità: non è tanto importante che una cosa sia
vera ma basta che possa esserlo e si sfrutta ciò finché qualcuno non dimostra
l'opposto; ad esempio nel racconto, a nessuno importa se Mattia sia morto
veramente, l'importante è che lui non torni (potrebbe anche essere morto davvero o
no è uguale!) in modo che il nuovo matrimonio di Romilda non desti scandali, e
quando lui torna, nessuno si meraviglia perché a questo punto che lui sia morto
davvero o no non è più importante, dato che ha deciso di non riprendersi la
moglie. Adesso potrebbe anche morire veramente che sicuramente nessuno lo
farebbe scrivere su un giornale dato che tutte le apparenze sono salve ed il
grande mosaico della vita sociale non subirebbe contraccolpi.
L’identità e la morte
La prima frase : ”Una delle poche cose, anzi forse la
sola che io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal” e
l'ultima: “Io sono il fu Mattia Pascal” del romanzo affrontano il tema
dell'identità, molto presente all'interno di tutta la narrazione, durante
la quale vengono prese in esame via via altre tematiche; tra queste la morte (dopo
la mia terza, ultima e definitiva morte) che non solo
riguarda quella molteplice di Mattia Pascal, ma anche quella del padre, della
madre e delle figlie dello stesso protagonista, ma anche quella del pallidissimo
giovane suicidatosi dopo avere perso tutto ciò che aveva al Casinò di Montecarlo.
La morte pone fine ad inutili vite in cui ognuno si affatica a
raggiungere obiettivi tutto sommato inutili e per i quali lo ricorderanno a
malapena i suoi cari, se mai ne ha avuti.
L’amore
Anche l'amore è visto come sentimento assurdo,
infatti, Mattia non comprende a cosa sia dovuto e a quale scopo Pomino abbia per
Romilda un tale sentimento, ed anche il suo rapporto con Adriana, è vissuto dal
protagonista in chiave molto egoistica e personale.
Il gioco e la fortuna
Il gioco (Non seppi, o
meglio, non potei arrestarmi a tempo) è un altro dei temi del romanzo che va
associato anche quello della fortuna (Non ebbi più né modo né tempo di
stupirmi allora del favore, più favoloso che straordinario, della fortuna).
La solitudine
Altra importante tematica
del romanzo è la solitudine (mi trovai qui solo, mangiato dalla noia).
Due difetti, uno fisico e uno di carattere più manuale, amministrativo, che
Mattia Pascal pone molto spesso in rilievo sono il suo strabismo (un occhio,
il quale, non so perché, tendeva a guardare per conto suo, altrove) e la sua
incapacità (ero inetto a tutto). È proprio il suo occhio strabico che gli
permette di seguire, come uno spettatore, il suo "lasciarsi vivere"; questo
difetto fisico, dopo un'operazione, viene eliminato a Roma, e proprio da quel
momento, Pascal, riesce a mettere un po' di ordine nella sua esistenza iniziando
a chiarire la realtà della vita che lo circonda, dato che, non ne è più uno
spettatore, eliminato l'occhio strabico. Altra caratteristica di Mattia Pascal è
il suo continuo peregrinare (seguitai ancora per qualche tempo a viaggiare),
egli viaggia per sfuggire da una realtà che non gli appare bene definita,
chiara, e quindi lo spaventa.
Il messaggio dell’autore
Pirandello con la sua opera
ha cercato di ottenere qualcosa di assolutamente nuovo e di difficile
realizzazione. In fondo, visti i dialoghi e le riflessioni presenti nell’opera,
l’autore è sia un filosofo che un comico allo stesso tempo e da questa strana
fusione nasce qualcosa di unico.
La voluta assenza di descrizioni temporali e spaziali
permette di concentrare la visione del lettore proprio su una vicenda
caratterizzata da un ritmo continuo, da prendere come esempio e lezione di vita.
La storia di Mattia è completamente basata su un fatto incredibile, ma non
impossibile.
E qui sta il succo della
novità pirandelliana: gli eventi narrati possono sembrare addirittura
eccezionali ed impossibili ma non lo sono. Fatti e personaggi non sono opera di
un'invenzione, basata sulla fantasia dell’autore, ma rappresentano la realtà più
strana ed inaspettata. Pirandello realizza un mondo non irreale e nemmeno reale,
visto che in fondo è sempre una opera scritta. La sua vicenda, i fatti, i
dialoghi ed i personaggi sono perciò verosimili, capaci di diventare una realtà.
Nella prima premessa alla
vicenda Pirandello inserisce una critica contro Copernico, che con la sua
scoperta ha sconvolto il modo di pensare dell’uomo. La terra non è al centro
dell’universo e gli uomini solo una infinitesimale parte di esso. Perciò ogni
gloria o sopravvalutazione risulta vana.
La storia di Mattia ha anche
un importante e pessimistico retroscena: in soli due anni tutti gli abitanti di
Miragno lo dimenticano, la famiglia non sembra disperarsi della sua morte e la
moglie si risposa sostituendolo con uomo più ricco. Anche se la sua morte è
stata una finta, Mattia ha perso tutto e non può sperare di riottenerlo. La
nostra società dimentica presto, sostituisce chi è scomparso e va avanti.
L’opera di Pirandello può
essere considerata una lunga favola che attraverso una storia, una moltitudine
di personaggi vuole trasmettere al lettore una morale. L’uomo non può lottare
contro la propria sorte, anche se tristemente avversa e nemmeno crearsela con le
proprie mani come fa Mattia Pascal diventando Adriano Meis. Siamo tutti delle
marionette con una maschera, pronti ad adattarci alla varietà enorme di
situazioni che ci coinvolgono.