Molte notizie sulla vita di Orazio si ricavano da osservazioni presenti nelle sue opere , oltre a una Vita Horati ,contenuta in una sezione del De viribus illustribus di Svetonio.
VITA-OPERE
L'attività poetica di O. si svolge su piani diversi e paralleli,
coagulandosi essenzialmente su tre generi: satira esametrica, poesia
giambica e poesia lirica. A tal proposito, si usa generalmente
distinguere 3 fasi, <<in prospettiva con l'evoluzione culturale dell'uomo e con la condizione politica di Roma:
1. la I fase (43-30 a.C. ca) appartiene all'età giovanile del poeta: è il tempo degli "Epòdi" e delle "Satire" più antiche,
in cui emerge lo stato di agitazione e di sconforto del poeta, ed
irrompe il suo risentimento verso i nemici politici dopo Filippi.
2. la II fase (30-23 ca) coincide praticamente con la composizione delle "Odi", e più
esattamente dei primi 3 libri: è il momento in cui vengono a ridimensionarsi la dialettica
e la lotta politica, e quasi di conseguenza il poeta, che aveva già cominciato ad usare
nelle satire ultime (ossia nella maggior parte di quelle del II libro) un tono più moderato
e bonario, si dedica decisamente alla lirica. E' così che egli scopre se stesso, e la
sua tecnica si fa soggettiva ed introspettiva; lasciati da parte odii personali
e contingenze particolari, eleva il tono universale della sua poesia, tripudiando
per il successo di Ottaviano ad Azio, che pone fine alle lacerazioni delle guerre civili;
esattamente dei primi 3 libri: è il momento in cui vengono a ridimensionarsi la dialettica
e la lotta politica, e quasi di conseguenza il poeta, che aveva già cominciato ad usare
nelle satire ultime (ossia nella maggior parte di quelle del II libro) un tono più moderato
e bonario, si dedica decisamente alla lirica. E' così che egli scopre se stesso, e la
sua tecnica si fa soggettiva ed introspettiva; lasciati da parte odii personali
e contingenze particolari, eleva il tono universale della sua poesia, tripudiando
per il successo di Ottaviano ad Azio, che pone fine alle lacerazioni delle guerre civili;
3. la III fase (23-13 ca),
infine, è quella della piena maturità del poeta, emulo, come già
Virgilio nell' "Eneide", della composizione di versi paradigmatici per i
fasti della sospirata Pace augustea. Appartengono a questo periodo i 2
libri delle "Epistole", il "Carme secolare" e il IV libro delle "Odi".
Le Satire furono composte nello stesso periodo degli Epòdi , con i quali condividono una certa intenzione polemica , sebbene questa sia espressa in una forma diversa , bonaria e discorsiva. Esse rispecchiano uno stato d'animo più maturo, volto non solo a sottolineare la contradditorietà degli atteggiamenti umani, ma anche a suggerire una possibile soluzione.
Le "Satire", dette dal poeta stesso "Sermones"
(ovvero propriamente "conversazioni", e dunque scritte con stile e
lingua studiatamente quotidiani), composte in esametri dattilici, sono
divise in 2 libri: il I (35-33 a.C.) ne comprende 10, il II (30 a.C.) 8.
Difficile ne è la cronologia interna.
Abbandonate le inquietudini e il disadattamento degli
"Epòdi", attraverso certo i temi della predicazione filosofica (in
specie, quelli della diàtriba cinico-stoica, ma stemperati dal loro
rigido moralismo) e la lettura di poeti quali Lucilio (di cui vuol
essere versione moderna, ma altresì originale: satire I4 e I10), O.
cerca di elaborare in forma piana e discorsiva (si tratta di
componimenti misurati, caso mai vivaci, ma come detto non sfoghi
moralistici) un suo ideale di misura (il cosiddetto "giusto mezzo", I1 e
I2) che lo salvi dalle tensioni interne e non gli precluda il godimento
della vita ("autàrkeia" ["bastare a se stessi"] e "metriòtes" ["misura"]).
Il poeta insomma ricerca una morale di
autosufficienza e di libertà interiore, valendosi di uno straordinario
senso critico e autocritico, oltre che del suo tatto e della sua
conoscenza del mondo: il ragionamento si mantiene sempre sul piano
psicologico-umano, e la polemica non è tanto contro i vizi in sé, quanto
contro la loro vera radice, ovvero l’eccesso: come dire che egli si
propone non certo di cambiare la società romana ed il modello etico di
riferimento, ma almeno di fornire qualche utile elemento di riflessione
per intervenire sulla coscienza dei singoli.
Inoltre, nelle prime "Satire", O. si sforza di
dimostrare che la morale epicurea non è in disaccordo con i valori
tradizionali di Roma: moderazione, saggezza, rispetto dei costumi,
eccetera. Insiste anche sulla semplicità dell’esistenza rurale quale
condizione della felicità, parlando, in questo senso, un linguaggio
simile a quello di Virgilio e precisamente nello stesso periodo,
all’incirca, in cui questi componeva le sue "Georgiche". Affinità vi
sono anche col linguaggio di Tibullo. Inoltre, l’amicizia da lui spesso
elogiata non è scambio di favori, e ancor meno schiavitù (come spesso
avveniva a Roma quando gli amici erano di condizioni ineguali), ma una
comunione profondamente spirituale o, anche, ideale.
Appare chiaro, insomma, che i "Sermones"
toccano una straordinaria pluralità di temi, che non si lasciano
imbrigliare in una sterile didascalia; mi limito, così, a ricordare le
satire ritenute dai più le più rappresentative, oltre quelle già
accennate. Così, ad es., un'altra satira programmatica è la II1, dove O.
risponde alle critiche rivolte a se stesso e al genere satirico. Spunti
autobiografici, invece, si riscontrano nelle satire: I4 (sul padre
adorato); I6 (sulla presentazione a Mecenate); I5 (sull'avventuroso
viaggio a Brindisi al seguito di Ottaviano); II6 (in cui esprime la
gioia per la villa donatagli). Satire più propriamente etico-filosofiche
sono invece: I2 (sull’adulterio; vigorosa); II3 (sulla pazzia degli
uomini, eccetto il filosofo; briosa); II6 (vi si trova l’apologo del
topos campagnolo e del topos urbano, con cui il poeta esprime
simbolicamente l'angoscia che prova in città ed il desiderio di
rifugiarsi nella tranquillità della campagna).
<<Dunque, le satire di O. non sono un'astrazione teorica, ma una proiezione della realtà, sia rispetto alla vitae ratio
seguita dal poeta, sia rispetto alle sue dottrine letterarie, sia
infine come quadro d'ambiente, che ci riporta al "Satyricon" di Petronio
e agli "Epigrammi" di Marziale: hanno un valore di trasmissione
culturale dei vizi sociali [Fiordelisi].
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