PASCOLI E' UNO DI QUEI POETI CHE HANNO RIVERSATO INTERA LA PROPRIA AUTOBIOGRAFIA NELLA POESIA.
Pascoli incarna la tendenza intimistica del Decadentismo in Italia per la sua personalità schiva e riservata , per la sua vita consacrata esclusivamente alla letteratura e agli affetti familiari, per le tematiche predilette dalla sua poesia. La figura di Pascoli sembra costituire un'antitesi al tipo di intellettuale inquieto e trasgressivo,artista maledetto, dandy o eroe decadente che domina in questo periodo. Tuttavia , entrambi gli atteggiamenti nascono da un fondo comune, e cioè dal disagio nei confronti della cultura e della società del proprio tempo. In Pascoli, in particolare, si rispecchia la crisi della cultura positivistica, della quale egli non condivide l'ottimistica fiducia nella scienza e nel progresso,e alla quale contrappone una concezione del mondo come mistero e della vita come dolore. La scienza infatti ha deluso ,perchè :
è riuscita a spiegare solo una parte insignificante della realtà, quella materiale, mentre ci sfugge il senso ultimo della vita , del mondo e dell'intero universo;
non ha saputo dare una risposta al problema fondamentale per ciascun individuo, quello del dolore e della morte, che incombe come destino tragico ed inesplicabile su tutti gli uomini.
Nel 1987 Pascoli pubblicò sulla rivista "Marzocco" un saggio sulla poesia, "Il fanciullino", che fu poi ampliato e incluso nel volume Miei pensieri di varia umanità(1903), quindi in Pensieri e discorsi(1907). Il saggio, diviso in venti brevi capitoli, si presenta come un testo di riflessione teorica: non c'è un'esposizione ordinata e coerente, le idee si aggregano, si disperdono, raffiorano in un tessuto argomentativo discontinuo.
Il titolo deriva da un passo del “Fedone”di Platone: Cebes Tebano,
pensando alla morte di Socrate che stava per bere la cicuta, si mette a
piangere. Socrate lo rimprovera per quel pianto e Cebes si scusa dicendo
che non è lui che piange ma il fanciullino che è in lui. Il punto di partenza della riflessione del Pascoli è l’idea della presenza della morte nella vita dell’uomo. L’unica consolazione è la poesia che permette di partecipare alla vita.
Il poeta in un certo senso sottrae le cose al destino di vanificazione e
le restituisce alla vita. Se tutto nella storia si dissolve la poesia è
in grado di percepire la vita segreta delle cose e in un certo senso
riportarle alla vita. Il poeta ha quindi il compito di sottrarre quanto più può alla morte e la poesia è un dono sacro.
All’incirca negli stessi anni in cui D’Annunzio ha elaborato il mito del «superuomo», Pascoli, nelle celebri pagine del "Fanciullino" (1897), ha teorizzato la sua poetica, intimamente connessa al Decadentismo.
La figura del fanciullino assume un doppio significato simbolico:
è il simbolo di quei margini di purezza, innocenza e candore che sopravvivono nell'uomo adulto;
è l'emblema della poesia, delle potenzialità latenti di scrittura poetica presenti nel fondo dell'animo umano.
La poesia infatti per Pascoli è tale solo quando riesce a parlare con la voce del "fanciullino", quando interpreta il mondo scevra dalle convinzioni e dalla razionalità tipica dell'età adulta.
parla attraverso i nostri sogni ed è metafora dell'inconscio, di quella parte della psiche umana che si sottrae a ogni tentativo di soffocamento;
parla alle bestie, agli alberi,ai sassi,alle nuvole , alle stelle;
rimane piccolo anche quando "noi ingrossiamo e arrugginiamo la voce, ed egli fa sentire tuttavia sempre il suo tinnulo squillo come il campanello" ;
"piange e ride senza perchè di cose che sfuggono ai nostri sensi e alla nostra ragione";
"popola l'ombra di fantasmi e il cielo di dei";
guarda a tutte le cose con stupore, meraviglia(nuovo e bello sono i suoi aggettivi tipici);
non coglie i rapporti logici di causa -effetto esistenti tra le cose;
scopre nelle cose le somiglianze e relazioni più ingegnose;
riempie ogni oggetto della propria immaginazionee dei propri ricordi, trasformandolo in un simbolo;
rimpicciolisce per poter vedere e ingrandisce per poter ammirare;
sonda il mistero.
IL SIMBOLISMO
A proposito del simbolismo di Pascoli è stato osservato che"il poeta ha il compito di condurre l'ignoto termine sperimentale all'immagine nota,o, viceversa,è l'assidua ricerca di una seconda immagine pregnante e illustrativa da mettere in relazione con un'altra interiore già data".
La poesia quindi dovrà essere :
spontanea e intuitiva;
capace di scoprire il valore simbolico di quei dettagli delle umili cose che ci crcondano, che non riusciamo a cogliere razionalmente;
in grado di stimolare la capcità immaginativa e fantastica del lettore.
Pascoli elabora "una poetica d'un Decadentismo italiano incentrato in un senso immediato delle cose, la cui evoluzione lirica suggerisce cose, sfumature di cose, ma non i mondi dell'inconoscibile, del misterioso, che restano un limite , una aspirazione, non una conquista."( Binni)
Il nido è una metafora ricorrente nell'opera di Pascoli. È dimora
degli uccelli e nido familiare che offre rifugio, protezione dalla
realtà esterna. È un luogo di conforto, rifugio "rozzo di
fuori, radiche e stecchi", ma dentro tiepido e sicuro. Si diffida
di ciò che è fuori dal nido (esemplare è il racconto dell'uccisione
del padre in X AGOSTO"Ritornava una rondine al tetto"), quindi
anche dei rapporti sociali ed erotici. "L'evento traumatico - la
violenza - avviene nello spazio aperto e negativo del mondo."
(Angelo Marchese, Introduzione alla semiotica della letteratura,
SEI, 1981, p. 281) Il simbolo esprime un legame strenuo con la
famiglia, la difesa accanita di un piccolo mondo di affetti, di
memorie sempre ravvivate e di esperienze. La famiglia è composta dai
vivi e dai morti, che continuano ad esistere, consigliare, redarguire.
Il nido è al centro di una costellazione di
simboli che comprende tra l'altro: 1. la casa,
2. la culla,
3. la siepe. La siepe recinge il podere che con i
suoi frutti garantisce ai contadini una vita semplice e felice, pur se
povera e faticosa, lontano dagli affanni della città. Particolarmente
nei Poemetti, Pascoli si sforza di costruire un "idillio
georgico". 4. il muro, 5. la nebbia (in quanto questa delimita una zona
chiusa e sicura). Anche la campagna, generalmente rappresentata con toni idillici
nelle sue liturgie stagionali di lavoro e riposo è proiezione del
nido.
1) “La pioggia nel pineto” è una poesia scritta da Gabriele D’Annunzio ed è stata tratta dalla raccolta poetica: Alcyone. Questa
poesia rappresenta le sensazioni prodotte dalla pioggia che cade,
sempre più intensamente, sulla pineta in cui si sono addentrati l’uomo e
la donna. La natura sembra risvegliarsi e rispondere al contatto della
pioggia quasi con un discorso musicale, come una serie di strumenti dal
suono diverso. In mezzo a questi suoni e sotto l’intensificazione della
pioggia, l’uomo e la donna, purificati dall’acqua piovana che ne bagna
le vesti, sembrano immergersi progressivamente nella natura, divenendo
parte di essa. La poesia intreccia due temi: la descrizione della
macchia e del bosco marittimo sotto la pioggia; la suggestione,
esercitata dal luogo, che fa sì che i due amanti si sentano piante
anch’essi. 2) La lirica si apre con il duplice invito rivolto dal
poeta ad Ermione “Taci” e “Ascolta” che poi si susseguono in tutto il
testo. I due imperativi introducono ogni volta la musica della pioggia,
ma allo stesso tempo costituiscono l’invito a cogliere parole
pronunciate da “gocciole e foglie lontane”, dalle voci più segrete della
natura. I termini “pioggia” e “piove” si ripetono più volte.
All’interno dell’orchestra ritmica e fonica suscitata dalla pioggia
sulla vegetazione si delineano quei tratti umani destinati alla
trasformazione vegetale: i volti, le mani, i vestimenti e perfino i
pensieri. 3) Mentre la pioggia cade, ogni albero produce un suono
diverso, sembrando strumenti suonati da tante mani. Fin dall'inizio le
voci della natura recano una suggestione magica ,quasi volessero
attrarre a sè che le sente e subendone il fascino , il poeta e la donna
vanno incontro a una vera metamorfosi , che ha i suoi momenti culminanti
al centro della poesia,,in chiusura della seconda strofa,dove essi sono
"d'arborea vita viventi", e nell'ultima strofa , dove Ermione è
trasformata in una sorta di ninfa silvestre e il suo volto è gioioso,
bagnato di pioggia come una foglia, e i suoi capelli profumano come le
ginestre. D’Annunzio, guardando Ermione, si accorge che la pioggia cade
anche sulle sue ciglia, e sembra che lei pianga di piacere; lei sembra
verdeggiante ed appare come una ninfa che esce dall’albero.Alcuni
aspetti della poesia dannunziana nella fase di Alcyone rimandano
indubbiamente a motivi della tendenza simbolista allora diffusi in
Europa che certo il poeta conosceva bene.
STEFANO CONTI NIBALI
1) L’opera LA PIOGGIA NEL PINETO è stata composta nell’estate del 1902 da
G. D’Annunzio, questa poesia rappresenta lo sciogliersi del soggetto
nel paesaggio attraverso una valorizzazione del rapporto sensoriale con
esso (in questo caso è un rapporto uditivo). Sorpreso con l’amata
(chiamata Ermione) dalla pioggia nella pineta nei pressi di Marina di
Pisa, il poeta si concentra sui suoni prodotti dal cadere dell’acqua
sulle diverse varietà di vegetazione e dal verso di alcuni animali,
ricostruendo il tessuto sinfonico attraverso un verseggiare frantumato,
tramato di riprese foniche. L’immersione nel grande evento atmosferico
della pioggia estiva diviene per i due protagonisti l’occasione di
fondersi alla natura. 2) A caratterizzare il significato artistico
del componimento è però soprattutto la sua spiccata musicalità,
registrata da tutti i lettori. Tale musicalità si basa innanzitutto sul
fitto sistema di rime ed è favorita dall’impiego di versi brevi e
brevissimi. D’Annunzio non spezza il fluire del discorso ma cerca al
contrario di garantire la massima scorrevolezza innanzitutto musicale.
Tale scorrevolezza è ottenuta utilizzando unità metriche minime e
mutevoli, la cui organizzazione sulla pagina sembra fissare solo una
delle molte possibilità strutturali si prendono per esempio i vv.
97-101: “piove sulle tue ciglia nere/ si che par tu pianga/ ma di
piacere; non bianca/ ma quasi fatta virente,/ par da scorza tu esca”.
Qui la rima interna “nere: piacere” tende a spezzare in due il v. 99,
mentre la seconda parte di quel verso (“non bianca”) potrebbe a sua
volta agevolmente unirsi al seguente, formando un endecasillabo
perfetto. Che la musicalità sia la nota dominante della poesia è d’altra
parte esplicato già dall’attacco “Taci”, dall’interrogativa “Odi” e
dalla ripresa dell’invito ad ascoltare. 3) Nella parte centrale
della quarta strofa, i protagonisti subiscono una “naturalizzazione” ,
così che il loro cuore diventa come una pesca, gli occhi come sorgenti
in mezzo a una prato, i denti come mandorle. Sembra quasi affiorare il
mito ovidiano della trasformazione di Dafne in arbusto quando si dice
che la donna pare uscire da un albero e diventare, da bianca a verde
(vv. 99-101). Proprio la naturalizzazione dell’umano e la
antropomorfizzazione della natura sono tra i caratteri distintivi della
poetica simbolistica: la percezione delle corrispondenze naturali si
svolge ponendo il soggetto poetico al confine tra i due mondi, quasi
facendone il punto di incontro e di raccordo delle misteriose analogie
che soggiacciono alla realtà visibile. In D’Annunzio questa tendenza dal
simbolismo assume i tratti peculiari del panismo, cioè della fusione
dell’io con il tutto dell’indistinto naturale.
ANTONELLA SALVA'
La pioggia nel pineto Il poeta immagina di trovarsi,
in una giornata d'estate, con la sua donna amata, alla quale dà il nome
classico di Ermione, nella pineta di Versilia battuta dalla pioggia. La
lirica rappresenta le sensazioni prodotte dalla pioggia che cade, sempre
più intensamente, sulla pineta in cui si sono addentrati l'uomo e la
donna. La natura sembra risvegliarsi e rispondere al contatto della
pioggia quasi con un discorso musicale, come una serie di strumenti dal
suono diverso. In mezzo a questi suoni e sotto l'intensificazione della
pioggia, l'uomo e la donna, purificati dall'acqua piovana che ne bagna
le vesti, sembrano immergersi progressivamente nella natura, divenendo
parte di essa. Forma metrica: uscivano, nel 1902, i primi tre libri
delle Laudi del Cielo, del Mare e della Terra. La metamorfosi
dipende dalla sinfonia dei suoni che conduce gradualmente l'uomo e la
donna in una dimensione di sogno, entro la quale awengono i riti
metamorfici. Dapprima si confondono con il bosco (piove su i nostri
vòlti silvan,), poi Ermione è paragonata agli elementi della natura (il
volto come una foglia, le chiome come le ginestre), diventa quasi una
ninfa del bosco (virente), infine si fondono entrambi con gli elementi
della natura, sentendosi parte viva e integrante di essa: il cuore è
come una pèsca, gli occhi sono come sorgenti, i denti sono mandorle
acerbe. La lirica si chiude con la ripresa del tema della pioggia, quasi
a prolungare quello stato di estasi cui sono pervenuti il poeta e la
sua compagna. Il lessico è semplice ma costellato qua e là di termini ricercati
(tamerici, mirti) e di registro alto, per l'uso particolare degli
aggettivi (salmastre ed arse, scagliosi e irti, divini, fulgenti di
fiori accoIt folti di coccole aulenti, solitaria verdura). li linguaggio
poetico traduce in parola i suoni della natura, la parola è la formula
magica che rivela l'essenza della realtà. La parola è usata più per
la sua musicalità che per il significatò referenziale e la
corrispondenza parola-natura è realizzata in un accordo di suoni, di
rime interne (mane, lontane; canto, pianto; dita, vita), di assonanze
(parole... nuove; illuse... illude), consonanze (secondo... fronde),
allitterazioni (piove..., pini... ginestre... ginepri) e termini
onomatopeici (salmastre ed arse, fulgenti, coccole, crepitìo, croscio),
che privilegiano il suono sul senso. Ogni strofa comprende più
periodi e la sintassi, con proposizioni coordinate brevi, è spezzata
dagli enjambements, che contemporaneamente dilatano il verso. La
struttura è basata sulla enumerazione, ad esempio la ripetizione della
parola-chiave piove costruisce una simmetria sintattica, esprime
fonicamente il ritmo uguale della pioggia e si arricchisce di immagini
nuove, che comunicano la partecipazione alla vita della natura. Piove..., su elementi naturali (tamerici, pini, mirti, ginestre, ginepri); piove..., su elementi umani (i nostri volti siivani, le nostre mani, i nostri vestimenti); piove..., su elementi sentimentali (i freschi pensieri, la favola bella).
GIADA GIUFFRIDA
Nel restituire con straordinaria musicalità il
prorompere della pioggia estiva in una pineta mediterranea, questa
poesia rivela alcuni degli aspetti più importanti della poetica e della
visione del mondo alcionie. In essa, inserita nella seconda sezione di
Alcyone, viene infatti anticipato il tema metamorfico che dominerà poi
nella terza: i due personaggi tendono infatti ad assimilarsi alla natura
vegetale che li circonda. Una seconda metamorfosi si registra poi
nell’ambito delle parole, vero culto dannunziano, il loro potere
d’espressione delle singole sensazioni appare tanto sviluppato da
assimilarle alle cose stesse da cui queste sensazioni derivano. Ma c’è
di più; descrivendo il rumore della pioggia il poeta sembra rendere
l’essenza stessa della natura, ovvero quel flusso metamorfico
ininterrotto (di cui la musica è la metafora più appropriata) in cui i
singoli fenomeni si susseguono, si intrecciano, isolandosi in fugaci
bagliori prima di venir riassorbiti sullo sfondo. Ciò viene reso
attraverso un ritmo poetico in cui l’andamento ciclico (il ripetersi di
cadenze identiche) si mescola a continue variazioni, secondo unità di
misura ben più ampie del singolo verso. Non va poi trascurato l’elemento
amoroso e l’atmosfera di lieve gioco presente, pur nella consapevolezza
che la favola bella dell’amore è del tutto illusoria: l’illusione, come
sappiamo, è un pericolo sempre incombente nell’universo dannunziano,
come rifluire su se stessa della sua acuta tensione sensitiva e supero
mistica. La poesia fu composta fra il luglio e l’agosto 1902, ma i suoi
temi risultano anticipati nei Taccuini fin dal 1895.
YVONNE SGROI
1) “La pioggia nel pineto” è una poesia scritta da Gabriele D’Annunzio ed è tratta dalla raccolta poetica: Alcyone. Questa poesia è dedicata alle sensazione prodotte dalla pioggia che cade sulla pineta. La
natura si sveglia e risponde alla pioggia con un discorso musicale. In
questa pineta si sono addentrati un uomo e una donna, i quali,
purificati dall’acqua, si immergono in questa natura che diventa quasi
parte di loro. La poesia ha in sè due temi: la della pineta sotto la
pioggia e la suggestione che fa sentire i due amanti piante. 2) La
lirica si apre con l’invito del poeta verso Ermione a soffermarsi e ad
ascoltare la natura. Infatti in tutta la poesia si ripeteranno “Taci” e
“Ascolta” che introducono la musica della pioggia. I termini “pioggia” e
“piove” si ripetono più volte. All’interno dell’orchestra ritmica
composta dalla pioggia sulla vegetazione si delineano dei tratti umani
destinati alla trasformazione vegetale: i volti, le mani, i vestimenti e
perfino i pensieri.
3) La natura provoca una suggestione magica
come se volesse attrarre a sé gli amanti che man mano subiscono una
metamorfosi. Nella seconda strofa Ermione è trasformata in un ninfa
silvestre con il volto gioioso, bagnato come una foglia. D’Annunzio per
dare un senso di sensualità alla poesia sottolinea che la pioggia cade
sulle ciglia di Ermione, come se la ninfa stesse piangendo di piacere.
MARIANGELA LEOTTA
1)Il poeta si sofferma sulle voci misteriose della natura ed invita
Ermione a tacere e ad ascoltare la musica della pioggia. Egli è attento a
cogliere le sfumature più diverse e le varie modulazioni che le gocce
di pioggia producono sulle piante del bosco. A questo concerto della
pioggia partecipano anche le cicale con il loro canto e le rane, il cui
verso sordo e roco si spegne nell'ombra di un luogo lontano e
indeterminato (il chi sa dove, chi sa dove vuole creare un'impressione
di lontananza favolosa) 2) Il lessico è semplice ma costellato qua e
là di termini ricercati (tamerici, mirti) e di registro alto, per l'uso
particolare degli aggettivi (salmastre ed arse, scagliosi e irti,
divini, fulgenti di fiori accolti folti di coccole aulenti, solitaria
verdura). il linguaggio poetico traduce in parola i suoni della natura,
la parola è la formula magica che rivela l'essenza della realtà. La
parola è usata più per la sua musicalità che per il significato
referenziale e la corrispondenza parola-natura è realizzata in un
accordo di suoni, di rime interne (mane, lontane; canto, pianto; dita,
vita), di assonanze (parole... nuove; illuse... illude), consonanze
(secondo... fronde), allitterazioni (piove..., pini... ginestre...
ginepri) e termini onomatopeici (salmastre ed arse, fulgenti, coccole,
croscio), che privilegiano il suono sul senso. Ogni strofa comprende
più periodi e la sintassi, con proposizioni coordinate brevi, è spezzata
dagli enjambements, che contemporaneamente dilatano il verso. La
struttura è basata sulla enumerazione, ad esempio la ripetizione della
parola-chiave piove costruisce una simmetria sintattica, esprime
fonicamente il ritmo uguale della pioggia e si arricchisce di immagini
nuove, che comunicano la partecipazione alla vita della natura. Piove..., su elementi naturali (tamerici, pini, mirti, ginestre, ginepri); piove..., su elementi umani (le nostre mani, i nostri vestimenti); piove..., su elementi sentimentali (i freschi pensieri, la favola bella).
La ricchezza di enjambement dà l'idea della dimensione verticale della
pioggia in discesa, del goccia su goccia che irrora l'ambiente di nuova
vita. La ripetizione del verbo piove è quasi sacrale: una funzione
sacerdotale pagana della pioggia che dipinge l'intera flora del pineto,
un'insieme di piante poetiche, usate da classici italiani (tamerice,
ginestra) e latini, piante che suonano, come strumenti ben accordati. 3)
La fusione panica dei due personaggi umani con la natura avviene
gradualmente e in crescendo, la sinfonia dei suoni conduce gradualmente
l'uomo e la donna in una dimensione di sogno, entro la quale avvengono i
riti metamorfici. Dapprima si confondono con il bosco poi Ermione è
paragonata agli elementi della natura (il volto come una foglia, le
chiome come le ginestre), diventa quasi una ninfa del bosco (virente),
infine si fondono entrambi con gli elementi della natura, sentendosi
parte viva e integrante di essa: il cuore è come una pèsca, gli occhi
sono come sorgenti, i denti sono mandorle acerbe.
Il termine “panismo”
deriva dal nome del dio greco παν,
attraverso l’aggettivo “pànico”.
.
Designa un atteggiamento letterario che privilegia come esperienza fondamentale dell'artista il rapporto ricco di slancio e di pienezza gioiosa con la vita della natura , concepita come forza animata , nella quale egli si identifica. Pan è una
divinità del mondo pastorale, con
caratteri di selvaggia bestialità e legami
con il mondo infero; celebri i suoi
accoppiamenti in forma travestita. Per
paraetimologia il nome è collegabile alla
voce greca “pan”, che significa ’tutto’,
così da attribuire al dio il carattere di
divinità universale della natura. A questa
accezione si riferisce il termine
“panismo”, da intendersi quale tensione a
identificarsi con le forze naturali,
fondendosi a esse con slancio gioioso e
istintivo. La vegetalizzazione e
l’animalizzazione dell’umano che si
riscontrano in numerosi testi dell’Alcyone
di
d’Annunzio
ne costituiscono esempi calzanti. Alla svolta del secolo nasce il disegno ambizioso e composito delle Laudi,in cui è penetrata anche la lezione nietzschiana.Nelle Laudi è evidente anche l'influenza del Simbolsmo francese,soprattutto nella ricerca di una musicalità ricca di echi e di riflessi.
Alcyone è il terzo libro delle "Laudi del cielo, del
mare, della terra e degli eroi", poema lirico concepito da Gabriele D'Annunzio in
sette libri e rimasto incompiuto. Alcyone, composto nel 1903 e pubblicato nel
1904, è un vero inno ad una natura riscoperta in luoghi ancora incontaminati.
E' il libro che più ha influenzato la poesia del Novecento e che, anche all'interno della produzione di D'Annunzio si presenta come uno dei più sperimentali soprattutto sul piano del linguaggio e dello stile.
Qui finalmente la ricerca ansiosa di una "comunione più profonda "con le cose e la loro "anima",l'antropomorfismo" spiritualizzato", ovvero" la misteriosa facoltà di penetrare in ogni oggettoe di trasmutarsi in esso",sembrano trovare il proprio ritmo necessario.L'incontro tra oggetto e soggetto si realizza attraverso analogie e corrispondenze ,aderenti,al mistero infinitamente fluido dell'essere nel mondo.E nelle cosiddette strofe lunghe, in versi liberi,ma anche nelle più tradizionali strutture endecasillabiche D'Annunzio trova la flessuosità di un ritmo multiploe franto che si modella a ogni istante sull'emozione.La concretezza geografica del paesaggio marinoversiliese, dall'esplosione luminosa dell'estate al languore di Settembre , si trasforma spesso in uno sfondo magico e favoloso. Il panismo è una vera e propria forma di conoscenza , che conserva il carattere elitario e aristocratico di tutta l'esperienza dannunziana.Dopo aver affermato i miti della potenza , della patria,del dominio sulle masse nelle due raccolte precedenti, il superuomo dell'Alcyone assume anche il ruolo di depositario della conoscenza.Attraverso la parola poetica , può restituire alle cose un senso che è smarrito nella società contemporanea.
La
pioggia nel pineto
Taci.Su le soglie del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove sui pini
scagliosi ed irti,
piove sui mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
sui ginestri folti
di coccole aulenti,
piove sui nostri volti
silvani,
piove sulle nostre mani
ignude,
sui nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
l'illuse, che oggi m'illude,
o Ermione
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitio che dura
e varia nell'aria
secondo le fronde
più rade, men rade.
Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancora, stromenti
Gabriele D'Annunzio -Eleonora Duse
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre
d'arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come un foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
Ascolta, ascolta. L'accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,
dall'umida ombra remota.
Più sordo e più
fioco
s'allenta, si spegne.
Sola una nota
ancora trema, si spegne,
risorge, treme, si spegne.
Non s'ode voce del mare.
Or s'ode su tutta la fronda
crosciare
l'argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell'aria
è muta; ma la figlia
del limo lontane,
la rana,
canta nell'ombra più
fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sì che par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è
in noi fresca
aulente,
il cuor nel petto è
come pesca
intatta,
tra le palpebre gli occhi
son come polle tra l'erbe,
i denti negli alveoli
son come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i malleoli
c'intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri volti
silvani,
piove sulle nostre mani
ignude,
sui nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l'anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m'illuse, che oggi t'illude,
o Ermione
(Gabriele D'Annunzio 19°-20° secolo)
GUIDA ALL'ANALISI E ALL'INTERPRETAZIONE
Comprensione
Il poeta e una fanciulla , Ermione,si addentrano in una pineta della Versilia, mentre comincia a piovere. La poesia intreccia due temi: la descrizione della macchia e del bosco marittimo sotto la pioggia; la suggestione, esercitata dal luogo, che fa sì che i due amanti si sentano piante anch'essi.
Eccovi alcuni suggerimenti per avviare l’analisi Questa poesia è composta di quattro strofe lunghe ognuna di 32
versi, per un totale di 128 versi di lunghezza variabile (senari,
novenari e settenari). Il ritmo però non rispetta l’ordine dei versi,
uno sì e uno no ci sono degli enjambements. Le rime della poesia sono
irregolari, ce ne sono una o due per ogni strofa, in fin di verso oppure
interne.
a) La
sensazione. Il soggetto umano è teso a cogliere, nella loro intensa e immediata
fisicità, le sensazioni provenienti dalla natura silvestre sotto la pioggia estiva
(colori, profumi, qui soprattutto suoni). Sensazioni che vengono interiorizzate (‘E
tutta la vita è in noi fresca/aulente’ vv. 102-103), trasformate in stati d’animo
(è un tratto comune a tutte le liriche analizzate in particolare ‘La sera fiesolana’).
b) Il silenzio. La disposizione, la tensione a
‘sentire’ la voce della natura viene continuamente sottolineata: ‘Ascolta’,
‘Odi?’, ‘Ascolta, ascolta’ e si accompagna a una richiesta di silenzio
che anzi apre il componimento (‘Taci’). Il silenzio è la condizione perché
avvenga la percezione di ‘parole più nuove’, e si prepari l’uscita dalla
condizione umana e la fusione panica con la natura: ricordiamo il silenzio sospeso della
‘Sera fiesolana’.
c) La musicalità.‘La pioggia nel pineto
è un ‘discorso’ soprattutto musicale. Infatti tutto è indefinito in questa
lirica, tranne i suoni, registrati con infinita attenzione a tutte le più sottili
variazioni. Il cadere della pioggia sulle diverse creature arboree produce suoni diversi:
ora è un fruscio leggero, ora un forte scrosciare; vi si mescolano, tacciono e ritornano,
il canto della cicala e della rana. Concentrandosi su questo aspetto si conferma che non
si tratta di una descrizione oggettiva, nè di una banale riproduzione onomatopeica: il
poeta dà un equivalente musicale ed evocativo attraverso la parola poetica della ‘voce’
della natura. Il testo privilegiato per un confronto è naturalmente ‘La sera
fiesolana’ soprattutto nelle prime due strofe.
d) Lo stile. Vediamo ora con quali mezzi
stilistici l’autore persegue questa ricerca di musicalità, viva in tutte le sue
liriche, ma dominante in questa, che è stata definita una ‘partitura musicale’,
una ‘sinfonia’ in 4 tempi. Su tutti i criteri di scelta, a tutti i livelli
predomina quello fonico, a cominciare dal lessico, ricco di parole ricercate, letterarie
(fulgenti, aulenti, aeree, limo, virente, ecc.), persino tecniche (alveoli, malleoli) ma
selezionate più che altro in base alle loro possibilità musicali, al loro suono.
Pochissime le parole propriamente onomatopeiche (crepitio), molte le paronomasie e le
allitterazioni.
La sintassi è semplicissima, piana, paratattica; le
proposizioni sono brevi o spezzate in segmenti brevi (non viene sviluppato un discorso
logico-razionale ma vengono esaltate in un libero fluire le singole percezioni e
notazioni).
Le iterazioni sono frequenti. Evocando il cadere
insistente della pioggia, hanno la funzione di vere e proprie riprese o ritorni musicali:
‘Piove...piove...’, ‘su le...su i...su i ...’ (mimetico del
ticchettare della pioggia ‘La sera fiesolana’ vv. 22-29), ‘E...e...e...’,
serie iterative variamente distribuite ma soprattutto nella I, II, IV strofa. Vengono
ripetute intere frasi a distanza (‘chi sa dove, chi sa dove!’) a volte con
sottili variazioni.
Numerosissime le rime, disposte liberamente e in modo
assai raffinato. Non solo la parola terminale di ogni verso, ma praticamente ogni parola
del testo entra in un fitto e complesso gioco di rime, rime interne, assonanze,
consonanze.
La struttura metrica in cui si raccoglie e fluisce
tutto questo è organica e chiara (4 strofe di 32 versi ciascuna), ma estremamente libera
e aperta: si tratta della ‘strofa lunga’ alcionica, formata di versi di
differente lunghezza (dal ternario al novenario; ma rime interne, assonanze, pause
frangono spesso i versi in misure minori, mentre gli enjambement li dilatano, creando
‘versi nascosti’). Una ‘fuga di versi’, un continuum ritmico che qui
si dispone in una melodia circolare: il componimento si chiude infatti con la ripresa
quasi identica dei vv. 20-32.
-La metamorfosi. La fusione panica dei due
personaggi umani con la natura avviene gradualmente e in crescendo:
a) è anticipata e preparata fin dalla I strofa con
lievi accenni ‘piove sui nostri volti silvani’. Con un passaggio assolutamente
naturale il poeta ed Ermione sono già assimilati alla natura. Ai versi 26-28 si
intensifica e si approfondisce: non solo piove sui corpi, ma anche ‘sui freschi
pensieri che l’anima schiude novella’. Non vi è più separazione tra la
dimensione fisica e quella spirituale.
b) Nella II strofa la metamorfosi è in atto (vv.
52-64);
c) Alla fine della III strofa dedicata alla sinfonia
della pioggia, il motivo è ripreso (‘E piove su le tue ciglia Ermione) aprendo sull’ultima
strofa, in cui si sviluppa, viene in primissimo piano e si completa: ora i due amanti sono
totalmente assimilati a creature vegetali e silvane, assorbiti nel ritmo vitale,
onnicomprensivo e infinito della natura. E’ l’ingresso in una realtà nuova,
mitica e divina (l’accenno discreto alla mitologia classica ‘par da scorza tu
esca’ lo conferma).
Per un raffronto su questo nodo tematico della
metamorfosi il testo più adatto è ‘Meriggio’. Molti i punti di contatto, ma
interessanti e non trascurabili le divergenze:
-il motivo dell’amore-illusione (‘la favola
bella’), del perdersi in un mondo fantastico è assente in ‘Meriggio’, dove
non compare la donna amata, neppure l’evanescente e silenziosa presenza della ‘Sera
fiesolana’;
-la solitudine assoluta dell’io-poeta in ‘Meriggio’
rende più impegnativa e radicale l’esperienza. La metamorfosi panica non si arresta
all’avvertimento di una sia pur completa e inebriante assimilazione, ma è oggettiva
e totale, ai limiti della dissoluzione dell’io e dell’irreversibilità ‘e
il fiume è la mia vena’.
Nella ‘Pioggia nel pineto’ è proprio la
persistenza del nesso comparativo a lasciare un margine di provvisorietà soggettiva, di
illusorietà o irrealtà della metamorfosi.
1.Su quali elementi e fenomeni della natura si sofferma l'attenzione del poeta?
2.Illustra e analizza nei loro diversi livelli(da quello fonico a quello simbolico), le tecniche e le forme della ripetizione,indagandone il ruolo nello spartito"musicale"della Pioggia nel pineto.
3.Come viene rappresentata la metamorfosi vegetale?